Siracusa: dal carcere di Milano il boss ricostruiva il suo clan

Nonostante si trovasse nel carcere di Milano, il boss siracusano Antonio Aparo ricostruiva il suo clan inviando istruzioni tramite lettere al reggente da lui indicato: Massimo Calafiore e ai vari incaricati per gestire un giro di usura, ma anche un traffico di droga nei comuni di Siracusa, Floridia e Solarino.

I carabinieri, impegnati nell’operazione denominata San Paolo, hanno eseguito 24 arresti (19 in carcere e 5 ai domiciliari) disarticolando un gruppo che avrebbe favorito il clan Aparo di cui facevano parte anche Giuseppe Calafiore, Salvatore Giangravè e Angelo Vassallo.

I commercianti venivano intimiditi da Mario Liotta, morto recentemente e dal figlio Francesco. L’indagine era stata avviata nel 2017 dopo alcuni incendi ad esercizi commerciali di Floridia. I carabinieri hanno scoperto incendi e danneggiamenti che facevano parte del modus operandi del gruppo che concedeva prestiti a tassi usurai del 240% all’anno.

La contabilità era affidata invece a Giuseppe Calafiore aiutato dalla madre Antonia Valenti e dalla compagna Clarissa Burgio, inizialmente vittima di usura. Le vittime accreditavano ai loro strozzini le rate pattuite mediante bonifici bancari o trasferimenti monetari su Postepay oltre che con i trattenimento di assegni dati in garanzia per l’ammontare del prestito.

In caso di inadempimento, i Calafiore si impossessavano di auto, beni immobili ed esercizi commerciali delle vittime. Parte dei proventi dell’usura erano utilizzati per comprare cocaina, hashish e marijuana fornite dai catanesi Salvatore Mazzaglia e Victor Andrea Mangano, soggetti legati al clan mafioso catanese dei Santapaola-Ercolano, gruppo di Nicolosi-Mascalucia.

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