Non sono bastati 15 milioni di euro e trenta anni di tempo per far funzionare i depuratori di Dittaino nell’ennese. Sono questi i risultati di una complessa indagine condotta dalla guardia di finanza di Enna, coordinati dalla procura, con a capo Massimo Palmeri, riguardante la riconversione dell’impianto di depurazione già esistente al consorzio Asi di Enna.
Il progetto della ristrutturazione dell’impianto consortile era stato ammesso ai finanziamenti del programma operativo del fondo europeo per lo sviluppo regionale 2007/2013.
I lavori di riconversione e ripristino dell’impianto esistente, iniziati il 18 marzo 2009, dovevano concludersi in 242 giorni consecutivi, risultavano caratterizzati, fin dalle primissime fasi, da notevoli carenze progettuali, superficialità istruttoria e modalità d’intervento scarsamente efficaci.
Per una serie di motivi, tra cui la mancanza di autorizzazioni, multiple perizie di varianti, sospensioni di varia natura, i lavori erano continuati fino a novembre del 2012 e le opere erano state collaudate, con esito positivo, solo in data 21 settembre 2013, nonostante gli impianti risultavano non funzionanti e inefficienti, per mancanza di canali di adduzione dei reflui all’impianto di depurazione.
A sette anni dal collaudo finale l’impianto di depurazione non era entrato in funzione. Stessa sorte era toccata anche ai due impianti pre esistenti, realizzati e collaudati negli anni Ottanta e mai messi in funzione. Neanche l’avvenuta “riconversione”, con un’ulteriore spesa dell’importo pari a circa 5 mln di euro è riuscita a consentire l’avvio dell’impianto consortile. L’opera infrastrutturale nel suo complesso, dove si considerino anche i lavori inerenti il funzionamento del sistema di convogliamento dei reflui del comune di Valguarnera all’impianto di depurazione di Dittaino è stata finanziata per oltre 15 milioni di euro.
La complessa indagine, coordinata dai sostituti procuratori Salvatore Interlandi e Daniela Rapisarda, ha fornito un chiaro excursus della vicenda, facendo emergere gravi responsabilità penali relativamente alle ripetute lacune, tra cui la mancata acquisizione di nulla osta e pareri preventivi alla realizzazione delle opere che hanno portato alla progettazione e realizzazione di un impianto di depurazione, costato alla comunità quasi 5 milioni di euro e mai reso operativo e funzionale.
Il quadro che è emerso è disarmante. Tutto da ricondurre alla condotta illecita tenuta dai soggetti tecnicamente e giuridicamente preposti alla realizzazione delle varie fasi del progetto che, dopo aver consentito l’avvio dei lavori, non hanno, in relazione alle specifiche funzioni e competenze, operato e/o vigilato affinché venissero posti in essere tutti gli adempimenti necessari alla completa realizzazione dell’opera ed al regolare funzionamento del progetto.
Il depuratore non è mai entrato in uso determinando il manato rispetto dei requisiti di ammissibilità e l’impossibilità di certificare la spesa all’Autorità regionale preposta, per cui la copertura finanziaria dell’intervento è gravata interamente sulle risorse nazionali.
I militari della finanza hanno denunciato 11 persone tra tecnici e funzionari pubblici che hanno rivestito le cariche di Rup, progettisti, direttore dei lavori, componenti la commissione di collaudo e di commissario ad acta del consorzio Asi della provincia di Enna, in quanto ritenuti responsabili a vario titolo dei reati di falsità in atto pubblico e frode nelle pubbliche forniture.
Gli undici indagati sono stati segnalati alla corte dei Conti per le responsabilità amministrative scaturenti dalle gravi e ripetute anomalie riscontrate e dalla mancata funzionalità dell’opera, quantificando il danno erariale cagionato alla regione Sicilia in circa 5 milioni di euro rappresentanti dal totale delle somme effettivamente erogate.