Trentacinque milioni nel 2010, almeno il doppio nel 2030, il triplo nel 2050. Più di 7 milioni di nuovi casi all’anno. Numeri da brividi che rappresentano quello che, senza timori, può essere definito un problema sociale.
Stiamo parlando delle persone affette da demenza che solo in Italia sono oltre un milione con 600 mila vittime della demenza di Alzheimer. Con un’analisi affrettata si potrebbe dedurre che si tratti di un problema recente: assolutamente no. La demenza c’è sempre stata: i numeri, però, si sono spaventosamente innalzati perché si è innalzata la durata media della vita.
Ecco perché si può parlare di fenomeno sociale;un fenomeno che va affrontato in tutte le sue sfaccettature, ovvero quelle mediche, ma anche quelle sociali. Si perché mai come nel caso della gestione dei pazienti affetti da demenza, oltre al ruolo principale del medico, di base e specialista, è fondamentale l’apporto della famiglia. Doveroso preambolo per annunciare che di questo e molto altro si parlerà nel corso dei lavori di un congresso dal titolo ‘Disturbi cognitivi e demenze: dalla gestione integrata ai percorsi assistenziali’ che si terrà venerdì 29 novembre e sabato 30 novembre all’Hotel Villa Itria di Viagrande.
Responsabilità scientifica del corso affidata ai dottori Mario Santagati, responsabile Unità Operativa Semplice Dipartimentale Centro Alzheimer Psicogeriatria Asp 3 Catania, Dario Cannavò, Unità Operativa Semplice Dipartimentale Centro Alzheimer Psicogeriatria Asp 3. Svariati gli argomenti che verranno trattati nella due giorni di lavoro: la parola d’ordine, però, anche in questo caso è: collaborazione. Anche per la cura e la gestione delle demenze, infatti, rispetto agli anni passati è cambiato l’approccio ed è imprescindibile la collaborazione tra medici specialistici.
“In Italia – spiega Mario Santagati – circa il 22% della popolazione è over 65, anche per questo l’incidenza di demenza e Alzheimer è aumentata. Ma quello che deve far riflettere è che attorno ai pazienti girano, almeno in Italia, circa 3 milioni di persone tra parenti e caregiver che dalla in una certa fase della malattia sono coinvolti perché la patologia si trasforma in una malattia familiare”.
Anche per questo si comprende l’importanza di una riflessione e di una discussione sull’argomento: l’inquadramento diagnostico, le possibili terapie, la stimolazione cognitiva, la qualità della vita e il supporto a famiglie e assistenti. Ed è proprio il peggioramento della qualità della vita che può rappresentare un sentore o un campanello d’allarme della demenza. “Ci possono essere – spiega il dottor Dario Cannavò – dimenticanze correlare allo stress, ma quando diventano più frequenti e non permettono di svolgere le normali funzioni giornaliere come guidare o orientarsi nello spazio e nel tempo, è necessario approfondire e rivolgersi, su suggerimento del medico di base, allo specialista”.
“Tra gli obiettivi del congresso – continua Mario Santagati – è mettere le basi, anche con l’attivazione dell’unità operativa semplice, per cominciare a pensare alla demenza come una malattia cronica, così, come per esempio, succede per il diabete”.
In sostanza bisogna creare una rete assistenziale che parte dalla prevenzione, passa dalla diagnosi e finisce nella cura e gestione della patologia.