Sarà inaugurata mercoledì 27 febbraio alle 18.30 al museo civico Baldassarre Romano di Termini Imerese la rassegna di Momò Calascibetta e Dario Orphèe “Cenere: maschere nude” a cura di Andrea Guastella.
Il gioco delle maschere, del nascondere per rivelare è uno dei più intriganti che l’arte sappia offrire. Maschere civettuole e ingannatrici dell’erotismo settecentesco, piccole maschere nere nei dipinti di Longhi ed enormi, inquietanti maschere bianche dei Pulcinella tiepoleschi.
Non eludevano, quelle maschere, “il faccia a faccia, l’incontro di sé e dell’altro. Nel gioco degli equivoci, lasciavano passare il soffio della vita” (Jean Clair). Qui, nel mausoleo dei “grandi” dell’arte di Sicilia – Dario Orphée ne ha evocato gli spettri raccontando di una mostra nata morta, Momò Calascibetta invece i morti li ha risuscitati, effigiandoli sulle lapidi di un curioso cimitero – si è nel luogo in cui le maschere cadono e ciascuno è in attesa del giudizio finale. Che arriverà, ma senza fretta. Prima della Cenere è sempre carnevale.
La rassegna, itinerante, inaugurata alla Farm di Favara lo scorso 16 giugno e che ha già toccato il Polo Museale A. Cordici di Erice, l’ex chiesa di San Giovanni a Gela, Palazzo La Rocca a Ragusa, il Museo Mandralisca a Cefalù e Palazzo Beneventano a Lentini, toccherà i principali musei della Sicilia per poi spostarsi in Italia e in Europa.
Momò Calascibetta nasce a Palermo. Si laurea in architettura con Gregotti ma sceglie di dedicarsi esclusivamente alla pittura; pittura che Leonardo Sciascia definirà “il racconto dettagliato dell’imbestiamento di una classe di potere già sufficientemente imbestiata nella più lata avarizia e nella più lata rapacità…”. I suoi personaggi hanno assistito “alla caduta degli dei” ma conservano l’imprinting del mito più alto; i suoi “relitti umani” divorano con cupidigia, godono e si preparano all’atto unico, forse finale, dell’effusione amorosa, della totale consunzione carnale dell’individuo, del deliquio dei sensi nella sfrenatezza di un’avida passione.
Nel 1982 si trasferisce a Milano dove nascono Comiso Park, Piazza della Vergogna, De l’amour, Labirinto Verticale: serie di opere che verranno esposte alla Fondazione Corrente, alla Fondazione Mudima, alla Galleria Jannone, alla Galleria Daverio ed in fiere internazionali come Arte Fiera di Bologna, MiArt, Artexpo New York Coliseum, Art Basel, Arco Fiera di Madrid. Nel 2002 la Fondazione Mudima, a cura di Philippe Daverio, organizza una mostra-evento dal titolo Terromnia, dove vengono per la prima volta raccolte le sculture e i dipinti più rappresentativi di tutte le serie. La mostra susciterà l’interesse di Gillo Dorfles, Alessandro Riva, Marco Meneguzzo, Liana Bortolon e Giovanni Quadrio Curzio.
Nel 2004 è ospite coi suoi lavori alla trasmissione Passepartout di Philippe Daverio su RAI 3 e nel 2005 un suo grande dipinto, Il gelato di Tariq, viene utilizzato per l’allestimento del set delle nove trasmissioni estive di Passepartout. Memorabile la sua esperienza di (non) partecipazione alla Biennale di Venezia del 2005, in occasione della quale organizza il progetto collaterale Esserci al Padiglione Italia, mostra di protesta contro un “mondo dell’arte” dominato da lobby finanziarie cieche ed arroganti, sempre più separate dalla vita reale. Nel 2005 col progetto Plotart a cura di Gianluca Marziani è coinvolto in diverse gallerie d’arte in Europa (Studio Senko, Danimarca; Dot Galerie, Svizzera; Fondazione Carlo Molineris, Svizzera; Galerie Kiron, Francia; Rar Galerie, Olanda; Galerie Hartdiest, Belgio; Blanca Soto, Spagna; Galleria Arturarte, Italia; La Sala Naranja, Spagna). Data al 2007 un’antologica intorno al tema del “sorriso” a cura di Vincenzo Consolo al Museo Mandralisca di Cefalù e al 2009 l’acquisizione di una sua opera al Museo Guttuso di Bagheria. Nel 2016 è il turno di Momeide, un’antologica alla Civica Raccolta Cappello a Ragusa, a cura di Andrea Guastella, e nel 2017 di un’istallazione alla Farm Cultural Park di Favara da titolo provocatorio Agrigentèrotique, a cura di Dario Orphée.
Cenere, l’ultimo progetto itinerante realizzato in collaborazione con lo scrittore Dario Orphée e a cura di Andrea Guastella, lo vede presente dal 2018 al 2019 nei principali siti espositivi e musei della Sicilia, terra in cui l’artista, come hanno rilevato Sciascia, Bufalino e Consolo, è profondamente radicato. E anche in questo ciclo non vengono meno i tratti del disegnatore satirico di razza evidenziati un po’ da tutti i critici – da de Micheli a Soavi, da Dentice a Testori, da Daverio a Dorfles a Meneguzzo – che lo hanno seguito da vicino.
Nato ad Agrigento, Dario Orphée ha conseguito la maturità scientifica e la laurea magistrale in filosofia. Insegna Estetica ed Etica della Comunicazione presso l’Accademia di Belle Arti di Agrigento e Progettazione delle Professionalità presso l’Accademia di Belle Arti di Catania. Critico e curatore indipendente, collabora con numerose riviste – scrivendo di critica d’arte e teatrale, estetica, filosofia della natura e filosofia dell’agricoltura – tra cui “Segno”, “Il Pickwick”, “Permacultura & Transizione” e “Balarm”. Attualmente si occupa dello studio del sentimento, di gnoseologia dell’arte, di estetica ecobiologica e di scienze naturali.