Antonio Ingroia, l’ex pm di Palermo, ritorna sulla vicenda giudiziaria che lo vede coinvolto. Sul suo profilo facebook e sul suo sito internet, in un lungo post, Ingroia spiega di voler “sgomberare il campo da falsità e inesattezze” sui rimborsi spese e indennità ricevuti in qualità di amministratore unico della società regionale Sicilia e servizi.
“Facciamo chiarezza – esordisce Ingroia – si sono dette e scritte molte cose su di me in questi giorni. Non sono mancate alcune vere e proprie falsità diffamatorie per le quali agirò per vie legali. In ogni caso, mi sembra opportuno fare chiarezza in modo da spiegare meglio come stanno effettivamente le cose, sgomberando il campo da falsità e sciocchezze.
Per quanto riguarda i rimborsi spese, ribadisco che le cifre pubblicate da alcuni organi di informazione non corrispondono al vero. In particolare, ognuna delle fatture riportate si riferisce al pagamento di soggiorni protrattisi per più giorni, nonché di più pasti consumati durante questi soggiorni, in occasione di pranzi o cene aziendali e/o di rappresentanza. Si tratta, dunque, sempre di spese legate esclusivamente ad esigenze di servizio”.
Ingroia precisa di essere stato lui stesso ad introdurre un regolamento aziendale ad hoc “con limiti precisi circa i rimborsi spese per trasferte e missioni e con l’espresso obbligo di restituire le somme eccedenti tali limiti. Obbligo al quale mi sono attenuto anche io, con le pertinenti restrizioni che ho fatto quando dovuto, ed ecco perché le cifre indicate nell’articolo non corrispondono. Questione indennità: è falso e diffamatorio sostenere, come ha fatto laRepubblica, che io mi sarei 2regalato” per due volte “una maxi indennità di risultato” da 117 mila euro”.
Le indennità, spiega l’ex magistrato, “mi spettavano per legge e mi sono state riconosciute dall’assemblea dei soci, in applicazione della legge per i risultati da me conseguiti rispetto agli obiettivi di risanare la società per portarla in attivo e tagliarne i costi. Quindi per i risparmi che la mia gestione ha fatto conseguire alla Regione, pari a 16 milioni di euro nel 2014 e a 18 milioni di euro nel 2015. Vogliamo dire che ad un manager non sarebbero garantite qualche decina di migliaia di euro in un anno a fronte di più di trenta milioni di euro risparmiati in quello stesso anno, riportando in attivo una società sull’orlo del fallimento? Il tutto, tra l’altro, assicurando servizi assai più efficienti rispetto al periodo antecedente la mia nomina. Riguardo infine alla normativa che disciplina l’indennità di risultato, è falso che i pm mi abbiano contestato la violazione di una nuova disciplina introdotta nel 2008. E’ vero invece che hanno articolato l’accusa sulla base di una legge risalente al 2006, abrogata e sostituita nel 2008 da una nuova normativa che legittima a pieno titolo il riconoscimento dell’indennità attribuitemi. Di questa circostanza sono stato io stesso a mettere a conoscenza, per la prima volta, i magistrati”.
Ingroia, nel suo lungo post, fa un affondo contro la “campagna diffamatoria avvita contro di me da tanta stampa e da Repubblica, in particolare, il più renziano dei quotidiani, che anche oggi non mi ha lesinato la sua dose quotidiana di fango. È lo stesso giornale, vale la pena ricordarlo, che ci ha messo mesi per accorgersi dell’inchiesta Consip, una vicenda con cifre ben diverse da quelle contestate a me, denunciata dal Fatto quotidiano prima di Natale. Oggi a dedicarmi un velenosissimo quanto inconsistente commento è stato un cronista giudiziario siciliano, Francesco Viviano, nelle pagine locali di Palermo, con un articolo su cui qualcosa devo dire. Ho trovato quanto meno strano che chi non si è mai occupato di Sicilia e servizi sputi ora veleno sulla mia vicenda e sugli hotel da me frequentati. Forse è il caso di ricordare che si tratta dello stesso Viviano che fu oggetto di più di una perquisizione, sia a casa che in redazione, da me disposte per individuare i responsabili delle fughe di notizie che all’epoca danneggiavano indagini di mafia e che fu colto con le mani nella marmellata, essendo stato trovato in possesso di una copia di un blocco di intercettazioni segrete che qualcuno gli aveva passato.A disporre quella perquisizione fui io, e oggi Viviano si è preso la sua ridicola e personale vendetta. Da parte mia, non ho niente da rimproverarmi perché so che così si fanno le indagini, quando è giusto farle per scoprire illeciti e fughe di notizie, a costo di crearsi nemici per la vita, mentre oggi resto vittima di continue fughe di notizie che vengono tollerate, quasi plaudite, con incredibile leggerezza”.
In conclusione, Ingroia chiede di essere giudicato “se ho fatto bene o meno il mio lavoro da amministratore di Sicilia e servizi e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: svariate decine di milioni di euro risparmiate ogni anno, i servizi informatici salvati dal default, affaristi e speculatori messi alla porta. Ed oggi chi non ha mai sollevato un dito ieri, compresa Repubblica, punta l’indice accusatore contro di me con una incredibile serie di falsità e sciocchezze.
E perciò – prosegue Ingroia – non ho problemi a rispondere su una sciocchezza come quella sull'”hotel vista mare“, che – secondo Repubblica – io non dovrei mai preferire all’affitto di un appartamento, che costerebbe assai meno. Ma non è così. Basta fare un po’ di conti: tolte le spese per pranzi e cene istituzionali e di rappresentanza, e spese personali da me a suo tempo restituite, restano circa 20.000 (e non 30.000) euro per due anni di vitto e alloggio, non tutti nell'”hotel vista mare” ma in diversi hotel cittadini della stessa categoria (non di lusso, ma di quattro o cinque stelle), categoria che mi spetta oggi da manager come mi spettava ieri da pm, quando andavo spesso in trasferta a Milano o a Roma, così come tutti gli altri pm, spendendo allora ovviamente di più perché a Palermo gli hotel costano meno. Un buon appartamento ammobiliato a Palermo costa circa mille euro al mese, e quindi avrei speso, solo per l’alloggio, ben più di quanto spendo oggi mettendo insieme hotel e spese per il vitto. Questo, tanto per fare un ridicolo “conto della serva”. Quindi, di che stiamo parlando, caro Viviano? Perché questi odiosi e rancorosi pregiudizi? Tutto per quelle doverose perquisizioni presso la sua abitazione e la sua redazione che io disposi tanti anni fa per accertare reati?
E perché nessuno vuole occuparsi di cose veramente gravi e serie come le ruberie impunite, e mai denunciate, a Sicilia e-Servizi prima del mio avvento, ruberie che io, per primo ed unico, ho denunciato, senza che nessuno mi ascoltasse nella stampa e nella magistratura? Viviano e Repubblica dov’erano? Possibile che all’epoca non avessero nulla da dire? La verità è che c’è una gran voglia di sporcare, “mascariare” si dice in Sicilia, tutto e tutti per autoassolversi. Tutti colpevoli, nessun colpevole. Ed invece no! La differenza c’è. Ci sono gli onesti e ci sono i mascalzoni. Io con orgoglio faccio parte degli onesti e nessuno potrà intimidirmi e perciò continuerò a denunciare i mascalzoni e i disonesti, anche dalla mia postazione di Sicilia e-Servizi, anche da avvocato, come ho fatto sempre. Loro non passeranno. E i siciliani ed italiani onesti, per fortuna, sanno distinguere le mistificazioni dalla verità, le campagne mediatiche del fango dalle vere responsabilità. Gli onesti dai disonesti. E di quei cittadini onesti, la maggior parte dei quali oggi sono fuori dalle istituzioni, io mi fido e in loro io credo, e credo che potranno cambiare questo nostro tormentato Paese”.