Massimo Di Maria, detto “u pupiddu”, pregiudicato, è stato arrestato su disposizione del gip di Catania, per l’omicidio, in concorso con Antonio Magro e Massimo Merlo, di Maurizio Maccarrone, assassinato ad Adrano la mattina del 14 novembre del 2014. L’uomo dovrà rispondere anche di detenzione e porto illegale di arma da fuoco.
Il 2 dicembre del 2016, agenti della squadra mobile e del commissariato di Adrano avevano già arrestato Magro e Merlo, in qualità il primo di mandante e il secondo di esecutore materiale dell’omicidio di Maccarrone. A far parte del commando di fuoco anche Di Maria. Sarebbe stato lui a guidare lo scooter utilizzato per avvicinare la vittima, raggiunta poi da Merlo con alcuni colpi d’arma da fuoco.
Erano le sette del mattino del 14 novembre del 2014 quando è stato trovato il cadavere di Maccarrone, impiegato, in via Cassarà ad Adrano. La scientifica aveva sequestrato 5 bossoli calibro 7,65 sul posto. Da una prima ricostruzione dei fatti, grazie anche alle immagini dei sistemi di videosorveglianza della zona, è stato appurato che Maccarrone era uscito di casa ed è stato raggiunto mortalmente dai colpi di arma da fuoco vicino alla propria auto.
Il killer, dopo aver colpito la vittima che è caduta a terra, ha sparato ulteriori due colpi alla testa, a distanza ravvicinata. Da un’attenta visione del filmato è emerso che il conducente dello scooter era di bassa statura, tanto da avere difficoltà di manovra del mezzo, soprattutto nelle fasi successive al delitto.
Le indagini avevano fatto emergere un movente passionale per il delitto. Il modus operanti dei killer con il colpo di grazia finale, però, ha lasciato aperta la traccia legata alla criminalità organizzata. Le indagini hanno poi preso una svolta dopo le dichiarazioni del pentito Gaetano Di Marco, esponente storico del sodalizio degli Scalisi, articolazione locale della famiglia mafiosa dei Laudani. L’episodio, sebbene riconducibile ad un movente passionale, era maturato nell’ambito dei gruppi malavitosi dell’area di Paternò, Adrano e Biancavilla, riconducibili ai Laudani, cosiddetti Mussi i ficurinia.
Sono stati così individuati Merlo e Di Maria quali esecutori materiali del delitto ordinato da Magro. Tutti operavano nell’area criminale dei Laudani. Magro era geloso di Maccarrone per una presunta relazione con una donna che in passato era stata fidanzata con lui. Per questo ne avrebbe ordinato l’esecuzione.
Il materiale probatorio raccolto e trasfuso nell’ordinanza già eseguita, forniva ampi riscontri del ruolo di killer di Merlo il quale, discorrendo con il suo interlocutore in merito all’omicidio in esame, esclamava a voce bassa “…Ci i’ d’arreri …n’aricchi accussì… (gli sono andato dietro, dietro così) PUM – imitando un colpo d’arma da fuoco – ….e gridava…gridava … ittava vuci”
Per quanto concerne, invece, la posizione dell’arrestato odierno Di Maria, sebbene dalle indagini fossero emersi alcuni elementi di riscontro alle dichiarazioni del c.d.g. e dalla visione delle immagini si fosse rilevata una forte rassomiglianza antropometrica con il guidatore dello scooter – la bassa statura con conseguente guida maldestra – nel corso delle attività si registrava una conversazione nella quale Merlo, in ordine al coinvolgimento del Di Maria quale conducente del mezzo, diceva al suo interlocutore: “…Ma se quello non ci sale nel motorino da quando aveva undici anni… non ce la fa neanche a portarlo… ”.
Dopo i primi due arresti le indagini sono proseguite per individuare con certezza il guidatore dello scooter. Nel corso di un colloqui intercettato in carcere, Merlo, parlando con il fratello e riferendosi a Di Maria aveva detto: “Gli devi dire, mio fratello a te ti ha sempre discolpato. Perché anche l’intercettazione che lui ha avuto, che lui dice chi è. Lui ti discolpa, ecco perché non ti hanno fatto il mandato di cattura a te….Quindi tu gli devi dire che al 99% tu ta scagghiasti (l’hai scampata), grazie a mio fratello!”.
Proprio per questo suo tentativo di scagionare Di Maria, Merlo pretendeva somme di denaro per poter fare la “galera in pace”. La conversazione, insieme alle altre risultanze come le telefonate intercorse tra Di Maria e Merlo il giorno dell’omicidio, hanno consentito di chiudere il cerchio su tutti i soggetti coinvolti nell’omicidio di Maurizio Maccarrone.
Maria Chiara Ferraù