Paolo Genco, il legale rappresentante dell’associazione nazionale famiglie emigrate e il suo sodale Baldassarre Di Giovanni, palermitani, sono finiti agli arresti domiciliari per essersi appropriati indebitamente di oltre 5 milioni di euro di contributi pubblici a carico della regione siciliana e dell’unione europea.
Il provvedimento, che ha disposto anche il sequestro di ben 41 immobili per un valore di circa 2 milioni di euro, è l’epilogo di una lunga e delicata attività di indagine svolta dal nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Trapani nel settore dei finanziamenti pubblici destinati alla formazione professionale.
In sintesi, dalle investigazioni svolte dai finanzieri mediante numerosi e variegati mezzi di ricerca della prova, è emerso che il responsabile dell’ente di formazione siciliano, in accordo con Di Giovanni, titolare della general informatic center e della Coreplast, apparenti fornitori dell’Anfe, aveva rendicontato all’ente erogatore (mediante la produzione di false fatture di acquisto) costi per beni e servizi mai effettivamente forniti.
La notevole massa di danaro utilizzata per giustificare il pagamento delle fittizie fatture di acquisto, ritornava poi nella disponibilità di Paolo Genco che reinvestiva tali proventi nell’acquisto di numerosi immobili (molti dei quali oggi sottoposti a sequestro), formalmente intestati in parte ad una società immobiliare, denominata “la fortezza” (amministrata da Di Giovanni) e in parte ad una dipendente dell’Anfe, anch’essa coinvolta nella frode.
Alcuni dei suddetti immobili venivano inoltre locati per finalità formative allo stesso Anfe, con duplice illecito guadagno per i due sodali. Inoltre, per consentire alla general informatic center di aggiudicarsi tutti i contratti di fornitura di beni e servizi, facendo apparire che la selezione era avvenuta sulla base del criterio dell’offerta più conveniente, l’Anfe aveva simulato indagini di mercato dirette alla selezione dei fornitori di materiale informatico (quando sin dall’inizio l’intendimento esclusivo era quello di avvalersi della sola società di Di Giovanni) e quindi formato falsi preventivi di spesa, del tutto antieconomici, riconducibili ad altre società risultate però ignare o addirittura inesistenti. Al termine delle indagini sono state denunciate 6 persone per concorso in truffa aggravata finalizzata all’indebita percezione di erogazioni pubbliche.
Maria Chiara Ferraù