Il 5 ottobre del 2015 una frana invase la carreggiata lato monte della A18 Messina-Catania. Oggi per disastro ambientale in concorso e falso ideologico sono state indagate 10 persone. Fra loro sei tra amministratori e proprietari di un complesso alberghiero ed alcune abitazioni estive nel territorio di Letojanni e 2 dirigenti del Cas, consorzio autostrade siciliano, il direttore generale Antonino Pirrone e il dirigente tecnico Gaspare Sceusa, nonché il sindaco di Letojanni, Alessandro Costa e il dirigente dell’ufficio tecnico.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la frana fu causata da una serie di omissioni da parte di chi avrebbe dovuto realizzare gli interventi previsti nel piano d’assetto idrogeologico, nel quale proprio quella zona è classificata come area ad alta pericolosità per dissesti ad erosione accelerata.
A peggiorare il tutto, lo scolo irregolare delle acque bianche e soprattutto gli sbancamenti per insediamenti urbanistici realizzati sul costone tra gli anni Settanta e Ottanta.
Nell’inchiesta il sindaco e il capo dell’ufficio tecnico di Letojanni sono finiti per l’approvazione del progetto di messa in sicurezza dell’area di contrada Silemi, in assenza dei nullaosta degli organi competenti e per la mancanza di controlli sullo smaltimento delle acque bianche.
Nel mirino della Procura è finito anche il consorzio autostrade siciliane che nella realizzazione del muro di contenimento del materiale che già in passato era più volte scivolato a valle, ha omesso di mettere in sicurezza l’area.
I detriti ad un anno dalla frana si possono ancora trovare nello stesso luogo. Pochi giorni fa la protezione civile ha attribuito al consorzio la responsabilità dei lavori che costeranno 10 milioni di euro.
Maria Chiara Ferraù