Al banco degli imputati estortori e anche commercianti “omertosi” che hanno omesso di denunciare le richieste di pizzo. Succede a Palermo nell’ambito del processo per estorsione. Rinviati a giudizio 45 imputati fra cui il titolare del bingo di via Amari e il gestore del lido Battaglia di isola delle Femmine.
La lista si apre con il nuovo vertice del mandamento di Porta Nuova composto da Paolo Calcagno e Teresa Marino. Poi ancora Massimo Monti, titolare della Kursaal che gestisce il Bingo di via Emerico Amari e di Maria Rosa Butera, titolare del lido Battaglia di Isola delle femmine.
Le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo affermano che gli operatori economici alla sbarra non si sono limitati a restare in silenzio, ma si sarebbero rivolti ai boss mafiosi. Monti, secondo l’accusa, avrebbe addirittura avvertito i boss dopo la convocazione in caserma. Per questo è scattata un’interdittiva antimafia per l’imprenditore e la Sala Bingo. La titolare del lido balneare invece si era rivolta ad un boss del clan di Porta Nuova per ottenere uno sconto sul pizzo sollecitato dai boss di Partanna Mondello.
Palermo non sembra più la città che lasciò solo Libero Grassi, l’imprenditore titolare della Sigma, ucciso da Cosa Nostra il 29 agosto di 25 anni fa, per il suo “no” ai boss del pizz. Restano ancora alcune ombre. I due imprenditori adesso indagati hanno scelto la strada del silenzio nonostante l’evidenza delle intercettazioni e le dichiarazioni dettagliate dei testimoni di giustizia.
La contabilità del racket gestito dai boss del centro città parla di 27 estorsioni: 18 consumate e 9 tentate. Tre sono state denunciate da piccoli imprenditori edili che stanno facendo lavori di ristrutturazione al Capo e che si sono rifiutati di pagare il pizzo. Le altre richieste estorsive sono state scoperte dai carabinieri attraverso pedinamenti ed intercettazioni.
Lo scorso dicembre erano finite in manette una quarantina di persone, fra capimafia ed estorsori. Adesso si apprende che 22 fra imprenditori e commercianti convocati nella caserma di piazza Verdi hanno ammesso di aver pagato il pizzo. “Un segnale importante – dichiara l’avvocato Salvatore Caradonna di Addiopizzo – in molti casi, a rompere il muro del’omertà sono stati figli e nipoti spezzando così una catena di silenzi e pagamenti che andava avanti anche da dieci o addirittura venti anni”.
Maria Chiara Ferraù