I beni dell’imprenditore catanese Santo Massimino sono finiti sotto sequestro. I sigilli oggi sono stati posti a sei aziende attive nel settore dell’edilizia e nel campo della produzione di energia da fonti rinnovabili. Il valore dei beni sotto sigillo è in corso di quantificazione.
Il provvedimento è stato eseguito questa mattina dai carabinieri del Ros in collaborazione con i colleghi del comando provinciale di Catania. L’uomo era stato arrestato dal ros nell’abito dell’operazione Iblis il 3 novembre del 2010 e condannato lo scorso maggio a 12 anni di reclusione per aver concorso nella famiglia di Cosa nostra catanese Santapaola-Ercolano.
Massimino, in stretta collaborazione con l’allora rappresentante del sodalizio criminale provinciale, Vincenzo Aiello, partecipava alla distribuzione di lavori controllati direttamente o indirettamente da cosa nostra catanese a cui versava anche somme di denaro e permetteva ad imprese mafiose o a disposizione dell’associazione, di partecipare alle attività economiche intraprese.
Massimino sfruttava il legame che aveva con Aiello per accaparrarsi dei lavori, adoperandosi per mettere in contatto altri imprenditori con Aiello che cos’ riusciva ad inserirsi in rilevanti vicende imprenditoriali che venivano inquinate.
Inoltre, Massimino traeva vantaggi dalla sua vicinanza a Cosa Nostra catanese, anche grazie al monitoraggio di un summit avvenuto nella proprietà rurale del geologo-affiliato mafioso Giovanni Barbagallo. Proprio il controllo di Massimino da parte di Cosa Nostra è stato uno degli aspetti che hanno contribuito al deteriorarsi dei rapporti tra Vincenzo Aiello e Angelo SAntapaola. Quest’ultimo, infatti, all’epoca considerato reggente operativo della famiglia mafiosa di Catania, non aveva gradito che il controllo dell’imprenditore era passato ad Aiello. Proprio questo fu l’argomento affrontato tra i due nel corso di uno scontro avvenuto il 22 settembre del 2007.
Qualche giorno dopo, il 26 settembre, Angelo Santapaola ed il suo braccio destro Nicola Sedici sono stati uccisi. Per questi omicidi i giudici della corte d’Assise hanno condannato nell’ambito del processo scaturito dall’indagine Iblis, Vincenzo Aiello all’ergastolo e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per il duplice omicidio e Salvatore Di Bennardo a 3 anni e 4 mesi di reclusione per favoreggiamento aggravato nel delitto.
Maria Chiara Ferraù