Era il 5 gennaio del 1984 quando il giornalista siciliano Giuseppe Fava venne assassinato dalla mafia. in occasione del 38esimo anniversario dell’omicidio, il coordinamento nazionale docenti della discipina dei diritti umani intende ricordare il coraggio delle idee di Fava, la sua forza divulgativa e comunicativa, il carisma nonché la profonda rettitudine morale.
Giuseppe Fava, tra i tanti personaggi illustri che hanno combattuto la mafia, conobbe anche l’onta dell’accerchiamento e dell’isolamento professionale, il disonore del licenziamento al Giornale del Sud, non perché fosse poco professionale ma perché con le sue inchieste scuoteva le coscienze e rivelava fatti da insabbiare secondo quanto stabilivano le cosche, oltre a perdere la vita.
Era necessario distruggere la sua credibilità, umiliarlo, renderne difficile l’esistenza, condannarlo all’oblio, togliendogli gli struemnti che impauriscono anche i tiranni. Ma Fava continuò a parlare e in un’ultima intervista concessa ad Enzo Biagi rilasciò alcune dichiarazioni che ancora oggi sorprendono e turbano dicendo: “mi rendo conto che c’è un’enorme confusione sul problema della mafia. i mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Non si può definire mafioso il piccolo delinquente che arriva e ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale, questa è roba da piccola criminalità, che credo abiti in tutte le città italiane, in tutte le città europee. Il fenomeno della mafia è molto più tragico ed importante”.
Passano gli anni, ma ancora si assiste a forme di “damnatio memoriae”, di allontanamento sociale, di restrizioni, di ritorsioni professionali per quanti osino denunciare casi di malversazione e illegalità. Chi cerca di sollevare il dubbio, esercitando il libero pensiero o invitando al dialogo, o proponendo percorsi alternativi alle opinioni dominanti dà ancora fastidio. Proprio per tale ragione va ricordato Giuseppe Fava; va ricordato perché era un giornalista serio e coscienzioso, ma soprattutto va ricordato perché era un libero pensatore.
“Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo.” (Pippo Fava. Lo spirito di un giornale. 11 ottobre 1981)
“Il CNDDU – spiega Romano Pesavento – propone di dedicare a scuola, nella settimana subito dopo l’avvio dell’attività didattica, spazi di riflessione sulla storia e il contributo intellettuale e umano del giornalista Giuseppe Fava. Il cambiamento può avvenire in ciascuno di noi se si conserva la memoria dei grandi protagonisti della legalità. #UnaPennaperlaLibertà. “