Sei case a luci rosse in correlazione fra loro, “guadagni” da 1.000 euro al giorno. Questi i numeri di un giro di sfruttamento della prostituzione portato alla luce dai carabinieri del comando provinciale di Messina che questa mattina, nell’ambito dell’operazione denominata Bocca di rosa, hanno dato esecuzione a 17 misure cautelari personali. Undici persone sono finite agli arresti, 5 ai domiciliari e un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Gli indagati dovranno rispondere, a vario titolo, in concorso tra loro, di riduzione in schiavitù, proprietà od esercizio di una casa di prostituzione, induzione, reclutamento, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.
In particolare, la riduzione in schiavitù è stata ravvisata ai danni di una donna che veniva costretta barbaramente dal proprio convivente, a concedersi ai vari clienti, subendo una vera e propria coercizione fisica e psichica a causa del suo stato di debolezza mentale.
Le sei case del sesso agivano in un regime di stretta collaborazione fra loro, gestendo le attività di reclutamento ed induzione alla prostituzione, per poi rendere disponibili le ragazze in favore della casa che ne richiedeva la presenza per erogare prestazioni sessuali a pagamento.
Le indagini erano state avviate ad agosto del 2012 e hanno consentito di ricondurre a questa vicenda lo sfruttamento di decine di ragazze, 15 delle quali sono state identificate. Le lucciole venivano impiegate a rotazione, secondo le richieste pervenute dai clienti. Quando non c’era la disponibilità delle ragazze, erano le stesse maitresse che si prostituivano per poter in ogni caso soddisfare le richieste del cliente del momento. Questo meccanismo di scambio delle ragazze tra i malfattori, era garantito dai loro contatti frequenti.
I clienti venivano reperiti anche attraverso internet, con l’inserimento di espliciti annunci in vari siti. Una volta entrati nel giro, i clienti venivano avvisati telefonicamente quando c’era la disponibilità di nuove ragazze. I componenti del sodalizio fra di loro usavano un gergo in codice quando prendevano accordi con i clienti.
L’indagine, nell’ambito della quale sono state emanate le 17 misure cautelari, vede coinvolti ed iscritti sul registro degli indagati 20 soggetti.