In occasione dei 100 anni dalla nascita di Pietro Consagra, artista originario di Mazara del Vallo, morto a Milano nel 2005 all’età di 85 anni, il teatro antico di Taormina, nel messinese, ospita la mostra “Pietro Consagra. Il colore come materia”.
L’esposizione, a cura di Gabriella Di Milia e Paolo Falcone, è promossa dalla regione siciliana, assessorato ai beni culturali e dell’identità siciliana, dal parco archeologico Naxos Taormina, diretto da Gabriella Tigano, con l’organizzazione di Electa, in collaborazione con l’archivio Pietro Consagra; il progetto di allestimento è curato dall’architetto Ruggero Moncada di Paternò.
Una selezione di opere dell’artista, realizzate tra il 1964 e il 2003, intrecciano un dialogo inedito con le memorie del teatro antico di Taormina e con il paesaggio circostante, in un percorso “en plein air” aniconico e atemporale.
Per Consagra la scultura è “fantasia, ricerca, esperienza e provocazione” e questa mostra intende proporre al visitatore una lettura della sua opera, attraverso nuovi codici percettivi e linguistici della contemporaneità.
Sin dall’inizio del suo percorso artistico, Consagra ha voluto esprimere le idee che si agitavano nel suo tempo: come afferma in Vita Mia del 1980 “volevo riportare sulla materia il rapporto che avevo con la società, un risentimento politico per come le cose andavano e nello stesso tempo dispormi necessario coerente, giustificato”. Per questo la sua scultura non si è mostrata isolata in se stessa, ma è entrata nello spazio sociale e civile, trasmettendo un pensiero autonomo e autentico.
Come la tragedia nel teatro dell’antichità era uno spettacolo di sintesi, anche la mostra nel complesso monumentale del teatro antico di Taormina sarà una sintesi rappresentativa dell’incessante ricerca di Consagra di tecniche, materie e colori espressivi che hanno dato vita a opere volte a suscitare un senso di libertà e un impulso ad interrogarci sugli accadimenti contemporanei. In un luogo come il teatro antico, dove molte sculture del maestro sono collocate visivamente in corrispondenza dei “vomitoria” (gli accessi alla cavea), potremmo anche immaginarle disposte come i componenti di un coro ribaltato a cospetto frontale con la scena.
C’è nell’opera di Consagra un’affascinante apparente contraddittorietà: la sublimazione della visione frontale smaterializza la scultura distaccandola dalla realtà ma è solo per poterla osservare e interrogare, così come fa il coro che, fuori dalla scena, assiste alla rappresentazione e dialoga con lo spettatore.
Un sentimento profondo ha legato Consagra alla Sicilia, terra natìa ferita, che ha trovato compimento nella ricostruzione della nuova Gibellina dopo il terremoto del 1968, così come è emerso nella mostra a palazzo Steri di Palermo del 1991, dedicata al colore come materia spirituale, energia vitale sia in scultura che in pittura.
Con la sua opera, il suo pensiero e i suoi scritti, l’artista rappresenta la metafora di un’identità che si può ricondurre alle origini mediterranee, ma è soprattutto la sua rivoluzionaria concezione dell’opera nello spazio ad aver aperto la strada alle nuove generazioni di scultori come Kounellis e altri.
L’opera di Consagra continua ad essere un messaggio di speranza perché proprio oggi l’arte sia nuovamente “la salvezza della spiritualità collettiva e della fiducia in crisi”.
Nancy Calanna