È stato pubblicato il volume a cura di Cesare Capitti e Alfonso Lo Cascio da ltitolo “Il futuro delle città. Memoria, identità, bellezza, nuovo umanesimo”.
Vogliamo recuperare la dimensione della bellezza, dell’armonia, la qualità architettonica, il rispetto dell’ambiente, puntando in maniera decisa sulle fonti energetiche alternative, il risparmio delle risorse naturali e una irrinunciabile lotta contro l’inquinamento. Una realtà che sappia costruire soprattutto occupazione vera e stabile dove il ruolo dello Stato rinnovato ridiventi centrale.
All’interno di questa tesi si sviluppa il volume “Il futuro delle città. Memoria, identità, bellezza, nuovo umanesimo” a cura di Cesare Capitti e Alfonso Lo Cascio che esce per i caratteri della Casa Editrice Avatar (Pagg. 230 – Euro 20).
Il volume raccoglie il contributo di quindici fra i maggiori studiosi siciliani: Teresa Cannarozzo, Deborah Fiminiani, Manfredi Leone, Carmelo Montagna, Giuseppe Notarstefano, Marcello Panzarella, Gianluigi Pirrera, Marcantonio Ruisi, Giovanni Salerno, Giuseppe Savagnone, Mario Schwarz, Anna Staropoli, Ferdinando Trapani, Giuseppe Trombino, Giovanni Francesco Tuzzolino. I loro interventi sono stati presentati nell’ambito del Convegno nazionale, promosso da BCsicilia, che si è svolto a Palermo nel prestigioso Palazzo dei Normanni nell’ottobre del 2018. L’introduzione al volume è dell’Assessore Regionale al Territorio e Ambiente Salvatore Cordaro.
“Gli aggregati urbani – scrivono i curatori nell’introduzione – rischiano di trasformarsi in un insieme di periferie spersonalizzate e spersonalizzanti, emarginate ed emarginanti. Città senza memoria e senza identità. L’obiettivo è quello di avviare un confronto sul futuro delle città, per costruire, insieme a tanti altri soggetti, percorsi di speranza condivisa per la rinascita di un nuovo umanesimo che allo stesso tempo sia in grado di combattere le ineguaglianze e le ingiustizie sociali, e realizzare una solidarietà diffusa e condivisa. Un lungo percorso per recuperare il significato della condivisione, contro una globalizzazione, sinonimo di appiattimento e soppressione delle identità e un secolarismo che sogna una civiltà senza valori e inventa finte solidarietà: percorsi che non portano a nuove libertà ma spesso conducono a vecchie tirannidi.Occorre trovare il coraggio propositivo di chi sente la necessità di rischiare oltre le difficoltà del quotidiano per non ritrovarsi in un gelido inverno di barbarie”.Altro obiettivo della riflessione a più voci è quello di scuotere dal sonno le amministrazioni locali che sembrano anestetizzate, per avviare nuove strategie per lo sviluppo economico e sostenibile delle città e delle periferie, e porre in essere tutte le iniziative per liberare le risorse economiche, per la rigenerazione urbana e un giusto utilizzo dei beni di proprietà dei singoli e dei comuni.
“La crisi antropologica – scrivono ancora i curatori Cesare Capitti e Alfonso Lo Cascio – ha un forte impatto sulle persone, sulla città e sulle periferie urbane, e conduce allo smarrimento della propria identità e della propria storia. Riteniamo attraverso un rinnovato impegno di tutti si possa costruire una città più a misura d’uomo, superando il secolarismo imperante, l’egoismo diffuso, un’ideologia economica e burocratizzata, eliminando le ineguaglianze e le ingiustizie sociali, rispettando in maniera condivisa il creato.
L’idea è quella di avviare un proficuo dibattito culturale che non si limiti a studiare la città e il suo futuro da un punto di vista puramente tecnico, ma aiuti a riflettere sulla possibilità di recuperare e valorizzare il suo rapporto con le persone che la abitano.Emblematiche di questa problematicità sono da un lato la perdita del centro e di quei punti di riferimento architettonici, sociologici, commerciali che davano ad una città il suo inconfondibile volto, dall’altro il degrado delle periferie, un tempo caratterizzate dalla presenza di un ceto operaio sempre più consapevole del proprio ruolo, oggi, con l’avvento dell’epoca post-industriale, ridotte in larga misura a ghetti di stranieri emarginati o di ceti sociali impoveriti”.
Il volume pone anche in evidenza la necessità di valorizzare i beni culturali e paesaggistici in quanto essi costituiscono gli elementi di memoria, di valore identitario e migliorano la qualità della vita e del benessere delle persone. Riannodare il rapporto tra le comunità degli abitanti e la medesima città.Il primo momento di una riflessione che va condivisa con tutti coloro che hanno realmente a cuore le sorti dei nostri centri urbani. “Si tratta – concludono i curatori – di riappropriarsi della consapevolezza di poter costruire una città “bella”, in grado di restituire alla collettività un luogo migliore dentro il quale possano svilupparsi in pienezza le relazioni umane. Significa riscoprire, per quanto banale possa apparire, il senso dello stare insieme e re-imparare a vivere la città e nella città”.