GM: puntata speciale con il professore Giuseppe Rando

Ignorare le patrie cose è solo di quegli sciagurati i quali gelidi di cuore e voti di mente, vivono senza lode né brama di lode

Una puntata speciale di Generazione Metaverso. La nostra giornalista Nancy Calanna ha intervistato Giuseppe Rando, professore ordinario di letteratura italiana presso la scuola superiore per mediatori linguistici di Reggio Calabria, già docente all’università degli studi di Messina.

Tema dell’intervista è stato il terremoto del 1908, l’evento sismico più catastrofico del XX secolo. Era il 28 dicembre quando alle 5.20 e 27 secondi la terrà tremò per un terremoto di magnitudo 7,2 durato soltanto 37 secondi, che sono serviti per devastare la vita, le opere, la storia, le architetture preziose di Messina e Reggio Calabria.

I morti accertati furono piùdi100.000 e di questi più di 80.000 furono messinesi. I danni furono devastanti ed irrecuperabili. Altri paesi della Sicilia furono toccati da scosse e dal maremoto. Le scosse di assestamento furono registrate fino all’11 marzo del 1909, la geologia e la cinetica distruttiva del terremoto ha creato una faglia per cui gli stessi geologi, ancora oggi, dibattono le loro opinioni in merito agli studi sulla formazione della placca che si è venuta a formare dopo il terremoto del 1908. Un evento che mise sullo stesso piano ricchi e poveri, intellettuali ed ignoranti, nobili e pezzenti. Case, palazzi, chiese, santuari, opere di inestimabile valore andarono distrutte. Il tragico evento fu conseguenza di una mala gestione di recupero edilizio, di fronte al quale si pensò di ricostruire la città sulle macerie, lasciando sotto il disastro e sopra la costruzione di nuove strade ed edifici. Tale fu la devastazione senza precedenti storici.

Giuseppe Rando, conoscitore e studioso, messinese di Torre del Faro, nell’intervista racconta com’era Messina prima di quella tragica notte piovosa e fredda. Nel corso dell’intervista è stato inevitabile affrontare la tematica di una città che si è vista snaturata nella sua struttura e forma sociale. Messina ha mai recuperato i danni morali ed economici di quella immane tragedia? Come furono spesi successivamente i fondi per il ripristino? Ma soprattutto perché si parla così poco, anche tra i cittadini messinesi, di una tragedia così profonda? Con lo spirito rivolto a questa ed altre domande, la nostra puntata, si prefigge di scavare un pochino più a fondo su un evento che ha segnato profondamente il lustro di una città. Il professore Giuseppe Rando, rammenta come dalle letture di, Eduardo Giacomo Boner (giornalista, scrittore, poeta, messinese) è riuscito a comporre il quadro di un luogo vivo e fervido quale era Messina.  Per comprendere la devastazione dell’evento è necessario apportare due annotazioni:

primo, l’Osservatorio Ximeniano di Firenze allora annotava “stamane alle 5:21 negli strumenti dell’Osservatorio è incominciato una impressionante straordinaria registrazione, le ampiezze dei tracciati sono state così grandi che non sono entrate nei cilindri, misurano oltre 40 cm” e la potenza fu tale da essere registrato da 110 stazioni sismografiche di tutto il mondo;

secondo: nel 2019 fu scoperta dall’Università di Londra la cosiddetta faglia “Messina-Taormina” tutt’ora attiva e probabilmente causata dal terremoto del 1908.

Quasi alla fine dell’intervista diviene inevitabile quanto, secondo il professore, possa avere valenza il dibattito attuale sulla prossima costruzione del Ponte sullo Stretto, considerato il terremoto del secolo scorso.

La puntata si conclude con l’annuncio rivolto ai cittadini messinesi, ma anche agli amanti di storia, arte e bellezza, di rivolgere la visita presso il Museo Regionale di Messina. Un Museo molto interessante e valido da vedere, e dove al suo interno si possono ritrovare reperti recuperati a seguito del terremoto. Una visita multimediale farà vedere com’era Messina prima del terremoto.

Relazione al Senato del regno – datata 1909 – sul terremoto di Messina e Reggio così recita:

«Un attimo della potenza degli elementi ha flagellato due nobilissime province – nobilissime e care – abbattendo molti secoli di opere e civiltà. Non è soltanto una sventura della gente italiana; è una sventura dell’umanità, sicché il grido impietoso scoppiava al di qua e al di là delle Alpi e dei mari, fondendo e confondendo, in una gara di sacrificio e fratellanza, ogni persona, ogni classe, ogni nazionalità. È la pietà dei vivi che tenta la rivincita dell’umanità sulle violenze della terra. Forse non è ancor completo, nei nostri intelletti, il terribile quadro, né preciso il concetto della grande sventura, né ancor siamo in grado di misurare le proporzioni dell’abisso, dal cui fondo spaventoso vogliamo risorgere. Sappiamo che il danno è immenso, e che grandi e immediate provvidenze sono necessarie».

 

 

 

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