La Fondazione Orestiadi propone a Palermo, al Museo Riso, una mostra che racconta Le Orestiadi di Gibellina, Festival intorno alla contemporaneità che ha segnato uno dei momenti più interessanti della sperimentazione teatrale in Italia negli ultimi decenni.
La mostra, attraverso immagini, documenti, costumi, libretti di scena e frammenti di scenografie racconta la stagione epica delle Orestiadi in cui la gente della città del Belice ritrovò nell’arte la speranza per rimanere nella propria terra.
Saranno in mostra la maquette della montagna di sale ed i bozzetti realizzati da Mimmo Paladino per “la sposa di Messina” con regia di Elio De Capitani presentata al Cretto di Burri nell’estate del ’90. Uno dei costumi per “La passione di Cleopatra”, il modello e il “Carro di Oreste”, la maquette della scenografia di Villa Eumenidi di Arnaldo Pomodoro, i bozzetti per la città di Tebe di Pietro Consagra.
La mostra avrà un rimando al Nuovo Montevergini attraverso l’installazione nell’ingresso della Chiesa di un “Cavallo” dell’artista Mimmo Paladino.
Tra le opere in mostra al Museo Riso:
- (installazione [Carro di Oreste]) “Agamennuni”, A. Pomodoro
- (installazione [Scudi]) “i Cuefori”, A. Pomodoro
- (Modellino) “il Ratto di Proserpina”, Scjaloia
- (costume) “La tragedia di Didone”, Pomodoro
- (Scultura e disegni) “Edipo re”, Consagra
- (Modello, cavallino e poster) “la sposa di Messina”, M. Paladino
- (Modello [ventaglio]) “Villa Eumenidi”, A. Pomodoro
- (Modellino [Obelisco]) “La passione di Cleopatra”, A. Pomodoro
- (Modellino [Carro Oreste]) “Agamennuni”, A.Pomodoro
- (Sedia) “TSE”, Bob Wilson
- Modello – la montagna di sale di Mimmo Paladino
Al Nuovo Montevergini:
- il Cavallo di Mimmo Paladino
L’INSTALLAZIONE NARRATIVA AL MUSEO RISO
9 e 10 dicembre dalle ore 19,00
ingresso libero fino ad esaurimento dei posti
PEZZI DA MUSEO, storie di donne su tela
testi di Silvia Ajelli
con Silvia Ajelli, Eletta del Castillo, Aurora Falcone, Gaia Insenga, Federica D’amore, Fabrizio Romano
installazione narrativa itinerante all’interno del Museo Riso
Chi non ha mai pensato, davanti al ritratto di un grande maestro, è così bello da sembrar vero? Chi non ha avuto il desiderio, almeno una volta, di toccare la frutta in una natura morta? E chi non ha mai detto, di fronte ad una statua di marmo realizzata da un sommo scultore, sembra viva? E’ proprio così, certe opere d’arte sono così belle da esercitare un potere invisibile su chi li osserva, quasi un’attrazione fisica…
In questa creazione originale, l’arte si racconta e prende vita grazie a cinque donne, protagoniste di altrettante opere d’arte, che per una sera escono dalle opere in cui sono rappresentate per raccontarci la loro storia.
Si tratta di donne realmente esistite, che hanno avuto un nome, una vita, e un legame molto stretto con l’artista che le ha raffigurate: a queste donne vogliamo restituire la parola, immaginando che possano finalmente dirci la loro sugli artisti a cui sono legate dalle opere d’arte che le hanno rese immortali, ma che anche grazie a loro sono diventate tali.
Molte sono le storie che in generale stanno all’origine delle opere d’arte, molte quelle legate agli artisti che le hanno create, e molte anche quelle che possiamo scorgere da spettatori guardando un’opera. Ma le storie che raccontiamo in Pezzi da museo vanno alla ricerca di quel segreto che rende un’opera d’arte qualcosa di più che un pezzo da museo. Perché forse le opere d’arte contengono qualcosa di invisibile oltre al visibile, quel qualcosa di cui, guardando sentiamo la presenza, che ci colpisce, ci parla, ce ne fa scorgere la grandezza, ma a cui non sappiamo dare un nome. Sappiamo però che è qualcosa che vive in quell’opera nel presente, anche se viene dal passato, e che continuerà a vivere nel futuro.
E così per noi, in un certo senso, ancora oggi vivono, visibili e invisibili nelle opere di cui sono protagoniste, Marguerite Matisse (in Ritratto di Marguerite di Henry Matisse), Costanza Bonarelli (in Medusa di Gian Lorenzo Bernini), Madame Cézanne (in Ritratto di Madame Cézanne sulla poltrona rossa di Paul Cézanne), Simonetta Vespucci (in Nascita di Venere di Sandro Botticelli), Jo Hopper (in Summertime di Edward Hopper).
Pezzi da museo è una creazione in cui arte e teatro si fondono per diventare altro, una performance immaginata e costruita per far “vivere” l’arte attraverso la parola, il racconto, la storia, dentro un Museo.
MARCO BALIANI TORNA AL NUOVO MONTEVERGINI CON DUE NUOVI SPETTACOLI
9 e 10 Dicembre alle ore 21,00
Ingresso euro 10,00
Attore, autore e regista. Con lo spettacolo Kohlhaas del 1989, attraverso un originale percorso di ricerca, dà vita al teatro di narrazione che segna la scena teatrale italiana. Figura eclettica e complessa del teatro italiano contemporaneo, ha sperimentato drammaturgie corali creando spettacoli-evento per molti attori, come Come gocce di una fiumana (premio IDI per la regia), o Antigone delle città, spettacolo di impegno civile sulla strage di Bologna del 2 agosto, o ancora dirigendo progetti come I Porti del Mediterraneo con attori provenienti da diversi paesi dell’area mediterranea. Parallelamente ha proseguito una personale ricerca nell’ambito della narrazione realizzando spettacoli come Tracce, Corpo di Stato e Frollo, protagonisti di fortunate tournée e tuttora nel suo repertorio.
CORPO ERETICO
DIALOGO IN TEMPO PRESENTE CON PIER PAOLO PASOLINI
di e con Marco Baliani
produzione Casa degli Alfieri
“… l’eresia richiede una grande pazienza: bisogna ripetere mille volte la stessa cosa”
Un dialogo serrato, spietatamente sincero, a tentare di sgomitolare quei grovigli che, ogni volta che l’ho incontrato, mi hanno lasciato inquieto. Contrasti e contraddizioni mai risolti, e che generano invece altri ingarbugliamenti necessari a vedere le “cose” del mondo da angolazioni inaspettate.
Sono tante le “cose” su cui dialogare con lui, sulle mutazioni sociali avvenute, su quello che ha intuito e quello che ha travisato, sul suo corpo “diverso”, sempre al centro del suo agire, scandalosamente in contrasto col mondo intorno, sulla sua mai esausta vena pedagogica, sui suoi scritti pirateschi, sul suo giornalismo anomalo.
Ma l’elenco non serve, e poi è lungo, variegato, multiforme, imprendibile come lo è lui nella sua continua ricerca di linguaggi che sappiano parlare il suo tempo, spesso non coincidente con quello della società.
Nella sua dissipazione mi ritrovo, sono sempre stato in fuga da recinti e classificazioni, così posso inserirmi con la mia storia e le mie contraddizioni, a intrecciare altre matasse di pensieri e immagini. Inaspettato sarà l’incontro con lui, senza rete di protezione, mi occorre andare ramingo, toccando le scabrosità dei nostri corpi mai sazi, non so quali sono le parole che spunteranno dai nostri sguardi mai appagati, ma prevedo durezza, un dialogare che è anche un duellare. La sua voce mi arriva tra capo e collo, come un avvertimento, uno stare in guardia, e si riverbera illuminando di una luce obliqua, caravaggesca, questo mio presente paludoso, dato che il tempo non fila mica dritto su una linea come si crede nel nostro Occidente, è invece un anello che si espande in cerchi concentrici, e ogni istante dell’Allora può divenire benissimo un attimo dell’Adesso
Nel mio lavoro ho sempre amato personaggi “non riconciliati”, fuori dalla norma, grandiosamente vittime della loro diversità. Con lui mi trovo dunque in sintonia, una sintonia provvisoria e inquietante come chi cammina sull’orlo di un precipizio ed è meglio non si appoggi al compagno di percorso nel difficile illusorio tentativo di restare in equilibrio.
La sua eresia, così vitale, mi costringe a stare in ascolto, con lo spavento delle scoperte inattese, per vedere, alla fine, cosa mi resta tra le dita, di raccontabile e tramandabile col mio teatro e la mia voce. Marco Baliani
OPPOSTI FLUSSI
di e con Marco Baliani
produzione Casa degli Alfieri
Sì, ci sarà anche il mare dentro le tante “opposizioni” che guidano questo percorso narrativo. Il mare che con i suoi flussi separa o unisce, che rifiuta o che accoglie, sempre irrequieto, come noi umani che ci dibattiamo tra opposte visioni e opposti sentimenti.
Racconterò di come la scrittura si oppone alla voce che narra, andando molto indietro nel tempo quando qualcuno cominciò a incidere su tavolette d’argilla strani segni che potevano essere interpretati solo sapendoli “leggere”.
Da lì, sempre attraversando racconti, viaggerò tra le opposte sponde della realtà e della immaginazione, scoprendo che le distanze non sono poi così grandi, a volte un sogno può diventare realtà o viceversa, e la stessa realtà non è mai così definita una volta per tutte. E lo stesso viaggiare si opporrà a quelli che invece restano fermi, nomadismo contro stanzialità.
Ci sarà poi un misterioso biglietto a mettere in crisi la parola identità, opponendo lo sguardo degli “altri” alla pretesa sicurezza del nostro io.
Infine dopo aver attraversato mari diversi, antichi e contemporanei, ci troveremo faccia a faccia con l’ultima opposizione, quella tra noi umani e la natura, e sarà una storia africana a raccontarcela.
Ogni coppia di opposizioni sarà dunque veicolata da un racconto, e altri si interporranno a far perdere tracce o a farle ritrovare.
Seguendo il pensiero del filosofo Ernst Bloch, mi proverò a “pensare anche affabulando”. Partendo da storie popolari, miti, fiabe, leggende, la parola narrata compie continue digressioni e tocca altre narrazioni senza mai rinchiudersi dentro un percorso definito, ma seguendo gli stimoli e le visioni che i racconti produrranno, i flussi e riflussi delle tante maree di questo spettacolo. Nell’alto e basso del mare e dei suoi irati flutti o placide onde, navigherò su fragili imbarcazioni fatte di racconti, sempre in procinto di scontrarsi con le opposte scogliere di turno. A volte sarà la forma del dire che si opporrà al contenuto della cosa detta, a volte sarà il corpo a non accettare quelle parole, a volte ancora gli opposti si incontreranno in quei punti dello spazio tempo dove potranno collidere ed esplodere.
A guidare dall’alto il mio sguardo sarà il dio degli opposti, quel fanciullo armato di arco che semina al contempo passione e distruzione, desiderio e ripulsa, l’alato Eros che continua da millenni a insidiare le nostre anime mortali.