Palermo: mostra del comitato dei lenzuoli

La mattina del 25 maggio 1992, nell’immensa folla di persone di tutti i ceti, che non riuscendo ad entrare nel grande ‘tempio’ di piazza San Domenico, rimase fuori sotto la pioggia battente ad agitarsi, gridare, protestare, imprecare contro i politici, scandire il nome di Giovanni Falcone, c’era anche una giovane donna di nome Marta, che giunta a casa non trovò di meglio che ‘esternare’ dolore e rabbia esponendo al balcone un lenzuolo con la scritta  a vernice nera PALERMO CHIEDE GIUSTIZIA.

Fu un gesto che toccava il nervo scoperto della città. Altri
lenzuoli e altri ancora cominciarono a comparire ai balconi di case, studi, uffici privati e pubblici, al centro e in periferia, fino a configurare un fenomeno vistoso e collettivo: lenzuoli di tutte le fogge e dimensioni, improvvisati o creati dalla mano sapiente di Gabriella Saladino, scrissero per settimane – e poi per anni negli anniversari – la rabbia, la protesta, la richiesta di giustizia, il richiamo alle forze dell’ordine, la solidarietà e il sostegno ai magistrati.

Gridarono ancora più forte quando il 19 luglio, in un altro sconvolgente attentato, Paolo Borsellino si presentò
all’”appuntamento rinviato con la morte”, da lui stesso previsto in un dolente e dignitoso discorso, affrontato con coraggio, determinazione, fermezza.

L’Istituto Gramsci Siciliano, depositario e custode di memorie democratiche che rischiano di perdersi, ha pensato, a 30 anni dalle stragi, di proporre alle nuove generazioni una sintetica
esposizione dei materiali prodotti, dei documenti elaborati, delle iniziative promosse dal “
Comitato dei lenzuoli”: una documentazione minima rispetto a quella, imponente e ordinata, che le promotrici (erano quasi tutte donne) del comitato hanno lasciato, e che sono ora nella
disponibilità di quanti volessero approfondire i contenuti e le forme espressive di quella singolare rivolta civile.

Accanto ai documenti, e ai lenzuoli inscritti, vengono esposti anche gli straordinari lenzuoli dipinti che costituirono la particolare declinazione assunta dal Comitato nell’area ionico- etnea. Li ha conservati per 30 anni Marinella Fiume: a lei, e a Caterina Cammarata, figlia di
Marta e depositaria di tutti i documenti metodicamente raccolti dalla madre, si deve la possibilità di realizzare questa mostra.

Nel suo complesso, la mostra documenta un trauma politico di inaudita violenza; ma anche l’impegno, la presa di coscienza, la rivolta morale, il richiamo ai doveri del potere, la richiesta di legalità e giustizia, la diffusa avversione alla mafia, persino la creatività di quella straordinaria stagione.

Dominante è l’espressione di una profonda solidarietà e fiducia nei confronti della magistratura: una disposizione d’animo e di pensiero che la mostra vuole riproporre oggi, nella profonda convinzione che la magistratura, suprema istituzione democratica a presidio della vita
civile, sia superiore all’immagine che essa stessa riesce a dare di sé, e in uno stato di gran lunga migliore di quello cui i ‘riformatori’ vorrebbero ridurla.

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