Teatro Pubblico Ligure per la prima volta partecipa all’Etnamusa Festival di Bronte, in provincia di Catania, con due spettacoli ideati e diretti da Sergio Maifredi, come il progetto “Odissea un racconto mediterraneo” di cui fanno parte. Nella mitologia Bronte è il nome del ciclope che vive dentro il cono dell’Etna ed è colui che fa rombare i tuoni. È proprio con il canto IX “Il Ciclope.
Un mito da Omero a Pirandello”interpretato dai siciliani Mario Incudine e Antonio Vasta, che domenica 24 luglio 2022, alle 20, inizia la rappresentazione del poema omerico nella straordinaria cornice dell’azienda agricola Musa, alle pendici dell’Etna. Un luogo dove si respirano cura e convivialità, dove la cultura fiorisce circondata dalla natura potente della Sicilia e dalla rinomate piantagioni del pistacchio verde D.O.P. di Bronte.
Il secondo appuntamento è sabato 27 agosto con il canto XXIV “L’ultima Odissea – I patti di pace”, un messaggio di speranza di cui sono protagonisti David Riondino e Dario Vergassola. La consuetudine dell’Etnamusa Festival vuole che dopo lo spettacolo pubblico e artisti si riuniscano a tavola, per una cena che riporta alla quiete più amichevole il magma brulicante della creazione, un fermento tangibile per chi vive alle pendici di un vulcano attivo. Occasioni uniche e posti limitati da prenotare telefonando ai numeri 348 2525110 o 388 4753877. Informazioni a info@etnamusafestival.it o su www.progettomusa.com o ancora www.teatropubblicoligure.it.
Incudine e Vasta sono coppia di artisti affiatata che unisce recitazione e musica trascinando il pubblico dentro le storie con un’energia difficile da dimenticare. Il Ciclope, canto IX di “Odissea un racconto mediterraneo” in scena a Bronte il 24 luglio, è il primo “cunto” di Odisseo, il racconto con cui inizia la “versione di Odisseo”. Alla reggia di Alcinoo, Odisseo ascolta Demodoco il cantore, narrare della guerra di Troia e dei ritorni degli eroi sopravvissuti. Odisseo piange e si rivela ad Alcinoo. Omero dal racconto in “oggettiva” passa al racconto in “soggettiva”. Odisseo dipana per Alcinoo il filo delle sue avventure ed inizia con gli “effetti speciali”, con il ciclope Polifemo, certo di catturare l’attenzione del re e di ottenere da lui navi per tornare ad Itaca. Mario Incudine, artista di straordinario talento, attore, cantante, scrittore, affronta a suo modo questo “cunto”. Lo trasforma in un vero e proprio canto con musiche scritte appositamente da Antonio Vasta, con lui sul palco. Il Ciclope di Omero si contamina con la riscrittura di Pirandello e di Sbarbaro, entrambi “traduttori” del Ciclope di Euripide. Ed è interessante notare che Pirandello lo traduca a ridosso della prima guerra mondiale e Sbarbaro della seconda. Il Ciclope anche questo è: la forza bruta contro l’intelligenza, la violenza contro l’accoglienza. In forma di cunto siciliano prende vita il canto più noto dell’intera Odissea ambientato da Omero nell’Isola Trinacria. Cantato, suonato e recitato da due tra gli artisti più acclamati del panorama nazionale ed internazionale, con le radici nel cuore del Mediterraneo, la Sicilia. Progetto e regia di Sergio Maifredi.
Riondino e Vergassola il 27 agosto con il Canto XXIV di “Odissea un racconto mediterraneo” raccontano “L’ultima Odissea”. Che il viaggio non sarebbe terminato con l’arrivo a Itaca, Odisseo lo sa bene da quando, nel regno dei morti, ha incontrato Tiresia, al nono canto. L’indovino cieco glielo ha predetto: dovrà, dopo la strage dei pretendenti, rimettersi in cammino, per terra questa volta, lontano dal mare, portando sulla spalla un remo, come una croce, come un’espiazione.
La meta non avrà le coordinate precise che individuano Itaca sulla carte nautiche. Ma quando Odisseo sarà così lontano dal mare che, al suo passare, la gente scambierà il remo per un ventilabro allora sarà giunto alla fine delle sue fatiche. Potrà fare sacrifici agli Dèi e tornare in patria. Questo viaggio per terra è una seconda Odissea a cui Omero allude e che con molte probabilità è pure esistita in forma orale e scritta ma di cui le tracce si sono perdute. Riondino e Vergassola da lì partono, dai patti di pace, che chiudono i ventiquattro canti dell’Odissea che conosciamo e ci trasportano in un’altra Odissea tutta immaginata, enigmatica e misteriosa e forse mai scritta se non l’immaginario di ognuno di noi. Ovviamente, come è nel carattere di Riondino e Vergassola, con ironia, intelligenza, irriverenza.
“Odissea un racconto mediterraneo”, ideato e diretto da Sergio Maifredi per Teatro Pubblico Ligure, è il racconto di uno dei testi fondativi della cultura occidentale affidato a cantori contemporanei e riportato all’oralità delle sue origini. Fa parte del progetto “Parole antiche per pensieri nuovi”, una linea rossa che percorre le produzioni di Teatro Pubblico Ligure e che riunisce testi classici non teatrali, tutti nati per essere detti ad alta voce, condizione viva e sonora a cui vengono riportati con il teatro, come Odissea, Eneide, Iliade, Decameron e i poemi cavallereschi. Testi fondanti della civiltà occidentale che sono andati in scena in luoghi monumentali e paesaggistici straordinari, e anche nei siti archeologici riuniti da Teatro Pubblico Ligure in STAR – Sistema Teatri Antichi Romani.