Domani, uno giugno, la Badiazza di Messina sarà restituito alla cittadinanza dopo il restauro. La soprintendente dei beni culturali, Mirella Vinci, provvederà alla consegna dei lavori alla ditta Aemme srl di Favara che si è aggiudicata i lavori per un importo complessivo di poco più di 1 milione e 210 mila euro a valre sui fondi FSC 2014-2020 Patto per la Sicilia
La Badiazza è immerso in uno scenario di elevato pregio ambientale alle pendici dei monti Peloritani, nell’alveo del torrente Badiazza, motivo che in passato ha determinato interramenti causati dalle alluvioni che hanno ricolmato parzialmente gli interni liberati nel corso dei precedenti restauri. L’impianto, di epoca normanna, è stato oggetto nel passato di interventi di recupero, mai completati e i lavori che andranno a realizzarsi che hanno come obiettivo la prosecuzione degli interventi parzialmente eseguiti sulle strutture della fabbrica nell’arcata sinistra della navata eseguit negli anni Ottanta e Novanta per poterli riproporre nell’arcata destra così da rendere fruibile l’intera navata.
Il completamento del restauro e la ridefinizione della cupola mancante sul transetto, unitamente alla progettualità degli spazi esterni, ne completeranno la rifunzionalizzazione. Il progetto esecutivo, redatto dal Raggruppamento Temporaneo di Professionisti Advanced Engineering srl e A&I Sustainable Projects srl, a seguito di un concorso di Progettazione esterna, riguarda il completamento dei lavori di restauro, consolidamento, rifunzionalizzazione e sistemazione esterna del complesso monumentale che passa, così, alla fase esecutiva con realizzazione dei lavori che dovranno essere realizzati nell’arco di due anni.
Il progetto, nel rispettare le valenze dell’impianto architettonico, dovrà completare il recupero attraverso un’adeguata progettualità a verde degli spazi esterni.
“Con la consegna dei lavori per il recupero della “Badiazza” – sottolinea l’assessore dei Beni Culturali e dell’identità Siciliana, Alberto Samonà – si realizza un importante intervento di recupero della storia monumentale della nostra regione, destinato ad andare perduto. Luogo caro ai messinesi e segnalato per il valore artistico-culturale da ultimo anche dal FAI Fondo Ambientale Italiano che l’aveva segnalata come “luogo del cuore” da recuperare, l’edificio tornerà ad essere punto di riferimento del territorio”.
La Direzione dei lavori sarà curata direttamente dalla Soprintendenza di Messina, che è stazione appaltante, attraverso la stessa soprintendente, arch. Mirella Vinci e l’ing. Salvatore Stopo. Responsabile Unico del Procedimento l’arch. Giuseppe Natoli.
Edificata nell’XI secolo ai piedi dei colli San Rizzo sulla strada di collegamento tra Messina e Palermo, la monumentale chiesa di Santa Maria della Valle è circondata dal bosco. Nell’edificio è ben riconoscibile l’influenza di caratteri architettonici locali: il Santuario, ben distinto dallo spazio delle navate, richiama quelli analoghi delle cattedrali di Palermo e Monreale, la copertura a cupola, appoggiata su quattro grandi archi ogivali, è di chiara derivazione normanna, mentre le crociere costolonate a sezione rettangolare sono elementi architettonici riconducibili all’età sveva.
Gli studiosi evidenziano la somiglianza della Badiazza con la chiesa cistercense di Santo Spirito del Vespro che si trova all’interno del cimitero di Sant’Orsola a Palermo, edificata tra il 1173 e il 1178 e, anch’essa, influenzata dalla tradizione artistica arabo-normanna.
L’edificio nel corso del medioevo è stato intitolato a Santa Maria della Scala perché legato ad una leggenda che ha per protagonista un’immagine sacra trafugata in oriente, che raffigurava la Madonna con accanto una scala.
Si narra che l’immagine sacra, che viaggiava a bordo di una nave proveniente dalla Siria, una volta giunta nel porto di Messina, abbia impedito alla nave stessa di ripartire. I marinai, immaginando che dietro a quella difficoltà ci fosse una volontà divina, si disfecero della sacra icona svelandone, in questo modo, il furto. Una volta portata a terra, – secondo una tradizione che ritroviamo anche in altre narrazioni analoghe – l’icona della Madonna fu posta su un carro trainato da una coppia di giovenche che, senza guida alcuna, camminarono fino ad arrivare alla chiesa di Santa Maria della Valle, che da quel momento mutò il suo nome in Santa Maria della Scala.
Il monastero sarebbe stato abitato fino al 1347, anno in cui la pestilenza costrinse le monache ad abbandonare l’edificio. I numerosi rimaneggiamenti effettuati nel corso del tempo, non hanno modificato la monumentalità dell’impianto che, rafforzato nella parte superiore dalle merlature, appare più simile a un fortino o ad un castello che a un logo di culto, cosa che contribuisce a rendere unico il luogo.