Sono ben 7 le persone arrestate dai finanzieri del comando provinciale di Messina per associazione a delinquere di stampo mafioso e diversi reati contro la pubblica amministrazione. Il provvedimento è stato emesso dal gip di Messina ed è basato su imputazioni provvisorie che dovranno trovare riscontro in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio nel rispetto della presunzione di innocenza garantito dalla costituzione.
Le indagini hanno riguardato l’infiltrazione mafiosa e il condizionamento delle amministrazioni comunali di Moio Alcantara e Malvagna, centri della fascia ionica della provincia peloritana, ad opera di Cosa nostra siciliana.
Le indagini, svolte su delega della DDA dagli specialisti del gruppo di investigazione sulla criminalità organizzata delle fiamme gialle di Messina hanno permesso di fare luce sull’operatività criminale di una cellula decisionale e operativa mafiosa del tutto autonoma rispetto alle articolazioni di cosa nostra catanese che in passato gestivano gli affari mafiosi anche nel territorio della valle dell’Alcantara.
La struttura criminali, secondo l’accusa, risulta in grado di ingerirsi nelle dinamiche elettorali e politiche dei due comuni, oltre che nella relativa gestione dell’attività amministrativa attraverso l’infiltrazione di soggetti alla stessa struttura criminale direttamente e/o indirettamente riconducibili.
Questa cellula criminale autonoma, avvalendosi della legittimazione mafiosa derivante dalla contiguità al famigerato clan dei Cintorino, la cui fama criminale, anche per la efferata violenza di numerosi omicidi commessi alla fine degli anni Novanta, promana senza alcuna necessità di ulteriori e specifici atti di violenza e minaccia, è riuscita ad imporsi all’interno del tessuto sociale delle due piccole realtà comnunali”.
Le indagini, secondo le valutazioni del giudice, documentano uno spaccato assolutamente significativo del nuovo modo di fare mafia, un gruppo che, per il suo modus operandi, rappresenta l’evoluzione del modello tradizionale di associazione mafiosa che sfrutta la fama criminale ormai consolidata e che non abbisogna di manifestazioni esteriori di violenza, per intessere relazioni con la politica, le istituzioni, le attività economiche con l’obiettivo di imporre il proprio silente condizionamento”.
Uno dei principali indagati, anche da detenuto, disponeva che i suoi sodali prendessero contatti con le ditte appaltatrici di lavori assegnati dai due enti locali di Moio e Malvagna, garantendo anche sostegno ai candidati elettorali in occasione del rinnovo dei rispettivi consigli comunali. Le disposizioni dettate dall’uomo venivano poi tradotte in azioni dal padre e dalla sorella, quest’ultima vicesindaco in carica a Moio Alcantara, entrambi oggi finiti in carcere.
Il gruppo indagato dagli investigatori sollecitava il sindaco di Moio affinché interessasse gli amministratori comunali di altri enti a bloccare o sbloccare indebitamente alcune procedure esecutive a vantaggio della famiglia mafiosa. Comportamenti, questi, ritenuti sintomatici di una “subordinazione del sindaco”.
La cellula mafiosa, inoltre, si adoperava per l’assegnazione di appalti di lavori a ditte vicine, anche mediante il compimento di reati di corruzione e altri reati contro la pubblica amministrazione. La corruzione è risultata il collante dell’operatività generale del contesto d’indagine.
A finire in manette sono stati: il sindaco diMoio Alcantara, il responsabile dell’area servizi territoriali e ambiente del comune, oggi in quiescenza. Entrambi accettavano consistenti somme di denaro o relative promesse. Lo stesso sindaco, inoltre, favoriva vendite di materiale edile da parte di una società in cui vantava cointeressenze, per compiere specifici atti contrari ai doveri d’ufficio, così turbando la procedura di gara relativa al recupero del tessuto urbano locale, a favore di un imprenditore di Santa Teresa di Riva, oggi finito ai domiciliari.
In manette anche l’ex assessore ai lavori pubblici del comune di Malvagna, in carica fino all’ottobre del 2020. L’uomo, abusando della sua qualità e dei suoi poteri induceva il rappresentante di una ditta edile di Barcellona Pozzo di Gotto che si era aggiudicata i lavori a Malvagna a rifornirsi di materiale edile da una ditta di Randazzo, con lo scopo di agevolare l’associazione mafiosa oggetto d’indagine. Il titolare della ditta edile catanese, anche lui finito in carcere, dava solitamente del denaro all’amministratore pubblico.
Le indagini dei finanzieri di Messina, oltre a basarsi su attività tipiche di polizia giudiziaria quali intercettazioni, rilevamenti, pedinamenti, perquisizioni e sequestri, si sono avvalse del contributo di un collaboratore di giustizia, finito in carcere a seguito dell’operazione “Isola bella”. Il pentito ha svelato interessi mafiosi nel settore turistico e ha chiarito ai magistrati della DDA le dinamiche criminali insistenti nella fascia ionica della provincia peloritana.
Le indagini hanno chiarito quali fossero le modalità di ingerenza nella gestione degli appalti pubblici locali in affidamento diretto, ovvero come il tutto avvenisse attraverso l’imposizione di ditte gradite, tramite gli amministratori locali compiacenti che, quando non direttamente destinatari di provviste corruttive, ottenevano in cambio sostegno elettorale, così come illustravano le modalità di drenare provviste finanziarie attraverso il sistema delle sovrafatturazioni nei lavori pubblici.