“Un poeta genuino, poco incline alle mode del momento e geloso della propria autonomia, capace di operare una mirabile sintesi tra passato e presente, coniugando classicità e modernità”. Così Antonio Baglio descrive il poeta di Galati Mamertino, nel messinese, Nino Ferraù. Nelle scorse settimane è stato pubblicato il libro “Un solo rogo d’anima e di carne – Nino Ferraù, lettere d’amore a Maria (1956-1969)” a cura di Luciano Armeli Iapichino e Antonio Baglio.
“La vita è un libro con le pagine numerate, ma l’amore no, non deve conoscere la schiavitù dei numeri, né il timore della fine”. Questo è uno dei versi del poeta Ferraù forse poco conosciuto ai più, ma molto presente nella memoria di Galati Mamertino.
Nino Ferraù è noto al grande pubblico come apprezzato e prolifico poeta dallo stile fluido e dalla capacità comunicativa genuina e immediata. Attivo tra gli anni Cinquanta e Sessanta con la rivista “selezione poetica”, espressione della nuova corrente letteraria dell’ascendentismo, la conoscenza della sua opera è stata alimentata nel tempo da un prestigioso premio nazionale di poesia che il comune gli ha dedicato tra il 1985 e il 1992, di recente ripreso (dal 2018) e da una serie di pubblicazioni postume di raccolte poetiche realizzate grazie all’instancabile sforzo del fratello Pippo.
In questa ottica Antonio Baglio e Luciano Armeli Iapichino si stanno spendendo organizzando convegni, pubblicazioni e riattivando il concorso nazionale di poesia. La raccolta delle lettere d’amore a Maria pubblicato da Armenio Editore, rappresenta la forma essenziale di comunicazione tra persone lontane. Nelle lettere si rispecchiano i vari aspetti della poliedrica personalità dell’autore, il suo modo di vivere l’amore e i rapporti familiari, il vigore dei sentimenti, l’afflato religioso, il suo essere pedagogo e maestro nella piena identificazione tra arte e vita. Queste intime missive ne rivaleno la natura più autentica e acquistano valore anche come fonte d’informazione per la conoscenza dell’universo letterario del poeta.
Leggendo le lettere si scopre la storia d’amore tra il poeta, reduce dei travagli di un precedente matrimonio finito male e la giovane Maria Marchese Ragona (originaria di Canicattì e all’epoca studentessa alla facoltà di giurisprudenza a Palermo), cui si lega a partire dal 1956 fino a sposarla civilmente nel 1972. Si tratta della fase iniziale di un lungo rapporto che li terrà insieme fino alla morte del poeta avvenuta ne 1984, coronata dalla nascita, nel 1970, dell’unico figlio Vinenzo. Alle lettere Nino Ferraù affidava ansie, progetti, storie di una vita vissuta in città diverse: Messina, Galati Mamertino, Canicattì e Palermo, animata dal desiderio di rivedersi al più presto nei fine settimana e con l’obiettivo di ricongiungersi al termine del periodo di studi di Maria, superando le inevitabili difficoltà connesse alle consuetudini del tempo.
Un amore, quello tra Nino e Maria, che emerge tra passione travolgente, desiderio di costruire una famiglia, ricordo dei bei momenti trascorsi a Monte Pellegrino o altri luoghi divenuti custodi del loro amore e anche fatto di inevitabili scontri e delusioni. Una corrispondenza senza filtri tra innamorati, non finalizzata alla pubblicazione in un periodo storico in cui non esistevano cellulari o social e la scrittura era il canale privilegiato di comunicazione, avendo come veicolo essenziale la posta. Ogni ritardo nell’arrivo di una lettera faceva nascere una lite fra i due innamorati. Nonostante la prosa lineare e colloquiale, il linguaggio poetico affiora.
Fra le pagine ritroviamo anche i nomi del colonnello Salvatore De Maria, mentore e co-promoter delle iniziative editoriali di Ferraù; Frediano Frediani (Portoferraio nell’isola d’Elba), la mecenate Eugenia Golinelli (Bologna), il direttore della rivista “La procellaria”, Francesco Fiumara di Reggio Calabria; Vanni Pucci di Palermo; Virgilio Faini, Emo di Gilio, il marchigiano Giorgio Umani, il pugliese Vincenzo D’Ambrosio, Francesco Tonelli di La Spezia; Febo Delfi, Virgilio Brocchi, Giambattista Arrigo, Rino Ferrara, Walter Trillini e tanti altri scrittori ancora. Per non parlare di Salvatore Quasimodo e dell’editore Feltrinelli con cui si incontrò nel gennaio del 1961 e di cui riferisce l’allettante proposta che lo voleva fare restare a Milano come consulente editoriale.
Nino Ferraù non è stato solo un poeta, ma anche un insegnante alle scuole elementari e un autore di saggi, teorico dell’arte, narratore e persino pittore. “Sarebbe interessante avviare uno studio critico su Ferraù prosatore – prosegue Baglio – dando spazio e la dovuta attenzione ad altri aspetti dell’universo culturale dello scrittore siciliano. Fu un intellettuale a tutto tondo, distintosi per la profondità della riflessione e la varietà dei contenuti della sua produzione”.
Si aspetta la pubblicazione del secondo volume incentrato sul periodo 1960-63. “Nella narrazione di questa storia intima di un amore, nella stessa riscoperta di un discorso amoroso – dicono i due curatori Baglio e Armeli Iapichino – e di un linguaggio di così grande intensità e impatto, universali e senza tempo, in tanti potranno riconoscersi”.