Problematiche al carcere di Caltagirone, in provincia di Catania, denunciate da Armando Algozzino, segretario nazionale della Uil pubblica amministrazione polizia Penitenziaria, insieme a Nino Garofalo, segretario provinciale della Uil di Catania del comparto sicurezza.
Fra le criticità soprattutto carenze di organico, violenza sempre più diffusa tra i detenuti e verso la polizia penitenziaria, età media del personale troppo elevata e locali che necessitano di adeguamenti strutturali ed interventi urgenti a causa delle infiltrazioni di acqua.
I due esponenti sindacali esprimono forte preoccupazione per l’istituto, il terzo in Sicilia in termini di capienza per la popolazione detenuta. “La casa circondariale – spiega Armando Algozzino – è stata interessata, nel corso degli ultimi mesi, da episodi drammatici e di grave rilevanza penale: un suicidio nel 2020 e, più recentemente due omicidi dei quali l’ulimo, particolarmente efferato, nel dicembre scorso”.
Vi è stato anche un tentato omicidio, avvenuto nel blocco 10, emblematico del clima che si respira all’interno della struttura di contrada Noce: i detenuti del piano terra sono riusciti a bloccare un agente e ad impossessarsi delle chiavi e, saliti al primo piano, hanno picchiato a sangue altri ristretti. Avvenimenti estremamente critici che, di fattto, hanno contribuito a determinare ulteriori tensioni tra il personale e nella gestione degli stessi carcerati, con pesanti ricadute sullo svolgimento dei servizi.
“Fatti che hanno un preciso denominatore comune – osserva ancora il segretario nazionale – ovvero l’esiguità del personale che, di fatto, impedisce di tenere a bada l’aggressività fuori controllo di taluni soggetti, non di rado affetti da disturbi psichici rilevanti”.
Tra l’altro, l’adozione del regime di sorveglianza a vista da parte del presidio psichiatrico interno all’istituto, è ormai divenuta una condizione ordinaria. Giornalmente, almeno uno o due detenuti con problemi psichici rendono necessario l’impiego di tre unità nel corso delle 24 ore, per ogni singolo caso. Occorre aggiungere – sottolinea – che l’età media dei poliziotti penitenziari in servizio è di 50 anni: decisamente troppo elevata per gestire una situazione ormai fuori controllo”.
“Per ogni agente – specifica – ci sono tre detenuti: un rapporto preoccupante che testimonia l’estremo disagio nel quale opera il personale. Anche l’organico amministrativo registra gravi carenze in termini di figure a livelli preposti allo svolgimento dei vari ruolo. Il blocco 25 deve essere ristrutturato a partire dal rifacimento del tetto, i blindi di notte non si possono chiudere perché i pavimenti sono rigonfi a causa delle infiltrazioni d’acqua, ma la soluzione individuata dall’amministrazione, ovvero spostare al 50 i detenuti attualmente ospiti, è irricevibile perché gli interventi da attuare sono poderosi e richiedono molto tempo per essere completati”.
“Il personale – aggiunge Nino Garofalo – è allo stremo e opera in una condizione di esasperazione e stress: le ferie sono bloccate malgrado gran parte delle unità in servizio le avanzino già a partire dal 2021”. A generare sconforto, secondo l’esponente sindacale, contribuirebbe anche l’assenza di risposte da parte dell’amministrazione.
“Una condizione di abbandono a tutti i livelli – spiega il segretario provinciale – che rischia di amplificare la percezione dell’assenza di soluzioni adeguate per questo segmento dello Stato: ciò, naturalmente, influisce profondamente sul senso di appartenenza”.
La situazione del carcere di Caltagirone è peggiorata nel corso degli ultimi anni, con l’avvento della pandemia.