Quattro persone sono state indagate, a vario titolo, a Catania, per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. I carabinieri della compagnia di piazza Dante, supportati dai reparti specializzati dell’ARma, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Catania.
L’indagine trae origine dal rinvenimento del cadavere del pescatore catanese G.S., 57 anni, avvenuto il 20 febbraio 2021, quando alle 06.37 era stata segnalata al 118 la presenza di un corpo esanime disteso supino nel cortile antistante una palazzina di case popolari in via Toledo.
Resisi inutili i soccorsi, i Carabinieri intervenuti immediatamente sul posto, dopo aver identificato il corpo, ispezionato il suo cellulare ed escusso tutti i possibili testimoni nonché gli abitanti della palazzina in questione, hanno focalizzato e indirizzato l’attività investigativa su un possibile traffico di sostanze stupefacenti proprio all’interno di quello stabile ove la vittima, alle prime ore di quella mattina, si era probabilmente recata per acquistare cocaina, di cui da qualche tempo ne era diventato dipendente. Tale ipotesi investigativa, ha trovato immediato riscontro sia dall’analisi delle telecamere di videosorveglianza presenti nella zona, che dall’esito dell’esame autoptico sul cadavere dal quale è emerso che la morte dell’uomo era da ricondurre ad un infarto del miocardio complicato da una rottura del cuore a seguito di una acuta intossicazione di cocaina in un soggetto assuntore abituale.
I militari del Nucleo Operativo di Piazza Dante hanno quindi prontamente intrapreso una serie di attività tecniche (intercettazioni telefoniche ed ambientali) che hanno consentito di disvelare come all’interno dell’abitazione sita al terzo piano della palazzina di via Toledo 51, in uso a CANNONE Giuseppe, cl. 1968, già noto alle forze dell’ordine per precedenti specifici, vi fosse una vera e propria piazza di spaccio a gestione familiare, diretta dallo stesso CANNONE avvalendosi della stretta collaborazione della compagna LITRICO Alfia, cl.1979, della cognata LITRICO Adriana, cl. 1993, e di suo marito D’IGNOTI PARENTI Alfio, cl. 1990.
L’attivitàinvestigativa ha permessonon solo di ricostruire le ultime ore di vita del pescatore il quale, al termine di una notte di lavoro in mare, aveva deciso di acquistare cocaina dalla famiglia CANNONE e di assumerla subito, prima di rientrare a casa, sottoponendo il cuore, già affetto da altre patologie connesse con la sua dipendenza, ad un grado di tossicità irreversibile e tale da provocare un fulminante arresto cardiaco che lo colpiva a pochi metri dalla palazzina, ma anche di far emergere la fiorente e strutturata attività di spaccio ivi presente, prevalentemente di crack e cocaina, in cui ciascuno degli odierni destinatari di misura cautelare aveva un ruolo ben delineato. In particolare, CANNONE Giuseppe, oltre e a mettere a disposizione la propria abitazione, dirigeva le operazioni, organizzava il confezionamento e la vendita dello stupefacente, riceveva le ordinazioni e spesso lo cedeva in prima persona; D’IGNOTI PARENTI Alfio, seguiva le disposizioni del cognato, occupandosi principalmente della vendita al dettaglio anche in orario notturno; mentre le sorelle LITRICO Alfia e Adriana, partecipavano attivamente al progetto criminoso dei compagni, preparando quotidianamente le dosi di stupefacente destinate alla vendita nonché tenendo la contabilità dei proventi dell’attività illecita.
Numerosi sono stati gli episodi di spaccio documentati dai militari dai quali è emerso come, nei giorni immediatamente successivi all’infausta morte, l’attività illecita della famiglia CANNONE non si fosse interrotta ma avesse soltanto ingenerato negli indagati la decisione di evitare la vendita indiscriminata di stupefacenti agli acquirenti sconosciuti che continuavano a presentarsi fuori la loro porta (come nel caso della vittima G.S.), e quindi di privilegiare le cessioni di quantitativi più consistenti di stupefacente esclusivamente ad acquirenti di fiducia.
CANNONE e D’IGNOTI PARENTI sono stati sottoposti alla misura cautelare in carcere, mentre le donne LITRICO Alfia ed Adriana sono state sottoposte agli arresti domiciliari.