È stata denominata Market place, la vasta operazione antidroga condotta dagli agenti della polizia di Stato a Messina. Colpite due organizzazioni criminali che si contendevano il controllo della piazza di spaccio del popoloso quartiere Giostra. Eseguite decine di misure cautelari personali e sequestri patrimoniali.
Il rione di Gostra era divenuto teatro di un aspro scontro tra i gruppi delinquenziali degli Arrigo e dei Bonanno per il controllo del territorio e del redditizio mercato della droga. Le indagini hanno permesso di far luce su alcuni efferati ferimenti perpetrati in città, a colpi d’arma da fuoco, tra il 2016 e il 2017, dimostrando come essi fossero riconducibili a contrasti tra compagini delinquenziali che cercavano di affermare il proprio controllo dell’attività di traffico e di spaccio minuto di sostanze stupefacenti nel popoloso quartiere di Giostra.
Le intercettazioni telefoniche ed ambientali, la visione delle immagini delle telecamere di osservazione, i tantissimi servizi dinamici sul territorio e gli innumerevoli riscontri all’attività di spaccio ( più di 1.000 gli episodi di cessione documentati) hanno portato all’emersione di una vera e propria centrale dello spaccio localizzata nel plesso di case popolari in via Seminario Estivo. Ad avvalorare l’imponente quadro indiziario anche le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia.
Nell’operazione antidroga sono state eseguite 52 misure cautelari personali e sequestri patrimoniali. In carcere sono finite 26 persone; altre 13 sono finite ai domiciliari e altrettante 13 hanno ricevuto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Sequestrati immobili (tra appartamenti e garage-cantine), autoveicoli, motoveicoli e altre utilità economiche.
L’operazione Market place rappresenta l’epilogo delle più recenti indagini condotte dalla squadra mobile e condotte dalla DDA di Messina. Tutto nasce dall’agguato avvenuto il 25 gennaio del 2017 ai danni di due uomini, padre e figlio, raggiunti da qualcuno che, a bordo di uno scooter, esplose al loro indirizzo dei colpi d’arma da fuoco per poi scappare. I colpi, sparati con un fucile, raggiunsero i due uomini ferendoli agli arti inferiori.
Giorni dopo, nella stessa zona, veniva incendiata una Smart in uso al figlio mentre pochi mesi prima, a settembre del 2016, un parente dei due uomini, era rimasto vittima di un attentato analogo. Gli episodi sembravano tra loro collegati e sono divenuti oggetto di approfondimento da parte dei magistrati della direzione distrettuale antimafia messinese e degli investigatori della squadra mobile.
Immediatamente le indagini si erano indirizzate sulle componenti malavitose operanti nel quartiere di Giostra e si sviluppavano scandagliando le dinamiche criminali, soprattutto nell’ambito del traffico di droga, che interessavano quel rione popolare cittadino. Nel bar erano stati esplosi dei colpi d’arma da fuoco contro diversi soggetti lì riuniti. Tutto lasciava presupporre che, attorno al popoloso quartiere cittadino, ruotassero interessi da parte di più cellule criminali che, armi alla mano, si stavano affrontando per contendersi la supremazia sul territorio ed assicurarsi i migliori proventi derivanti dagli illeciti affari in materia di importazione e commercializzazione degli stupefacenti. Le intercettazioni telefoniche e ambientali, la visione delle immagini delle telecamere di osservazione, i tantissimi servizi dinamici sul territorio e gli innumerevoli riscontri all’attività di spaccio hanno condotto gli agenti a scoprire l’articolata organizzazione criminale operante a Giostra, dedita alla gestione di un imponente traffico di droghe di diverse tipologie destinate ad essere immesse sul mercato con la creazione di una vera e propria centrale dello spaccio.
La struttura criminale era articolata in punti vendita collocati nelle diverse palazzine del complesso, gestiti da vari associati e utilizzati sia per lo smercio al dettaglio ai tossicodipendenti, sia come base per la distribuzione degli stupefacenti e a molti pushers, di regola anch’essi clienti, che provvedevano a loro volta allo spaccio al minuto per autofinanziarsi, contribuendo ad incrementare il mercato del sodalizio. In ogni appartamento preposto alla rivendita e gestito da uno dei sodali (di regola un membro della famiglia interessato) la collaborazione del nucleo familiare spesso allargato, consentiva il protrarsi dell’attività giorno e notte senza fermarsi assolutamente.
Il complesso popolare era la roccaforte del gruppo criminale, munita di impianti di videosorveglianza a controllare gli accessi permettendo, con schermi collocati nelle varie case, la tempestiva constatazione della presenza delle forze dell’ordine. Non solo, a volte veniva utilizzato il “metodo del passaparola” e c’erano le vedette che erano pronte ad avvistare le forze dell’ordine. L’associazione poteva avvalersi di un’ampia rete di fornitori, indispensabile a garantire il costante flusso di droga (cocaina, marijuana, hashish, skunk) che consentiva di far fronte ad un’incessante domanda d’acquisto.
A far crollare il complesso spaccio di droga, era stata la testimonianza di un collaboratore di giustizia che ha definito la zona “la Scampia di Messina”. L’indagine ha portato alla luce un modus operandi ricorrente nella cessione della droga, effettuato secondo uno schema fisso che prevedeva la ricezione dell’ordine davanti alla porta di casa, l’attesa dell’acquirente sul pianerottolo e la consegna della droga sempre all’esterno dell’abitazione. Se il referente principale non riusciva ad effettuare il lavoro, la distribuzione della sostanza stupefacente veniva gestita dagli altri membri della famiglia, sempre nella stessa palazzina, o demandata ad altri soggetti che gestivano le altre piazze di vendita riconducibili allo stesso gruppo criminale.
La posizione centrale nel gruppo criminale era ricoperta dall’uomo ferito nell’agguato (il padre) che, secondo le indagini, ricopriva importanti funzioni di coordinamento delle diverse piazze di spaccio del comprensorio e di gestione del fiorente traffico illecito, curando l’approvvigionamento della droga, gestendo le negazioni sui quantitativi e sui prezzi, decidendo se e a chi condonare un debito o concedere uno sconto per l’acquisto di droga e risolvendo altre eventuali problematiche, per lo più connesse ai controlli delle forze dell’ordine per esempio con il ricorso a delle vere e proprie vedette che potessero dare notizia dell’arrivo di persone o auto sospette. Ciascuno degli indagati era aiutato nell’attività di spaccio dai familiari: fratello, moglie, suocera, cognati e altri.
Tutti i soggetti, al pari dei numerosi altri destinatari dei provvedimenti cautelari fornivano il loro contributo all’associazione indirizzando i clienti, segnalando eventuali situazioni sospette e rendendosi protagonisti di alcuni episodi di cessione.
Inoltre, le indagini hanno evidenziato l’esistenza di un’altra organizzazione criminale, anch’essa operante nel quartiere Giostra, dedita all’acquisto, alla detenzione e alla cessione di cocaina, marijuana e hashish, nonché allo spaccio al minuto di tali sostanze, nonché allo spaccio al minuto di tali sostanze. Quest’ultima associazione, inoltre, poteva contare sulla disponibilità di armi da utilizzare per assicurare un efficace controllo del territorio e del mercato dello spaccio. Una disponibilità avvalorata non solo dai ferimenti dai quali l’indagine ha tratto spunto, ma anche dalle conversazioni captate, dalle immagini raccolte e visionate.
Elementi cui deve aggiungersi anche, seppur a carico di ignoti, quello del rinvenimento di munizioni del 23 giugno 2017, in uno spazio condominiale delle case popolari oggetto di indagine.
IL Gip, inoltre, ha disposto il sequestro preventivo di beni mobili, immobili ed utilità economiche presenti in conti correnti riferibili ai destinatari della misura cautelare. Il tutto per un valore complessivo di oltre 300 mila euro per il rintraccio e la cattura dei destinatari del provvedimento restrittivo.
Agli arresti sono finiti: Antonio Ardizzone, 55 anni; Davide Puleo, 34 anni; Carmelo Amante, 45 anni; Angelo Arrigo, 33 anni; Antonino Arrigo, 48 anni; Paolo Arrigo, 31 anni; Antonio Bonanno, 39 anni; Giuseppe Bonanno, 68 anni; Filippo Cannavò, 39 anni; Pasquale La Rosa, 43 anni; Giosuè Orlando, 29 anni; Carlo Pimpo, 40 anni; Pasquale Rossano, 27 anni; Stello Rossano, 23 anni; Eugenio Sebenico, 42 anni; Gianluca Siavash, 32 anni; Antonino Stracuzzi, 60 anni; Girolamo Stracuzzi, 38 anni; Vittorio Stracuzzi, 35 anni; Marco Talamo, 24 anni; Carmelo Prospero, 38 anni; Carlo Altavilla, 35 anni; Alessandro Martinez, 33 anni; Gaetano Barbera, 51 anni; Simone Rolla, 55 anni e Salvatore Rolla, 54 anni.
Arresti domiciliari, invece, per Marzia Agliolo Quartalaro, 39 anni; Veronica Vinci, 35 anni; Concetta Assenzio, 55 anni; Ramona Assenzio, 43 anni; Edoardo Puglisi, 46 anni; Alessandro Ragonese, 47 anni; Alessia Stracuzzi, 29 anni; Manuela Valente, 31 anni; Luigi Vinci, 41 anni; Natale Viola, 48 anni; Beatrice Rossano, 31 anni; Maria Barbera, 47 anni e Giuseppa Brigandì, 59 anni.