Un micro telefono cellulare è stato trovato durante una perquisizione nel carcere di Giarre, in provincia di Catania. Il fatto si è verificato intorno al 19 aprile scorso. Il telefono è stato spontaneamente consegnato da un detenuto all’ispettore capo della polizia penitenziaria Gianni Trumino, entrato da solo all’interno della cella per effettuare dei controlli.
A darne notizia è Armando Algozzino, segretario nazionale della Uil pubblica amministrazione della polizia penitenziaria che torna così a denunciare i gravi disagi dell’istituto, una struttura molto ampia a custodia attenuata.
“Il dispositivo mobile è stato consegnato all’ispettore, coordinatore della sorveglianza generale – spiega l’esponente sindacale – dopo che quest’ultimo aveva comunicato allo stesso ristretto di voler procedere personalmente ad una perquisizione nella camera di pernotto”.
Il detenuto, con un gesto del tutto inaspettato, ha aperto la cerniera della felpa che indossava e ha consegnato, oltre al cellulare nero, completo di sim e cavetto dell’alimentazione, anche un paio di forbici di piccole dimensioni con punte annerite. I toni sono stati “garbati e distesi”, ma il detenuto non ha fornito alcuna spiegazione in merito alla provenienza del materiale che è stato sequestrato e custodito per le successive incombenze di ritoo.
“Ancora una volta, la professionalità e l’accuratezza del personale della polizia penitenziaria – afferma il segretario – hanno fatto la differenza: grazie dunque all’ispettore capo che ha gestito con grande padronanza una situazione difficile, in un istituto dove la carenza di organico è drammatica”. L’ispettore capo Gianni Trumino, nello specifico, ha sventato più volte simili azioni illecite da parte dei detenuti.
Un episodio non isolato, come precisato dallo stesso Algozzino. “Non di rado – spiega – il personale blocca l’introduzione di materiale dall’esterno all’interno effettuando numerose azioni di polizia che si affiancano, ovviamente, al servizio prestato quotidianamente”.
“Un plauso, in particolare, va indirizzato alle unità più anziane – aggiunge – che conoscono alla perfezione la condizione della struttura, le cui dimensioni rendono molto difficili i controlli”. “Al netto di sei ispettori e due commissari, attualmente nell’Istituto sono presenti soltanto diciannove tra agenti e assistenti – sottolinea – e ovviamente si tratta di numeri del tutto insufficienti rispetto alle esigenze interne e alle quarantasette unità stabilite dalla commissione nazionale e previste nella pianta organica : una situazione aberrante che compromette anche la possibilità di usufruire di congedi e riposi.
La conseguenza – aggiunge – è che gli ispettori e i commissari, pur essendo presenti in congruo numero, non svolgono il loro effettivo ruolo perchè sopperiscono alle carenze in atto. Occorrerebbero almeno tra dieci e quindici unità in più da immettere immediatamente in servizio – precisa – per rispondere adeguatamente alle esigenze dell’amministrazione”.
Il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria aveva cercato di risolvere la situazione attraverso una graduatoria per incrementare l’organico, “ma i risultati sono stati modesti – racconta il segretario – il personale in servizio è ormai esausto e attende da anni che lo stato delle cose cambi”.
“Ma soprattutto – sottolinea ancora il segretario – c’è la necessità di investire sulla funzionalità dell’Istituto: basti pensare che il block house funziona con le telecamere a distanza”