Un patrimonio di oltre 8 milioni di euro è stato sequestrato a Michele Licata, il “re” delle sale di intrattenimento di Marsala, nel trapanese. Oggi il decreto di sequestro prevetivo emesso dal tribunale di Marsala, Lorenzo Chiaramonte, è stato eseguito dagli agenti della guardia di finanza.
Si tratta del sequestro finalizzato alla confisca disposta dal tribunale di Marsala contestualmente alla condanna inflitta a Licata, alla moglie, alle tre figlie e al genero lo scorso 18 marzo.
L’esecuzione del sequestro è l’epilogo di una lunga ed articolata vicenda giudiziaria che ha coinvolto il noto imprenditore marsalese inizialmente per una serie di gravi e reiterate condotte di frode fiscale e di truffa aggravata per il conseguimento di finanziamenti comunitari e successivamente reati ascrittigli dall’autorità giudiziaria sulla base delle fonti di prova acquisite a suo tempo dai militari in forza al nucleo di polizia economico finanzaria di Trapani.
Le fiamme gialle avevano effettuato delle approfondite indagini nel biennio 2014-2015 nei confronti delle società amministrate “di diritto” e “di fatto” da Licata stesso, operanti nell’ambito della ristorazione, del banqueting, dell’intrattenimento e del settore turistico-alberghiero, erano giunti ad individuare e quantificare il vorticoso volume d’affari generato dalle fatture false che Licata, da anni, utilizzava nela propria attività, pari ad oltre 25 milioni di euro.
Gli accertamenti hanno permesso di qualificare l’evasione fiscale così rilevata in capo alle società di Licata e del proprio nucleo familiare, in particolare alla Roof Garden, alla Rubi e alla Delfino srl, come finalizzata, oltre che all’abbattimento della base imponibile, all’artificiosa creazione dei presupposti di ammissione alle provvidenze comunitarie stanziate per il comparto turistico-alberghiero.
Le successive indagini hanno permesso di rilevare come Licata fosse riuscito a gestire in modo illecito anche i proventi dei reati contestatigli, con l’intento di sottrarsi, oltre che al pagamento di ulteriori imposte dovute, anche all’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale eseguita nei suoi confronti. In particolare, specie attraverso l’utilizzo spasmodico di contanti ed assegni circolari, nel corso di una sola perquisizione domiciliare i militari in forza al nucleo ne sequestrarono per oltre un milione di euro, l’imprenditore marsalese era riuscito ad appropriarsi indebitamente degli utili prodotti dalle proprie imprese e a reimpiegari, spesso servendosi di rapporti bancari intestati ai propri familiari, in una molteplicità di investimenti finanziari (prodotti e quote finanziarie).
L’analitica ricostruzione delle movimentazioni finanziarie consentiva di rilevare l’entità delle somme riciclate e reimpiegate ad esclusivo vantaggio di Licata e dei suoi familiari, consentendo all’Autorità giudiziaria di richiederne e di ottenerne dal tribunale di Marsala il sequestro preventivo, oggi eseguito dalle fiamme gialle trapanesi.