Nuovo sequestro della polizia di Stato e della procura della Repubblica, DDA, nei confronti di indiziati mafiosi di Catania. nei giorni scorsi sono stati sequestrati beni a carico di Giovanni Pantellaro, 57 anni, pluripregiudicato della cosca mafiosa Cappello-Carateddi, attualmente in carcere.
Il sequestro è stato effettuato a tre imprese individuali nel settore dell’abbigliamento e casalinghi, con stazionamento fisso presso lo storico e giornaliero mercato all’aperto della fiera di Piazza Carlo Alberto, esercitate con autorizzazioni amministrative di Tipo A rilasciate dal comune di Catania nel 2013 a terzi, nel 2015 allo stesso proposto e nel 2017 a familiare convivente, le cui attività commerciali sono state ritenute riconducibili a Pantellaro.
Il decreto di sequestro ha interessato tre immobili (una villetta in zona Ippocampo-San Francesco alla Rena; un appartamento con garage in zona Viale Rapisardi) nonché dei saldi attivi di diversi rapporti bancari/finanziari formalmente intestati a familiari, ma riconducibili all’uomo.
La complessa attività di indagine ha permesso di riscontrare, per la prima volta, le infiltrazioni della criminalità organizzata catanese nello storico mercato detto “Fera o luni” di Catania, evidenziando l’interesse dell’organizzazione mafiosa a mantenere il controllo di determinate attività commerciali di vario genere, acquisendo autorizzazioni e concessioni amministrative intestate anche a terzi.
Le indagini hanno prima riguardato l’attuale e qualificata “pericolosità sociale” di Giovanni Pantellaro
“pericolosità sociale” di PANTELLARO Giovanni, figura apicale della consorteria mafiosa “Cappello – Bonaccorsi”, essendo riconosciuto da diversi collaboratori di giustizia quale responsabile del predetto clan, in particolare del gruppo organizzato e diretto da SALVO Salvatore Massimiliano, inteso “Massimo u Carruzzeri” (in atto ristretto al 41 bis O.P.), per aver preso il posto di LOMBARDO Salvatore Giuseppe, detto “Salvuccio u Ciuraru”, dopo l’arresto di quest’ultimo.
La “pericolosità sociale” del proposto è stata ricavata dai suoi innumerevoli precedenti di polizia, in particolare, minaccia, lesioni personali aggravate, associazione per delinquere finalizzata alla truffa e tentativo di truffa ai danni di compagnie assicurative.
Nell’operazione antimafia Camaleonte del 23 giugno 2020 era stato arrestato Giovanni Pantellaro insieme ad altri numerosi esponenti del clan Cappell-Bonaccorsi per i reati di associazione mafiosa. Successivamente sono stati esaminati gli investimenti effettuati dallo stesso arrestato negli anni in cui si è manifestata la sua pericolosità sociale. Dal 2012 al 2019, individuando contestualmente, in un quadro di evidente sperequazione, i beni acquistati e riconducibili al predetto nel periodo temporale individuato, assicurando la necessaria correlazione tra acquisizione e pericolosità sociale.
L’analisi dei flussi finanziari entrate-uscite, sviluppata dai “patrimonialisti” della Divisione Anticrimine e della Squadra Mobile ha evidenziato, anno per anno, nel periodo preso in considerazione, una forte sperequazione tra i redditi del proposto e del suo nucleo familiare e i beni, anche fittiziamente intestati a terzi, nella disponibilità di PANTELLARO Giovanni, che sono stati ritenuti frutto e reimpiego dei proventi delle attività illecite commesse dall’interessato in seno al clan mafioso di appartenenza.
Dai continui saldi negativi degli anni analizzati, in assenza di adeguate entrate lecite, il Tribunale – Misure di Prevenzione – recependo la proposta del Procuratore e del Questore ha ritenuto che, nel periodo in esame, Giovanni Pantellaro e il suo nucleo familiare abbiano ricavato vantaggi economici dagli illeciti traffici cui il predetto era dedito e che i beni acquisiti, poiché viziati sin dall’origine, vadano sottratti dal circuito dell’economia legale. Il valore dei beni sequestrati è stimato in almeno 500 mila euro.