Favoreggiamento personale con finalità di terrorismo. È questo il reato di cui dovrà rispondere il tunisino Nouri Ejjed arrestato dagli agenti della guardia di finanza in esecuzione di un provvedimento emesso dalla Dda del capoluogo.
Ejjed, 50 anni, da tempo residente in Sicilia, è accusato di aver favorito la latitanza prima e la fuga all’estero poi del ricercato internazionale Abidi Aymen, destinatario di mandato di cattura europeo. Un mandato spiccato dall’autorità giudiziaria della repubblica federale di Germania, perché responsabile di tentato omicidio, commesso in Lipsia il 9 aprile 2020, garantendogli dapprima rifugio e ospitalità in Sicilia e poi offrendogli la possibilità di rifugiarsi in Tunisia.
Aymen, dopo i fatti di sangue di Lipsia, braccato dalle forze di polizia tedesche, era riuscito a lasciare clandestinamente la Germania, rifugiandosi in Italia, precisamente a Firenze, dove il 23 luglio 2020 era stato rintracciato ed arrestato da agenti della squadra mobile che lo associavano nel carcere di Solliciano.
Il 17 settembre dello stesso anno, all’interno del palazzo di giustizia del capoluogo toscano, dove era stato tradotto per comparire dinanzi alla competente corte d’appello per le procedure di rito conseguenti al suo arresto, mediante l’uso di violenza, riusciva a sottrarsi alla vigilanza del personale della polizia penitenziaria ed evadere, facendo nuovamente perdere le proprie tracce.
Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Sabella e dai sostituti Calogero Ferrara e Renza Cescon della Dda di Palermo e condotte dai militari del nucleo di polizia economico-finanziaria di Agrigento hanno dimostrato che Abidi, sul finire di settembre 2020, raggiungeva la Sicilia, trovando sicura accoglienza, per oltre un mese, in un’abitazione di un piccolo centro della provincia di Trapani.
Il 28 ottobre del 2020 il ricercato tunisino è stato trasferito in un capanno ubicato nei pressi di un molo di una nota cittadina rivierasca del trapanese. Da qui il 31 ottobre veniva fatto imbarcare su un gommone diretto in Tunisia, poi riutilizzato per introdurre cittadini extracomunitari nel territorio nazionale. Raggiunte le coste tunisine, Abidi veniva preso in consegna da un sodale del fermato. Nelle intercettazioni agli atti d’indagine Ejjed si diceva orgoglioso, nonostante il rischio di essere arrestato, di aver assicurato la fuga all’estero di Abidi che rischiava di essere condannato in Germania per fatti legati ad attività terroristiche.
Il provvedimento di fermo è stato necessario perché Ejjed, avendo il sospetto di essere indagato e temendo di poter essere arrestato, aveva pianificato di scappare a sua volta in uno stato estero dove poteva contare sull’appoggio di propri familiari.