A Messina e provincia sono 25 le persone denunciate per illecita percezione di reddito di cittadinanza. Il tribunale di Messina ha disposto il sequestro delle somme. I finanzieri hanno dato esecuzione al decreto di sequestro preventivo delle somme indebitamente percepite da diversi soggetti non aventi diritto al beneficio del reddito di cittadinanza, in quanto condannati a titolo definitivo nell’ultimo decennio per reati di mafia, ovvero familiari di soggetti condannati per gli stessi reati.
Gli specialisti delle fiamme gialle di Messina, collaborando anche con l’Inps, hanno espletato una serie di indagini tese ad individuare e reprimere condotte penalmente rilevanti, finalizzate all’illecita riscossione del reddito di cittadinanza. Somme che devono essere riconosciute ai nuclei familiari che siano in possesso dei requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno, reddituali e patrimoniali oltre che non essere stati condannati, nell’ultimo decennio, cno sentenza passata in giudicato per reati di mafia.
I venticinque soggetti avrebbero effettuato una frode di circa 330 mila euro perpetrata da soggetti condannati per reati di mafia e/o loro familiari che avevano fraudolentemente omesso di dichiarare il proprio status nell’istanza per ottenere il benficio.
I soggetti condannati per reati di tipo mafioso fanno parte, a vario titolo, del clan di maggiore spicco di Messina e provincia quali: Santapaola-Romeo, Sparacio, Spartà, Galli, Batanesi-Bontempo Scavo, De Luca, Mangialupi, Camaro, Tortoriciani, Ventura, Ferrante e Cintorino.
Tra le principali attività illecite, per le quali i soggetti coinvolti nell’indagine risultano essere condannati, spiccano le estorsioni, l’usura, il traffico di sostanze stupefacenti, il voto di scambio, il maltrattamento e l’organizzazione di competizioni non autorizzate di animali.
All’esito delle analisi condotte, il Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Messina, accogliendo la proposta della locale Procura della Repubblica, ha pertanto disposto il sequestro delle somme indebitamente percepite, per l’ipotesi di reato prevista dall’art. 7 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, per l’illegittima percezione del reddito di cittadinanza che, nei casi più gravi, prevede la reclusione da 2 a 6 anni.