“Due passi avanti e quattro indietro”. Così il presidente degli architetti di Catania, Alessandro Amaro. Amaro si riferisce in particolare a due questioni. La prima è il progetto di restyling dell’area verde davanti palazzo d’Orleans a Palermo, al centro di numerose polemiche e la seconda è il nuovo polo museale all’interno dell’ex ospedale Vittorio Emanuele di Catania. quest’ultimo è proprio oggetto di un bando per il “restauro, la rifunzionalizzazione e l’allestimento” del padiglione che ospiterà il museo dell’Etna”.
“Nell’ultimo anno – dichiara Amaro – siamo riusciti a portare avanti la battaglia legata ai concorsi di progettazione in due fasi che mette finalmente al centro il progetto, ampliando la platea dei partecipanti, riducendo i tempi burocratici e garantendo trasparenza nei processi d’affidamento. Basti pensare al centro direzionale della regione siciliana che accoglierà tutti gli edifici dell’amministrazione; e alla cittadella giudiziaria del capoluogo etneo, un’opera riuscita, nata da un iter condiviso che rilancerà l’architettura contemporanea di qualità”.
“Adesso invece torniamo indietro nel tempo, con l’affidamento dei progetti agli uffici interni dell’Ente e con bandi restrittivi che aprono le porte solo ai grandi studi, escludendo giovani e professionisti d’eccellenza. Nel primo caso – quello del “Giardino” voluto da Musumeci – con progetti superati che ci catapultano a 40 fa (palle in marmo, catene nere e fontane); nell’altro caso, invece, con un bando che solleva non poche perplessità per le sue “legittime” ma fin troppo specifiche e dettagliate richieste». Per progettare il nuovo Museo dell’Etna, infatti, si richiede un architetto con Diploma di Specializzazione in Beni architettonici e del paesaggio, che in un solo mese (questo il tempo a disposizione) dovrà produrre 20 schede in formato A3 e 5 tavole in formato A1, un portfolio con curricula (di max 40 pagine!) e una descrizione tecnica illustrativa dettagliata (”azioni e soluzioni da rispettare, ridefinizione degli spazi, percorsi fluidi e avvincenti”), che dovrà praticamente contenere il progetto preliminare: “Requisiti che la stessa Regione non richiede per un analogo bando su Messina: la progettazione della “Cittadella della Cultura” (ex Complesso ospedaliero Regina Margherita)”.
“Perché opere di grande valenza estetica e culturale devono finire nel tritacarne? Chiederemo ufficialmente di modificare le procedure – conclude Amaro – per rimettere al centro il progetto e non i progettisti sulla base di requisiti e fatturati. Credevamo fosse una questione ormai superata – già discussa e condivisa in diversi incontri – ma evidentemente non è così. Cominceremo per l’ennesima volta questa battaglia”.