Beni per un valore di circa 100 mila euro sono stati confiscati dalla guaradia di finanza a Salvatore Cappello, detto “Turi Cappello”, attualmente detenuto al regime del 41 bis e a Maria Rosaria Campagna, anche lei detenuta.
Passano così nella disponibilità dello Stato alcuni dei beni di Cappello che erano stati già oggetto di approfondite indagini da parte del pool composto da poliziotti della divisione di polizia anticrimine e della squadra mobiel catanesi, sfociati in una proposta d’applicazione di misura di prevenzione reale a irma congiunta tra il procuratore della Repubblica e il questore di Catania.
La proposta avanzata al tribunale sezione misure di prevenzione ebbe coronamento nel 2019 quando, in accoglimento delle tesi sulla loro illecita provenienza, tali beni vennero posti sotto sequestro. La scorsa settimana è stato emanato il decreto con cui la sezione del tribunale ha disposto la confisca di una società operante nel settore della ristorazione riconducibile al noto Salvatore Cappello, conosciuto nell’ambiente mafioso come Turi Cappello.
Questi è ritenuto capo indiscusso, il promotore e l’organizzazione dell’omonima cosca mafiosa ed è stato condannato all’ergastolo per associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, omicidi, estorsioni, rapine, evasione, detenzione e porto illegale di armi e altro.
L’azienda confiscata, con sede a Napoli, riporta l’insegna “I 2 vulcani”: una denominazione che evoca l’unione delle città di Catania e di Napoli, la prima città di origine di Cappello e la seconda di Maria Rosaria Campagna, compagna di Cappello.
Il provvedimento di confisca di beni ha riguardato anche la confisca di un immobile intestato al figlio del boss Salvatore Santo cappello, anche questo a Napoli e la confisca di un motociclo intestato a Campagna.
Le indagini che hanno portato alla proposta di sequestro, che è poi sfociato nell’attuale confisca ha analizzato la crescita delle capacità patrimoniali di Salvatore Cappello in un arco temporale che va dal 2004 al 2017, accertando una serie di investimenti orientati sia all’acquisto di beni, sia all’avvio di esercizi pubblici e di imprese che, seppur formalmente intestati a prossimi congiunti e a terzi estranei, erano riconducibili tutti a Salvatore Cappello e alla compagna Maria Rosaria Campagna.
Cappello, così come affermato nelle dichiarazioni accusatorie di collaboratori di giustizia e come si evince dalle intercettazioni telefoniche e ambientali eseguite, durante la detenzione sofferta ha mantenuto un durevole ruolo centrale nella gestione degli interessi economici del clan, operato anche attraverso la Campagna che svolgeva per lui il compito di messaggera verso i sodali del clan, riuscendo ad impartire le istruzioni operate per la gestione dell’associazione criminale.
È stato disposto a carico di Salvatore Cappello l’aggravamento per un ulteriore periodo di un anno della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, già applicata con distinti decreti emessi dal tribunale di Catania nel 1999 e nel 2007, oltre al connesso versamento di una somma a titolo di cauzione.
Nei confronti della compagna di Cappello, Maria Rosaria Campagna, invece, è stata disposta la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di polizia con obbligo di soggiorno per 3 anni.
Campagna, inoltre, è stata condannata per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti. il 13 gennaio 2017, sia Salvatore Cappello che la compagna erano stati coinvolti, insieme ad altri 30 indagati, nell’operazione denominata Penelope. Nei loro confronti il Gip del tribunale di Catania dispone la custodia cautelare in carcere, per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso commessi dal 2012 al 2017.