Anche quest’anno ritorna alle Orestiadi il progetto under 35 #cittàlaboratorio, grazie alla collaborazione con il teatro Biondo e Scena Aperta di Palermo, quest’anno con ben quattro anteprime di giovani e promettenti artisti siciliani. Ad aprire il week end venerdì 31 luglio dalle 19:00 alle 20:00 la presentazione del libro: Lo splendore del niente e altre storie di Maria Attanasio.
Si parte venerdì 31 luglio alle ore 20,45 (Baglio di Stefano) con Felice Cani (menzione premio #cittàlaboratorio20, regia di Danilo Fodale, testo originale e drammaturgia di Giuseppe Ingrassia), prodotto da Collettivo Onirico: “Qual è il colmo per un vecchio pagliaccio infermo padrone di circo? Chiamarsi Felice! La mia vita meraviglia nacque a Trapani nel ’40 dallo sticchio di mia madre e da un rinomato notaio siculo. Emunì Felice, a mamma, tu sei tagliato e cusuto per fare il futuro chiruggo! No mamma! A mìa mi commuovono le cose più semplici, attipo “Senza fine” di Gino Paoli, i titoli di testa di Star Wars e il rigore decisivo di Fabio Grosso ai mondiali del duemilaessei.”
Felice Cani è un vecchio pagliaccio paralitico dall’esistenza sgrammaticata, dolce e insolente. Stanco del suo non-mondo privato, decide di diventare accento sulla parola “verita” al cospetto dell’amico di sempre, il taciturno clown Beniamino. Felice Cani è un girotondo di prosa, canzone, pantomima e clownerie, un circo sgangherato di musica e parole, una “vita meraviglia” in equilibrio precario tra una mano tesa e il vuoto.
E alle ore 21.45 (Baglio di Stefano) andrà in scena PULICI di e con Sara Firrarello (menzione premio #cittàlaboratorio20) prodotto da Campo Barbarico Roma in collaborazione con Spazio Oscena Catania. Pulici è una lotta tra il narrabile e l’inenarrabile della sparizione, memoria e metamorfosi attraversano corpo e voce per una misera tragedia affidata ad una coppia di pulci, miseri insetti senza ali. Minuzie. La vita quieta della coppia parassita viene sospesa da una morte misteriosa e inaspettata. Il buio inghiotte lui, il dolore inghiotte lei, le loro anime si cibano dell’anima di una donna che tesse una trama puerile e maledetta, disegna corpi mancanti, ricama litanie e sospiri, e sulle mani cadono e si nascondono personaggi e vicende intrecciate. Un tempo che incede e un corpo che intercede una memoria antica e reinventata, una lingua del non più per ciò che ne rimane: un’assenza.
“In Pulici uso la mia lingua madre più madre che posso, dialetto dell’entroterra siciliano, rude e indispensabile per indagare il silenzio delle cose e il grido della creatura in cui mi perdo e che perdo. Abito personaggi per solitudine e spaesamento. Le parole sono la riscrittura di un ricordo sonoro d’infanzia, un’oralità popolare che giunse fino alle mie giovani orecchie. Ne ho custodito il passaggio, l’intangibile traccia. Il resto l’ho immaginato, incorporato, donato”, racconta Sara Firrarello
Sabato 1 agosto alle ore 20,45 sarà la volta de L’AMMENNICOLO di Calogero Scalici con Costantino Buttitta, Adriano Di Carlo, Beatrice Raccanello, Francesco Raffaele, Maria Sgro (menzione premio #cittàlaboratorio20): “Qui non è consentito nessuno sgarro, nessun tremolio. Nulla è spontaneo. Bisogna obbedire alla vecchia signora, esaudire la sua volontà, farsi belli come per morire e prepararsi a questo immortale ritratto tanto atteso: lo spessore compatto, crudele e sempre uguale della fotografia. Il tempo stringe ma la maledizione antica si può spezzare!
Cinque personaggi guizzano dal buio imponendo la loro presenza. Vanno di fretta a ricercare la giusta posizione nel mondo e infine stanno in posa, sigillati in un incantesimo. Odorano di naftalina e dopobarba. Parlano, biascicano parole, recuperano ricordi, commentano. Tutti sorridono, eccetto uno che vuole andar via perché fuori è meglio! Fuori, nel mondo che non conosce, dove l’immagine nuda si disperde dall’inquadratura e non ha più importanza. Perché fuori i personaggi non sopravvivono. La facciamo questa fotografia? Non farà male! Ci vorrebbe un attimo, niente di più. Si vivrà insieme per sempre (Calogero Scalici)
Alle ore 21,45 andrà in scena SARO – Il Teatrino (menzione premio #cittàlaboratorio20), scritto e interpretato da Domenico Ciaramitaro, regia Francesco Russo/ Domenico Ciaramitaro e prodotto da Flimflam srl e da Manuela Pincitore e Costantino Margiotta: “Saro” è la storia di un bambino, oggi uomo, che attraverso i sogni ha trovato il modo di resistere ad un mondo che lo rifiutava. Il testo porta in scena un aspetto autobiografico dell’autore, che ha segnato la sua vita familiare e le dinamiche affettive che ne sono conseguite, facendone un’analisi intima ed emotivamente faticosa ma necessaria per compiere un miracolo: rendere Saro libero, soprattutto dal giudizio altrui. Saro è solo un bambino e come tutti che, a quell’età, vorrebbe correre e giocare con i suoi coetanei. Ma la sua non sarà un’infanzia semplice e serena, a causa di un nemico chiamato “malattia”, un nemico che lascerà un segno nel fisico del piccolo Saro, un segno che come un marchio a fuoco lo renderà diverso. Forse la storia della sua gamba è solo un pretesto per raccontare le conseguenze ancor più gravi che la poliomielite ha su Saro, quel forte senso di inadeguatezza, scaturito dal mancato conforto e supporto da parte della famiglia, in special modo della mamma, che vuole tenere nascosto questo figlio agli occhi del mondo.
La storia è ambientata negli anni ’50, anni in cui la malattia viene vissuta come una vergogna familiare, un ulteriore scenario che si apre anche ad indagare uno spaccato socio-culturale lontano solo nel tempo dai nostri giorni, ma ancora presente. Rosario è il primo di cinque figli, un figlio “addifittato” che impara presto a convivere con la solitudine e la cattiveria, trovando nei suoi amici immaginari riparo e sfogo. Un monologo a più voci, tutte frutto del sentire di Saro, della sua esigenza di comunicare e di inseguire il suo destino. Un incontro cambierà il suo destino, rendendolo un nuovo Saro, coraggioso e pronto a prendersi il suo pezzo di felicità, tenendola per mano e trovando la forza di affrontare la vita.