Due usurai sono stati arrestati all’alba di oggi a Brolo e Messina dai carabinieri. Il gip di Patti, Ugo Domenico Molina, su richiesta della locale procura, guidata dal procuratore Angelo Cavallo, ha disposto gli arresti per il 42enne Fortunato Calabrò di Brolo e per il 53enne messinese Franco Chiaia.
I due sono ritenuti responsabili di usura pluriaggravata in concorso e il solo Calabrò dovrà anche rispondere di estorsione, lesioni personali e rapina.
Il provvedimento eseguito oggi dai carabinieri ha avuto origine da un’indagine sviluppata dai carabinieri di Patti. Coinvolto un imprenditore di Brolo, proprio partendo dalla sua decisione di denunciare i fatti.
Il commerciante è titolare con il fratello di un negozio all’ingrosso di calzature, attanagliato dalla crisi economica ed oberato dai debiti contratti con le banche, nel dicembre del 2016 è caduto nella trappola degli strozzini accettando 50 mila euro da Calabrò tramite Chiaia con un tasso di interesse del 13% mensile.
L’imprenditore, con una parte del denaro ricevuto in prestito, ha ripianato i debiti contratti dall’attività commerciale e il resto lo ha utilizzato per pagare gli interessi usurari. In soli otto mesi le risorse dell’uomo si sono esaurite.
Ridotto in stato di indigenza al punto da non riuscire a provvedere a se stesso, è caduto nella disperazione e a partire dall’estate del 2017, non riuscendo a far fronte con puntualità alle pretese usuraie ha iniziato ad essere vittima di soprusi sempre più pressanti, minacce, prevaricazioni di ogni genere e violenze fisiche.
La vittima ha dovuto subire veri e propri saccheggi pur di soddisfare le richieste economiche degli strozzini. Calabrò, con un atteggiamento di prepotenza, si è presentato più volte nel magazzino dell’imprenditore, impossessandosi, gratuitamente, di calzature e articoli di abbigliamento per 30 mila euro. In un’occasione l’usuraio ha costretto la vittima a cedere 260 paia di scarpe ad un negoziante messinese per poi intascarsi interamente il ricavato della vendita pari a 6 mila euro.
Ai soprusi si sono aggiunte le minacce compiute anche con una pistola nonché le ingiurie, i pedinamenti, il danneggiamento dell’auto e le frequenti aggressioni fisiche culminate in un episodio quando, al termine di un inseguimento, Calabrò aveva inflitto alla vittima una violenta testata al volto. Tutto questo per indurre l’imprenditore a pagare e soprattutto a non denunciare i fatti.
Tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019 altri due gravissimi episodi hanno visto coinvolto anche un secondo imprenditore, anche lui commerciante, che aveva consegnato alla vittima un assegno postdatato di cui Calabrò si è impossessato, facendosi consegnare, a titolo di garanzia della solvibilità del titolo, denaro contante ed una lavatrice, concretizzando il reato di estorsione di cui è accusato.
I due imprenditori, in una seconda circostanza, mentre erano insieme all’interno della loro autovettura, sono stati bloccati da Calabrò che, dopo averli colpiti con schiaffi e pugni al volto, si è impossessato di un telefono cellulare, dicendo che ne avrebbe fatto dono alla figlia.
In un’occasione la vittima di usura era stato costretto a consegnare 100 mila euro e ridotto in concreto stato di povertà materiale tanto da doversi trasferire presso i genitori e ha iniziato a pensare alla vendita dell’abitazione di proprietà, quale estrema soluzione per spezzare il vincolo con i propri aguzzini.
Per sottrarsi alla stretta del suo usuraio, la vittima era arrivata al punto di valutare il tragico proposito di uccidersi. Un gesto estremo scongiurato dalla decisione di denunciare quanto accaduto ai carabinieri nel marzo di quest’anno.
Immediatamente sono state avviate le indagini da parte dei militari dell’Arma che hanno permesso di riscontrare il drammatico racconto della vittima, vero punto di partenza dell’intera attività investigativa.
Più in particolare, i gravi indizi a carico degli indagati sono emersi non soltanto raccogliendo testimonianze di familiari e conoscenti e con fotografie e sopralluoghi, ma anche con intercettazioni telefoniche. Queste operazioni hanno svelato le pressioni esercitate da Calabrò nei confronti dell’imprenditore vittima dell’usura. Dal momento della denuncia ad oggi i carabinieri sono stati un vero e proprio punto di riferimento per la vittima che si è affidata totalmente a loro.
Le indagini hanno portato al provvedimento di oggi. Calabrò è stato associato al carcere di Barcellona Pozzo di Gotto e Chiaia è finito ai domiciliari.
“Mi auguro – ha dichiarato il procuratore di Patti – che questa vicenda possa servire da stimolo e da sprone per tutte le persone che attualmente subiscono reati di questo tipo, particolarmente subdoli e odiosi: collaborare con le forze dell’ordine e denunciare fatti di tale genere paga sempre, perché lo Stato – conclude il procuratore – proprio con l’aiuto dei cittadini che denunciano, è sempre in grado di dare delle risposte pronte ed efficaci”.