Saranno gli allievi del laboratorio teatrale di relazione DanisinniLab a portare in scena al teatro Garibaldi di Palermo la tragica storia del naufragio fantasma della F174, nel Natale 1996, in cui morirono 283 persone.
La storia fu a lungo trattata come una leggenda di pescatori e quel cimitero in fondo al Mediterraneo cancellato, finchè quei corpi non reclamarono la propria storia che qualcuno ebbe il coraggio di raccontare.
Nelle settimane dopo il naufragio furono i pescatori di Portopalo (Sr) a trovare i cadaveri impigliati, ancora intatti, nelle loro reti e li ributtarono in mare per evitare di poter perdere tempo con la capitaneria di porto.
Il debutto della piece teatrale è previsto per domenica 10 marzo alle 18.30 al teatro Garibaldi e che ha fatto registrare già il tutto esaurito grazie al DanisinniLab, laboratorio di teatro di relazione e comunità diretto da Gigi Borruso con la collaborazione di Stefania Blandeburgo. L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti.
Lo spettacolo da più spettatori è stato definito “un pugno allo stomaco” perché ricostruisce in chiave poetica uno dei più grandi naufragi di migranti avvenuto nel canale di Sicilia, a poche miglia dalle coste italiane.
“Per anni di questo naufragio nessuno seppe niente – spiega Gigi Borruso – tranne i pescatori di Portopalo che, battuta dopo battuta, pescavano in quelle acque i corpi, gli indumenti e le ossa dei migranti annegati. Nessuno denunciò i ritrovamenti, nonostante le voci corressero a Portopalo: i pescatori per paura di vedersi sequestrati i pescherecci, le autorità del luogo per colpevole indolenza.
Finchè nel 2001, grazie all’impegno del giornalista di Repubblica, Giovanni Maria Bellu e al coraggio del pescatore Salvatore Lupo, la vicenda venne resa nota a tutti”.
Bellu, finanziato da laRepubblica e l’Espresso, noleggiò un sottomarino a comando remoto per filmare il relitto e le immagini del fondo melmoso di quel tratto di mare rivelarono al mondo i resti del barcone F174 e le spoglie di quasi 300 naufraghi annegati.
Già nel 1997, poco dopo quei tragici avvenimenti, il Manifesto insieme all’associazione ‘Senza confine’ di Dino Frisullo avevano denunciato la tragedia (I fantasmi del Mediterraneo, il Manifesto, 5 gennaio 1997), con successive inchieste curate da altri giornalisti.
In scena 20 attrici e attori non professionisti, allievi formati nel corso di questi tre mesi. Scene e costumi sono stati curati da Giulia Costumati e Alessandra Guagliardito, studentesse del corso di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, guidate dalla docente Valentina Console. I disegni usati per la grafica e per le proiezioni sono stati realizzati dal maestro Enzo Patti, pittore asemico tra i fondatori del Museo Sociale Danisinni. L’evento in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti e promosso dal Comune di Palermo, vedrà la partecipazione del sindaco Leoluca Orlando e del neo assessore alle Culture, Adham Darawsha.
Durante la serata, sarà possibile richiedere informazioni sul corso di teatro di relazione e di comunità e scoprire in anteprima le prossime iniziative e gli appuntamenti del Museo Sociale Danisinni. Media partner dell’iniziativa: VediPalermo. Si ringrazia Pierluigi Domino, Sinergie Group, per il service luci\video.
“Danisinnilab è un’esperienza di comunità e di relazione che mette insieme pezzi diversi della città. Qui abbiamo riscoperto motivazioni profonde e radicali del fare teatro. Lontano dall’autoreferenzialità di tanta pratica artistica. Perché a Danisinni una parte del quartiere, degli artisti e degli operatori sociali che vi lavorano, sperimentano cose preziose e rare: la costruzione di una comunità, l’inclusione, il senso del bene comune, la progettazione in comune del proprio futuro. Una coscienza teatrale sa aprirsi all’ascolto, ci aiuta a guardare in faccia i nostri limiti e le possibilità di rinascita che ci attendono. Ed è ciò che a noi sembra tanto più urgente in questo clima culturale e politico che va prepotentemente affermandosi, e che vorrebbe farci credere d’essere una cosa sola: esclusivamente bianchi, o neri, occidentali, orientali… ma gli esseri umani sanno anche inventare la propria storia, costruire la propria identità. Il nostro futuro, così come il riscatto di un quartiere o di una città dipendono dai legami, dalle relazioni, dal desiderio. Il teatro lo insegna. La nostra storia lo dimostra”