Dall’omonimo romanzo di Martino Lo Cascio, che rievoca uno dei più efferati delitti mafiosi degli ultimi decenni: il rapimento del tredicenne Giuseppe Di Matteo e il suo assassinio, due anni dopo, l’11 gennaio 1996, arriva un monologo teatrale.
Una piece che si concentra sui 779 giorni di prigionia del ragazzo, ricostruiti in scena dal narratore attraverso un montaggio di materiali documentali e delle deposizioni processuali rilasciate dai responsabili del sequestro e dell’orribile omicidio. Alla banalità del male, che via via emerge da quei racconti, fa da contraltare la voce di Giuseppe, che ascoltiamo in un flusso ininterrotto di coscienza mentre cerca di resistere e di dare un senso a quanto gli sta accadendo. Riflette, sogna, gioca, delira, con la mente sempre più sconvolta dalle privazioni e dalla feroce solitudine.
Il monologo di Fabrizio Falco, ripercorre la drammaticità dell’avvenimento, coinvolgendo gli spettatori ad una testimonianza collettiva del tragico avvenimento. La sapiente regia di Massimo Spicuzza, assicura allo spettacolo uno svolgimento che riesce a trasmettere nel profondo dell’animo dello spettatore la ricerca profonda delle cause di questo vile assassinio. Le musica del compositore Angelo Vitaliano, diventa la compagna della solitudine che attanaglia il protagonista, riuscendo con le sue vibrazioni ad assicurare la giusta drammaticità dell’avvenimento.