Lo scorso 20 luglio SiciliAntica ha presentato un ricorso di annullamento in autotutela di tutti i provvedimenti che autorizzano l’apertura della cava di calcare a Monte Scalpello in località Santa Nicolella nel territorio di Agira, nell’ennese, da parte della società trevigiana Fassa Bortolo.
Il sito infatti ricade e si trova sottoposto interamente a vincoli paesaggistici, boschivi, idrogeologici, idrologici e, parzialmente, archeologici. Inoltre l’area è di interesse geologico e paleontologico, in quanto nella parte meridionale del Monte Scalpello sono stati ritrovati i resti afferenti a due ittiosauri e nella parte interessata sono presenti numerosi fossili.
A ciò occorre aggiungere che per sfruttare la cava di Monte Scalpello, si prevede una movimentazione giornaliera di circa 80 camion che dovrebbero utilizzare una regia trazzera Raddusa-Regalbuto, sulla quale in alcuni tratti, oggi in parte coperti da asfalto, è presente basolato antico, che verrà irrimediabilmente compromesso dal calpestio dei camion, determinando anche un notevole danno alle coltivazioni presenti nell’area.
SiciliAntica considera peraltro viziata da illegittimità, eccesso di potere e incompetenza, l’autorizzazione ad utilizzare esplosivi, in quanto non sorretta da valida giustificazione scientifica circa l’impatto sull’area circostante e, in particolare, sulle strutture e sui manufatti archeologici presenti nell’intero sito, nonché sull’assetto statico del complesso monastico esistente sul monte.
Il progetto della Fassa Bortolo prevede, infatti, uno sbancamento di 4.075.675 m³, di cui 3.242.145 m³ di calcare, ricadenti tutti in area vincolata, con un abbassamento del rilievo di circa 100 m che danneggerebbe gravemente e irreversibilmente il contesto paesaggistico che fa da sfondo alle numerose evidenze storico-archeologiche del sito (frequentato senza soluzione di continuità dalla Preistoria al Medioevo), secondo quanto già evidenziato a suo tempo nel decreto di vincolo di Monte Scalpello tra le cui finalità rientrava, difatti, la protezione non delle semplici evidenze archeologiche, ma dell’insieme derivante dalla compenetrazione dei valori storico-archeologici, geomorfologici, paesaggistici e ambientali su cui si fonda l’unicità del sito.