Messina: Bramanti, “chiudere l’hot spot e avviare politica di integrazione”

L’amministrazione comunale ha trasformato la politica dell’accoglienza in uno slogan e l’hot spot di Bisconte in una realtà ai limiti del consentito”. Così il candidato a sindaco della città peloritana, Dino Bramanti che prosegue:

“a causa della scarsa incisività politica del sindaco metropolitano, Messina è l’unica città metropolitana d’Italia che ha un hot spot. E se fino al 2013 si era registrato un solo sbarco (nel 2007, con appena 85 migranti), dal 2014 ad oggi, quindi in appena 4 anni, il totale dei migranti sbarcati a Messina è di 32.567, numeri che si commentano da soli. Ma non basta.

Da gennaio al 30 maggio, in soli 5 mesi, Messina è stato il primo porto in Italia per numero di sbarchi e con 2260 migranti accolti abbiamo superato tutti gli altri porti della Sicilia. Tutto questo mentre gli arrivi sul territorio nazionale, rispetto ai primi 5 mesi del 2017, sono diminuiti dell’80% (da 60.000 del 2017 a 13.000 di quest’anno) e del 90% per i minori (16.000 nel 2017, 1700 quest’anno).

Dal lavoro di ricerca svolto dall’Assessore designato alla Legalità e Politica per la Sicurezza, Mario Ceraolo, è emerso un quadro desolante che richiede urgenti soluzioni. Non esiste alcuna plausibile ragione per accettare che venga scaricata tutta questa pressione migratoria su Messina, né di ordine demografico (la nostra è la terza città per numero di abitanti in Sicilia), né di ordine logistico (quello di Messina è il porto più a nord in Sicilia).

Eppure solo pochi giorni fa, il 28 maggio, c’è stato l’ennesimo sbarco: 450 migranti trasferiti nell’ex caserma di Bisconte, trasformata in hot spot con il silenzio dell’amministrazione comunale. Una struttura trasformata in breve tempo in una “polveriera”, come dimostrano le numerose manifestazioni di protesta dei residenti che lamentano precarie condizioni di sicurezza in un’area già altamente degradata. Non sono, peraltro, mancate le segnalazioni di violazioni di diritti umani e di condizioni da “lager” all’interno dell’hot spot.

Ad essere fallimentare è l’intera gestione dell’accoglienza da parte di questa amministrazione che sta facendo sentire i messinesi “stranieri in casa loro”.

Al di là dell’hot spot, ci sono 15 Sprar per un totale di 200 posti, oltre a diversi centri di prima accoglienza per i minori stranieri, i quali, nella maggior parte dei casi, rimangono all’interno delle strutture sino al raggiungimento della maggiore età senza essere avviati ai percorsi educativi previsti dalla legge.

Complessivamente i migranti sono circa mille, un numero superiore ai limiti indicati dalla legge per le Città Metropolitane, determinando difficoltà di gestione anche a scapito della loro dignità, nonché rischi di tensione con i residenti, dovuti al fatto che gran parte degli stranieri vengono “parcheggiati” in ogni angolo della città, quando non trascorrono tutta la giornata ai semafori come “lavavetri”.

É una situazione vergognosa e lesiva dei diritti degli stessi migranti. Messina è stata trasformata in un “immenso hot spot a cielo aperto”, senza che venisse attuata alcuna forma di reale integrazione e non tenendo in considerazione i disagi manifestati dai residenti.

É quindi urgente cambiare radicalmente l’impostazione, in linea con quanto previsto dal mio programma. Nello specifico bisognerà adottare misure concrete volte alla riduzione degli sbarchi e del numero di presenze, chiudere l’hot spot ed applicare integralmente quanto imposto dal decreto Minniti, che prevede l’impiego degli immigrati, in attesa delle misure di protezione internazionale, in attività di utilità sociali in favore della collettività (verde e spazi pubblici, impianti sportivi, ecc.). Cpn l’obiettivo di ridurre i costi dell’accoglienza, avvieremo un’attenta verifica delle procedure che fin qui hanno portato agli affidamenti di competenza del Comune, anche con riferimento alle ditte aggiudicatarie che gestiscono a vario titolo le strutture d’accoglienza.

Nel 2018 si prevede una spesa nazionale che raggiungerà 5 miliardi di euro per l’accoglienza e Messina contribuisce in modo considerevole a questi costi. Se vogliamo cambiare rotta dobbiamo smettere di considerare Messina come un “parcheggio” per migranti e una centrale di “smistamento”, e costruire, come abbiamo intenzione di fare, un percorso di vera integrazione”.

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