Cinquantotto anni fa il giornalista Cosimo Cristina venne ucciso dalla mafia. Per ricordarlo il giornale Espero, in collaborazione con l’istituto superiore Stenio e con il patrocinio dell’amministrazione comunale, ha organizzato per domani, sabato 5 maggio alle 10.00 all’IISS Stenio di Termini Imerese, un incontro con gli studenti.
La manifestazione dal titolo “Parole per ricordare Co.Cri” vedrà le riflessioni di studenti dell’istituto superiore Stenio e l’esecuzione musicale del Silenzio.
La presentazione sarà a cura di Maria Bellavia, dirigente scolastico dell’istituto superiore Stenio; di Francesco Giunta, sindaco del comune di Termini Imerese; di Giusi Conti, docente dell’istituto d’istruzione secondaria Stenio e di Alfonso Lo Cascio, direttore della rivista Espero.
“Credo sia ormai arrivato il momento – dichiara Giusi Conti, docente dell’istituto di istruzione secondaria Stenio – di superare l’affermazione secondo cui Cosimo Cristina è stato “suicidato” dalla mafia. Cosimo Cristina è stato ucciso dalla mafia. Se questa non è mai diventata una verità processuale, è solo a motivo della capacità di insabbiamento che negli anni Sessanta la mafia mostrava al massimo grado.
Una capacità intimidatoria e culturale alla quale oggi con liberazione vittoriosa, ha risposto l’uguale e contraria rivoluzione culturale dei termitani onesti, delle scuole e delle associazioni che non hanno dimenticato, restituendo la figura e l’operato di Co.Cri alla dignità che gli spettava. Uno speciale ringraziamento – conclude – va a tutto l’IISS Stenio, a partire dalla dirigente scolastica, per avere non solo proseguito il cammino avviato nel 2006, ma per averlo sostenuto con nuova progettualità”.
“Ricordare la figura di Cosimo Cristina, ucciso dalla mafia il 5 maggio del 1960 a soli 25 anni – afferma Alfonso Lo Cascio, direttore della rivista Espero – non è uno stanco rituale, ma il riconoscimento dell’impegno del coraggioso cronista che va indicato come esempio per le giovani generazioni. Un ragazzo normale con i sogni, le paure, le speranze della sua generazione, non un eroe.
Un giornalista appassionato della professione, che ha sfidato con le sue inchieste Cosa nostra pagando con la vita. A lui va il nostro illimitato riconoscimento. Se questo territorio è diverso da quegli anni lo si deve anche al sacrificio di Co.Cri, come si firmava nei suoi articoli che ha denunciato il sistema politico affaristico mafioso che governava in maniera incontrastata la città, convinto che la verità e la legalità fossero più forti di qualsiasi potere criminale”.
Cosimo Cristina, termitano, ha collaborato tra il 1955 e il 1959 per “L’Ora” di Palermo, per Il Giorno, per l’agenzia Ansa, per il Corriere della Sera, per il Messaggero e per il Gazzettino. Nel 1959 ha fondato il settimanale Prospettive siciliane. È in quel momento che finalmente può affermare ciò che i giornali con cui collaborava non gli permettevano di scrivere.
Da subito Prospettive siciliane raccontò la mafia di Termini Imerese e delle Madonie in anni in cui nessuno osava nemmeno nominarla. Iniziano per il giornalista le minacce e le querele. Fra le inchieste condotte da Cristina anche quelle sull’omicidio del sindacalista Salvatore Carnevale e il sacerdote Pasquale Culotta; la morte di Agostino Tripi, il processo per l’omicidio di Carmelo Giallombardo.
Era pomeriggio quando il 5 maggio del 1960, ad appena 25 anni, Cristina venne ritrovato privo di vita nel tunnel ferroviario di contrada Fossola tra Termini e Trabia. All’epoca non venne disposta nemmeno l’autopsia perché per gli inquirenti si trattava di suicidio.
I dubbi però erano tanti, qualcosa non quadrava. In quei giorni a Termini Imerese si trovava anche la fidanzata di Cosimo, Enza, di cui lui era innamoratissimo. Proprio a lei aveva detto che si allontanava a prendere dei giornali per poi sparire misteriosamente.
Nella tasca della giacca di Cristina vennero ritrovati due biglietti: uno alla fidanzata Enza e l’altro all’amico Cappuzzo, suo collaboratore per il giornale Prospettive, sulla cui autenticità la famiglia ha da subito sollevato dei dubbi. Stranamente non è mai stata eseguita alcuna perizia calligrafica su quei bigliettini che annunciavano il suicidio.
Cosimo Cristina, dunque, è stato “suicidato” da Cosa nostra, secondo il termine che conierà in seguito un altro giornalista, Giuseppe Francese. Il caso sulla morte di Cristina è stato riaperto sei anni dopo grazie al vice questore di Palermo, Angelo Mangano. L’autopsia finisce per confermare l’ipotesi del suicidio. Da allora il caso Cristina è definitivamente archiviato e una coltre di oblìo viene stesa sul giovane giornalista che viene vergognosamente dimenticato.
È solo negli ultimi anni che è stata recuperata la memoria storica del giovane giornalista, attraverso inchieste su libri e giornali, il lavoro di diverse scuole terminatane che hanno incluso nei loro progetti sulla legalità la figura di Cosimo Cristina, l’intitolazione di una strada al giovane su proposta della rivista Espero, l’insediamento del pannello su Cosimo da parte dell’ordine dei giornalisti di Sicilia, nella mostra dedicata ai cronisti italiani uccisi. Per il cinquantesimo anniversario della sua morte nel 2010, su iniziativa della rivista Espero in collaborazione con il comune di Termini Imerese e l’ordine dei giornalisti, è stata collocata una lapide nel luogo in cui venne rinvenuto il corpo di Cristina.
Tra i libri, meritoria l’opera di Luciano Mirone “Gli insabbiati”, pubblicato per la prima volta nel 1999 in cui vengono ricostruiti gli atti processuali e raccontata la storia del giovane Co.Cri.
Due anni fa è stato presentato a Termini Imerese, tra cui l’IISS “Stenio”, il libro di Roberto Serafini “Enza Venturelli: vi racconto il mio Cosimo Cristina”, una finestra aperta sul Cosimo Cristina privato dalla fidanzata dell’epoca, la stessa che, vivendo a Roma, si trovava a Termini il giorno in cui Cosimo sparì e venne poi ritrovato morto nella galleria della contrada Fossola.