Il mercato finanziario in Italia non sarà più lo stesso a partire dal prossimo primo gennaio 2018. Lo scorso agosto è stata infatti pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la direttiva MiFid II, accompagnata dal MiFid.
Ddue documenti che rivoluzionano il Testo Unico della Finanza e che adeguano la regolamentazione degli affari finanziari su territorio nazionale alle normative europee. In Europa, tale regolamento è già stato adottato nel Regno Unito, dove l’RDR ha già portato chiarezza e un netto aumento dei profitti dal punto di vista del consumatore.
C’è da dire, però, che l’Italia arriverà tardi a questo adeguamento, e che lo stato attuale delle cose non consente una rapida scalata verso il successo così come è avvenuto a Londra e dintorni. Sin da subito, infatti, gli investitori inglesi hanno colto l’importanza di strumenti che fossero in grado di garantire un alto tasso di diversificazione – elemento chiave per evitare gli scossoni a cui spesso sottopone il mercato finanziario -, un miglioramento del rapporto tra consulente e cliente attraverso un sistema retributivo basato sulla fee e su una serie di informazioni che in precedenza erano fornite solo tra le righe.
Tutto questo si riassume anche con le caratteristiche della consulenza finanziaria indipendente, non più legata quindi agli istituti bancari e ai loro prodotti, e di conseguenza in grado di proporre al cliente la soluzione giusta al momento giusto.
Soluzione che in Italia sarebbe ancor più ben accetta, ma la realtà deve anche fare i conti con una serie di fattori importanti: la mancanza di informazione e di cultura finanziaria dei clienti, la ritrosia degli istituti nei confronti del cambiamento e la mancanza di fiducia nei confronti del sistema economico-finanziario da parte dei clienti. Il testo del MiFid II va però proprio a colmare la cronica mancanza di fiducia degli italiani, proponendo maggiore chiarezza e una regolamentazione dell’attività degli attori principali del mercato.
Le grandi novità del testo europeo a cui dovrà adattarsi la normativa italiana riguardano proprio le forme di consulenza, solitamente erogate dalle SIM – acronimo di Società d’investimento mobiliare –, dagli istituti bancari, dalle SGR (Società di gestione del risparmio), dai gestori del mercato regolamentato e dagli operatori del campo energy e commodity player. La maggiore chiarezza normativa punta non solo ad informare correttamente gli investitori e a ridurre i costi di gestione, ma anche a regolare in maniera definitiva i potenziali conflitti d’interesse, suggerendo al contempo agli attori di profilare al meglio i propri utenti, proponendo loro investimenti adeguati alle proprie forze e alla propria propensione al rischio.
Gli esperti del settore consigliano fortemente di rivolgersi ancora ai consulenti, ricordando però di verificare l’effettiva autorizzazione a trattare titoli e panieri tramite apposita licenza. Che si tratti degli istituti bancari, della SGR o delle SIM, ovvero degli intermediari autorizzati a operare sui mercati, il “parere” di un esperto costituisce allo stato attuale un plus troppo importante per i risparmiatori, soprattutto alla luce della cronica mancanza di cultura e informazione. Con le nuove regole, la consulenza avverrà su binari più “sicuri” e con regole più rigide. Il controllo spetterà alle autorità di vigilanza: a partire dall’Autorità Europea per gli Strumenti finanziari e dei Mercati (ESMA), passando per l’Autorità Bancaria Europea (EBA), la Banca d’Italia e l’Autorità garante sul territorio nazionale, il compito di questi enti sarà quello di contenere la distribuzione di determinati prodotti finanziari non confacenti alle nuove regolamentazioni, di garantire chiarezza in fase comunicazione (soprattutto in materia di costi) e di valutare che lo svolgimento del rapporto tra cliente e consulente sia lineare e sempre incentrato sugli interessi degli investitori.