Era irreperibile dal 12 dicembre del 2014 e dal giugno del 2015 era inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi del ministero dell’Interno. Ieri i carabinieri del comando provinciale di Catania, coordinati dalla procura distrettuale, hanno arrestato Andrea Luca Nizza, 31 anni.
L’uomo, nonostante fosse latitante, ha ricoperto il ruolo di responsabile dell’omonimo gruppo criminale, quale articolazione della famiglia di Cosa nostra catanese Santapaola-Ercolano, attivo nel quartiere di Librino.
Le indagini, condotte con attività tecniche e servizi dinamici sul territorio, hanno avuto come epilogo l’intervento risolutivo di questa notte che ha visto l’impiego massiccio di militari del nucleo investigativo. I carabinieri hanno fatto irruzione in una villetta dotata di tutti i confort alla periferia di Viagrande. Il latitante non ha opposto resistenza alla cattura. Insieme a lui c’era la giovane moglie in gravidanza e due dei suoi figli.
Dentro l’immobile c’erano anche due giovani coniugi incensurati di 30 e 26 anni, arrestati per favoreggiamento personale aggravato dall’aver commesso il fatto per agevolare l’organizzazione mafiosa Santapaola-Ercolano.
La latitanza di Nizza ha avuto inizio dopo la sua condanna in abbreviato nell’ambito del procedimento Fiori bianchi. All’epoca si era sottratto all’arresto. Durante la latitanza erano stati emessi nei suoi confronti ulteriori provvedimenti cautelari e sentenze di condanna, nessuna delle quali ancora divenuta definitiva.
Il 12 gennaio del 2015 Nizza, ancora latitante, era stato raggiunto da un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Dda per associazione di tipo mafioso, estorsione ed usura aggravata in danno di un imprenditore di Mascalucia.
Il 22 giugno dello stesso anno era stato raggiunto da un altro provvedimento restrittivo per omicidio, occultamento di cadavere, detenzione e porto illegale di armi comuni da sparo.
Per ultimo, un ulteriore provvedimento restrittivo nei confronti di Nizza è stato eseguito il 6 luglio del 2016 nell’ambito dell’operazione Carthago che ha portato alla sbarra 35 persone per i reati di associazione mafiosa, armi e traffico di stupefacenti. tutti gli arrestati erano ritenuti appartenenti al gruppo dei Nizza della famiglia Santapaola, capeggiata da Andrea Nizza. L’esecuzione dell’ordinanza riguardò l’intero quartiere di Librino posto alla periferia di Catania sud, eletto dal clan Nizza quale centro di distribuzione di stupefacenti di vario tipo ed in particolare di hashish ,marijuna e cocaina.
L’indagine Carthago aveva preso le mosse dal rinvenimento di un maxi arsenale composto da oltre 50 armi tra kalashnikov, pistole e fucili, effettuato dai carabinieri sulla scorta delle prime dichiarazioni del collaboratore di giustizia Davide Seminara, già uomo di fiducia di Andrea Nizza.
Le ulteriori dichiarazioni di recenti collaboratori di giustizia, riscontrate da attività di indagine tecnica e tradizionale, consentirono di ricostruire le attività e l’organigramma del sodalizio mafioso dei Nizza e fare, quindi, piena luce su uno dei gruppi più agguerriti ed organizzati del panorama criminale catanese.
Le investigazioni documentarono come il gruppo mafioso, operante nella zona di Librino e San Cristoforo e capeggiato rispettivamente da Fabrizio Nizza (ora collaboratore di giustizia) e Daniele Nizza (detenuto al 41 bis) e di seguito retto da Andrea Nizza, avesse acquisito un peso determinante nell’ambito delle dinamiche mafiose all’interno di Cosa nostra catanese, anche grazie all’investitura a rango di uomini d’onore di Fabrizio e Daniele Nizza avvenuta nel giugno 2008 ad opera di Santo La Causa, Carmelo Puglisi e Vincenzo Aiello.
Il gruppo facente capo ai fratelli Nizza negli ultimi anni era riuscito a creare un vero e proprio cartello della droga con il monopolio delle piazze di spaccio nei quartieri di Librino, San Giovanni galermo e San Cristoforo e, grazie ai cospicui profitti derivanti da tale attività, aveva acquisito un peso notevole all’interno del clan Santapaola, essendo in grado di reclutare e retribuire centinaia di affiliati e di acquistare ingenti quantitativi di stupefacente ad immettere sul mercato catanese garantendosi rilevanti flussi di denaro in contanti, prontamente riutilizzabili per investimenti economici, finanziari e per il sostentamento degli affiliati già detenuti e al mantenimento degli associati al pari di una vera e propria retribuzione.
Le attività di spaccio venivano svolte nelle singole piazze professionalmente con ripartizione di ruoli tra pusher, vedette, responsabili delle piazze e coloro che assicuravano il continuo rifornimento di stupefacente e con organizzazione di turni di vendita durante tutto l’arco della giornata riuscendo a garantire al sodalizio proventi giornalieri pari a circa 80 mila euro.
Maria Chiara Ferraù