Questa mattina l’Italia si è svegliata con una brutta notizia. Nelle prime ore di oggi un terremoto di magnitudo 6 è stato registrato alle 3.36 con epicentro a 2 Km da Accumoli (Rieti) e 10 da Arquata del Tronto (Ascoli Piceno) ed Amatrice (Rieti), ad una profondità di soli 4 Km e ad ora il bilancio è di 37 morti (6 ad Accumoli, 5 ad Amatrice e 11 tra Pescara del Tronto e Arquata).
Il terremoto è un evento naturale impossibile da prevedere con certezza e di per sé, come spiegano dall’istituto di geofisica e vulcanologia, non provoca danni perché smuove soltanto il terreno. I danni e i morti sono causati da carenza di strutture antisismiche, da costruzioni o restauri effettuati senza tener conto della morfologia del territorio e di problemi in caso di scosse forti come quella che ha colpito l’Italia centrale questa mattina.
La storia dell’Italia nel Novecento è stata costellata da scosse di terremoto che, oltre a provocare dei morti, hanno anche cancellato pezzi di storia e interi borghi. Alcuni dei quali ancora oggi non sono stati ricostruiti e portano i segni di quelle ferite. Ripercorriamo insieme gli anni dal 1968 ad oggi con gli eventi sismici più devastanti verificatisi in Italia.
Il più devastante terremoto in Europa per numero di vittime e di maggiori dimensioni che abbia mai colpito l’Italia fu il terremoto di Messina del 1908, detto anche terremoto calabro-siculo. Erano le 05.20 del 28 dicembre 1908, in 37 secondi la scossa di terremoto magnitudo 7.2 (XI grado Mercalli) danneggiò gravemente Messina e Reggio Calabria, uccidendo metà della popolazione di Messina e un terzo di quella della città calabrese per un totale di circa 120 mila vittime. Vennero interrotte tutte le vie di comunicazione, danneggiati i cavi elettrici e le tubazioni del gas, la luce nelle strade fino a Villa San Giovanni e Palmi in Calabria venne sospesa. In più un maremoto devastò in modo particolare Messina, facendo crollare il 90% dei palazzi. In Sicilia il terremoto di Messina arrivò anche a provocare crolli a Maletto, Belpasso e Mineo, San Giovanni di Giarre, Riposto (Catania) e Noto (Sr) e ancora a Savoca, Santa Teresa di Riva (Me) e Caltagirone (Ct). A causa del terribile terremoto Messina e Reggio persero gran parte della propria memoria storica con alcuni edifici letteralmente polverizzati e la stragrande maggioranza della popolazione perita perché colta nel sonno dal terribile evento. Lo scenario di distruzione era decisamente sconfortante e per ricoverare i sopravvissuti vennero realizzate delle baracche, abitate per decenni prima che la ricostruzione fosse completata. Alcune di queste sono ancora oggi occupate dagli eredi dei sopravvissuti al sisma.
Due anni dopo, il 6 giugno del 1910 un terremoto venne avvertito in Irpinia con epicentro a Calitri che provocò 40 vittime. Gravi i danni all’abitato che subì il crollo del 30% circa delle abitazioni. Il terremoto fu avvertito anche a Napoli, in Puglia e anche in Sicilia e al nord fino al confine del Lazio e dell’Abruzzo. Diverse le frane provocate dall’evento tellurico che hanno provocato interruzioni ed avarie alla rete stradale e idrica. Furono ben 53 i comuni danneggiati.
Un anno dopo, precisamente il 15 ottobre del 1911 un forte terremoto venne registrato nel catanese ed è tra i più forti che hanno colpito l’area etnea negli ultimi secoli. Il sisma raggiunse il grado VIII-IX della scala Mercalli si verificò alcune settimane dopo la fine di un’eruzione laterale che interessò a settembre del 1911 il fianco settentrionale dell’Etna, il vulcano attivo più alto d’Europa. La colata lavica dell’epoca raggiunse anche la ferrovia Circumetnea tra Linguaglossa e Randazzo interrompendone i collegamenti. L’entità del terremoto ha fatto crollare quasi la totalità delle abitazioni presenti all’epoca nella zona pedemontana, costruite non in modo antisismico. A questo si deve aggiungere la vulnerabilità diffusa anche di costruzioni più qualificate che però erano state indebolite dai precedenti terremoti. Il numero delle vittime fu fortunatamente limitato a circa 20 vittime in quanto il sisma si è verificato intorno alle 10.00 del mattino quando gli agricoltori si trovavano nei campi. Una cinquantina i feriti. Il terremoto del 1911 ha lasciato un segno nel territorio, cancellando tutto l’insediamento rurale di Fondo Macchia, località rasa al suolo già nel 1865 da un altro fortissimo terremoto.
Nel 1914 l’otto maggio, un sisma rovinò quasi tutto, procurando morte e desolazione, a Lineri. Il terremoto ebbe una tale violenza che rase al suolo le chiese, poi ricostruite con dovizia. Fra i soccorritori anche il vescovo di Acireale. I morti furono circa 70.
Il 13 gennaio del 1915 il terribile terremoto della Marsica in Abruzzo e parte del Lazio meridionale provocò oltre 30.500 morti. Dopo il sisma di Messina e Reggio Calabria del 1908 l’Italia venne nuovamente funestata da un terribile terremoto avvenuto alle 07.52 e preceduto da uno sciame sismico di bassa magnitudo. La scossa principale, dell’XI grado della scala Mercalli ebbe il suo epicentro nella conca del Fucino. Nei mesi successivi ci furono circa 1000 repliche. Per forza distruttiva e numero di vittime è classificato tra i principali terremoti dell’Italia. La scossa venne avvertita persino a Roma. L’allarme venne lanciato 12 ore dopo il sisma e i soccorsi arrivarono all’alba del giorno successivo. I danni maggiori si registrarono ad Avezzano dove il castello, gli stabilimenti dagli alti fumaioli, la chiesa scomparvero. La città fu rasa al suolo. Gravemente danneggiati anche diversi centri della valle del Liri, del Cicolano, del Lazio e della provincia di Caserta. La prima cittadina ad essere ricostruita fu Avezzano che venne spostata più a nord, nord ovest rispetto all’impianto originario. Ma la cittadina venne distrutta al 70% dai bombardamenti alleati durante la seconda guerra mondiale. Negli altri comuni della Marsica la ricostruzione fu più lenta, tranne a Celano, completata negli anni Quaranta. Danneggiati in modo irreversibile e ancora in stato di abbandono, invece, i borghi antichi di Albe Vecchia, Frattura Vecchia, Lecce Vecchia, Morino Vecchio, Sperone Vecchio e Tione Vecchio.
Il 29 giugno del 1919 un forte terremoto colpì il Mugello. La scossa maggiore, del IX grado della scala Mercalli, magnitudo 6,2 fu avvertita poco dopo le tre del pomeriggio. Oltre cento i morti, 400 feriti e migliaia di senzatetto. La zona con maggiori danni fu quella nelle immediate vicinanze di Vicchio. Lesionata anche la casa natale di Giotto nella frazione Vespignano. Lesioni e distacchi di calcinacci a Firenze e Prato.
Il 26 dicembre de 1927 un terremoto dell’Ottavo grado della scala Mercalli venne avvertito nel territorio dei Colli Albani nel Lazio. Il paese più danneggiato fu Nemi dove quasi tutte le case subirono gravi lesioni e crolli e vennero dichiarate inabitabili. Danneggiati tutti gli edifici pubblici e il medievale castello Orsino. Danni gravi anche a Genzano. La festività colse quasi tutta la popolazione dei paesi più colpiti nelle vie e per questo si sono registrate poche vittime.
Tre anni dopo un terremoto magnitudo 6,7 venne registrato nel Vulture il 23 luglio del 1930. Ingenti danni in Basilicata, Campania e Puglia. Morirono 1404 persone in particolare nelle province di Avellino e Potenza. Interessati oltre 50 comuni e 7 province. I danni vennero aggravati dalla scarsa qualità dei materiali utilizzati per la costruzione delle case e per la natura argillosa dei terreni. Iniziò immediatamente la ricostruzione e a soli tre mesi dal sisma vennero consegnate alle popolazioni le prime case. Ne vennero costruite 3746 e riparate 5.190.
Un altro terremoto che ha lasciato dietro di sé una scia di distruzione è stato quello del Belice. Era la notte fra il 14 e il 15 gennaio del 1968 quando la Sicilia occidentale, in particolare la valle del Belice, è stata devastata da una scossa di terremoto magnitudo 6,1 della scala Richter (X grado scala Mercalli). I danni vennero registrati anche in diversi paesi del trapanese e dell’agrigentino, fra cui Gibellina, Poggioreale, Salaparuta, Salemi, Partanna, Montevago, Santa Margherita Belice e Menfi. Numerosi i crolli e gravi danni vennero registrati. Circa 300 i morti e 70 mila gli sfollati. I pochi muri rimasti in piedi dopo il sisma crollarono poi a seguito di una forte scossa avvertita il 25 gennaio. Da quel giorno fu proibito l’ingresso nelle rovine di Gibellina, Montevago e Salaparuta. Come nel sisma di questa mattina nell’Italia centrale, 48 anni fa alcune porzioni di territorio erano difficili da raggiungere e i collegamenti erano impossibili persino un giorno dopo dal sisma. Il terremoto del 1968 della valle del Belice mise in evidenza lo stato di arretratezza in cui vivevano gli abitanti della Sicilia occidentale. Innanzitutto le case in tufo fatiscenti che sono crollate sotto i colpi sussultori del terremoto. All’indomani del sisma fu un proclami a destra e sinistra per la ricostruzione per cui vennero spesi oltre 6 miliardi di euro attuali e che non venne del tutto completata. Oggi la valle del Belice dopo decenni di lavori interminabili si è lentamente risollevata.
Alle 21.00 del 6 maggio del 1976 un terremoto colpì il Friuli e i territori circostanti. Il sisma, di magnitudo 6,4 della scala Richter colpì maggiormente il territorio a nord di Udine. I danni amplificati dalle particolari condizioni del suolo, dalla posizione dei centri colpiti, quasi tutti in cima ad alture e dall’età avanzata delle costruzioni. La scossa investì 77 comuni italiani provocando 990 morti e 45 mila senza tetto. La ricostruzione fu rapida e completa grazie anche ad un fondo da 10 miliardi di vecchie lire stanziato dal consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia.
Ancora la provincia di Messina, ancora un terremoto che supera magnitudo 6 della scala Richter (6,1) è stato registrato nella notte del 15 aprile del 1978 nel golfo di Patti nel messinese. Crollarono più di 70 edifici e si registrarono diversi feriti a Patti e nei comuni vicini. Qualche crollo si registrò anche nei comuni della riviera ionica messinese. Fortunatamente il terremoto non fece alcuna vittima, ma molte persone vennero colte da malore.
Era il 23 novembre del 1980 quando il terremoto dell’Irpinia colpì la Campania Centrale e la Basilicata centro settentrionale. Un sisma di magnitudo 6.9 con epicentro tra i comuni di Teora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campagnia che provocò 2.914 morti, 8.848 feriti e 280 mila sfollati. Fu il terremoto più lungo, durato circa 90 secondi in un’area di 17 mila Km quadrati dall’Irpinia al Vulture, a cavallo tra le province di Avellino, Salerno e Potenza. L’area, secondo l’INGV ha subito tre distinti fenomeni di rottura lungo differenti segmenti di faglia, succedutisi in circa 40 secondi tra Marzano, Carpineta e Cervialto. Il patrimonio edilizio era già fatiscente a causa dei terremoti del 1930 e 1962, ma i soccorsi arrivarono pure in ritardo in parte per la difficoltà di accedere nelle zone dell’entroterra e per la carenza di un’organizzazione come la protezione civile odierna, capace di coordinare risorse e mezzi. Una denuncia fatta dallo stesso presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Diversi gli aiuti internazionale per gli aiuti sia di mezzi che economici. Già l’anno seguente arrivarono le prime case in legno tipo chalet. La ricostruzione fu uno dei peggiori esempi di speculazione su una tragedia come testimoniato anche da inchieste della magistratura.
Nel 1997 a settembre e nel marzo del 1998 due importante eventi sismici colpirono l’Umbria e le Marche coinvolgendo le zone di Colfiorito, Verchiano, Foligno, Sellano, Nocera Umbra, Assisi, Serravalle di Chienti e Camerino. Distrutte numerose frazioni del comune di Foligno e gravi danni si sono registrati soprattutto alle bellezze artistiche di diverse città. Il forte sima del 1997, con magnitudo 6,1 danneggiò svariati edifici rendendo inagibile il 70% delle abitazioni del centro storico di Massa Martana in provincia di Perugia.
Un altro devastante terremoto si verificò nel 2002 tra il 31 ottobre e il 2 novembre in Molise. Un terremoto ricordato per la tragedia della scuola di San Giuliano di Puglia. Erano le 11.33 del 31 ottobre quando la scossa, magnitudo 6 della scala Richter, provocò il crollo della scuola elementare di San Giuliano dove morirono 27 bambini e una maestra. Circa 100 i feriti e 3.000 gli sfollati in provincia di Campobasso e Foggia. A San Giuliano di Puglia è stata costruita una nuova scuola, ma un’inchiesta della magistratura aveva stabilito le colpe per quell’edificio non a norma.
Nella notte tra il 5 e il 6 aprile del 2009 un forte terremoto alle 3.32 si abbatte su L’Aquila provocando la distruzione totale del centro storico, la distruzione di migliaia di case anche nei comuni limitrofi e la morte di 309 persone, 1.600 feriti e danni per oltre 10 miliardi di euro. L’evento era iniziato in realtà con una serie di scosse già nel 2009 che hanno avuto l’epilogo la mattina del 6 aprile con una magnitudo di 6,3 gradi. Numerose anche le persone estratte vive dalle macerie. Fra le vittime del terremoto anche numerosi ragazzi che alloggiavano nella casa dello studente. Tutte le chiese furono dichiarate immediatamente inagibili, anche le più importanti basiliche, per lesioni o crolli importanti, insieme a palazzi storici del centro, compreso il forte spagnolo. Quello dell’Aquila è stato il quinto terremoto più distruttivo in Italia dopo il terremoto di Messina del 1908, quello di Avezzano del 1915, il terremoto dell’Irpinia del 1980 e quello del Friuli del 1976. Anche per il terremoto dell’Aquila gli esperti hanno dichiarato che mancava il rispetto di rigorose norme antismiche e lamentavano una generale trascuratezza sul fronte della prevenzione sismica in un’area ad elevato rischio.
Maria Chiara Ferraù