Beni per un valore di oltre 20 milioni di euro, sono stati sequestrati all’imprenditore agrigentino Carmelo Marotta dagli agenti della guardia di finanza, nucleo polizia tributaria di Palermo.
Su disposizione del tribunale di Agrigento, sono stati posti i sigilli a 3 aziende della provincia di Agrigento, partecipazioni societarie, rapporti finanziari ed autovetture.
Carmelo Marotta, 46 anni di Ribera, era già stato indagato per associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta denominata “Maginot” e condotta nel 2011. Indagato anche per bancarotta fraudolenta, intestazione fittizia di beni e truffa e condannato a luglio del 2015 con sentenza definitiva per aver favorito la latitanza del capo mafia agrigentino Giuseppe Falsone.
Marotta, dopo la condanna in primo grado, era stato assolto dall’accusa di associazione mafiosa, ma secondo le fiamme gialle, il suo profilo era di pericolosità sociale. Già in passato il collaboratore di giustizia Calogero Rizzuto, aveva indicato l’imprenditore quale soggetto “raccomandato” da Giuseppe e Francesco Capizzi, entrambi esponenti della famiglia mafiosa di Ribera, affinché non pagasse il pizzo a Sciacca.
Negli anni l’imprenditore è riuscito a costruire un impero economico vero e proprio, intestato anche alle sorelle e basato sul cemento. Costituiva società che gestivano cave ed imprese edili che poi ha anche messo a disposizione di Falsone per aiutarlo nella sua latitanza. Il boss, che utilizzava un documento falso predisposto dallo stesso Marotta, figurava quale dipendente, con mansioni di trasportatore, in una delle società dell’imprenditore agrigentino, la Edilmar srl.
Un rapporto, questo tra Falsone e Marotta, confermato dai numerosi pizzini rinvenuti nel covo marsigliese del latitante che lo chiamava “u malupilu” il malpelo, in virtù della carnagione e del colore dei capelli.
Le indagini del GICO della finanza hanno permesso inoltre di dimostrare la sperequazione fra il patrimonio accumulato ed i redditi dichiarati dal nucleo familiare di Marotta tra il 1997 e il 2012. Il patrimonio sequestrato sarà ora gestito dall’amministratore giudiziario nominato dal tribunale di Agrigento.
Maria Chiara Ferraù