In occasione delle imminenti elezioni municipali la Confartigianato Imprese Messina ha indirizzato ai candidati Sindaci della provincia peloritana una nota con la quale indicano quali siano le priorità da affrontare ponendo i seguenti quesiti di vitale importanza: come si può ripensare il governo del nostro territorio per preservarne l’identità imprenditoriale e turistica? Quali idee di sviluppo potranno essere realizzate, quali le strategie per rilanciare gli investimenti, modernizzare i servizi, dare la giusta attenzione ad aziende e cittadini? Come ridisegnare questo territorio fatto di aree urbane interessate all’aggregazione, da città importanti (Patti e Capo d’Orlando ad esempio), da sempre nuove sfide all’urbanistica per gestire i nuovi rapporti tra centro e periferia? “Come associazione – sottolineano il presidente provinciale Giuseppe Interdonato e il direttore Francesco Giancola – non possiamo non chiedere attenzione alle tante necessità di questa nostra provincia. Attenzioni da non risolversi in programmi troppo ambiziosi e non realizzabili, ma in idee concrete che rilancino e valorizzino il tessuto imprenditoriale del territorio e che rivitalizzino l’humus sociale della provincia messinese”. La Confartigianato Imprese Messina ritiene che cinque siano i temi sui quali i futuri amministratori dovrebbero impegnarsi.
La tassazione locale è un tema su cui la Confartigianato lavora da anni, soprattutto quando è la TA.RI. (Tassa Rifiuti), un tributo che incide pesantemente sul bilancio economico delle imprese. Negli ultimi 5 anni la TA.RI. è cresciuta mediamente di circa il 22,6%. Nel 2015 le imprese hanno versato per la tassa rifiuti un importo pro capite di 168,14 euro per un ammontare complessivo di 10,2 miliardi. Come Confartigianato Imprese si sostiene la preoccupazione che il costo di produzione del servizio sia determinato da ogni Comune in modo trasparente e appropriato evitando di conteggiare costi impropri o attività non pertinenti alla raccolta di rifiuti; che il livello di qualità da garantire sia sostenibile (proporzionale alla capacità contributiva delle utenze) e corrispondente alle aspettative ed esigenze di tutti (cittadini ed imprese); che la ripartizione dei costi del servizio fra utenze domestiche ed utenze non domestiche sia proporzionale all’effettivo “consumo” ed utilizzo fatto dalle due tipologie. In più hanno sempre richiesto la detassazione dei magazzini funzionalmente collegati alla produzione, così come previsto dalla normativa.
Le disposizioni presenti nella Legge di Stabilità 2016, inoltre, prevedono che i Comuni possano applicare nel 2016 aumenti della TARI sospendendo tutti gli altri tributi locali e rinviare ancora l’applicazione di nuove e più appropriate metodologie di calcolo della tassa rifiuti. Ecco perché la TARI non deve essere utilizzata dai Comuni come la tassa sul “metro quadro” ribaltando sulle imprese costi e oneri impropri. In ultimo, si ritiene giusto riconoscere alle aziende la legittima detassazione delle superfici non pertinenti perché a stabilirlo è la legge.
Nonostante la legge di Stabilità abbia abolito l’IMU su terreni agricoli e la TASI sulla prima casa, è fondamentale estendere l’eliminazione di queste imposte sui beni strumentali e sui beni produttivi delle imprese. Nel 2015 secondo i dati di Confartigianato a livello nazionale, l’edilizia ha segnato una flessione del 3,3% su base annua e le imprese artigiane, tra il 2014 e il 2015, sono calate del 2,7%; inoltre, 1 milione di appalti assegnati ogni anno valgono circa il 15% del Pil ma solo il 30% è realizzato dalle piccole e medie imprese; ben più alti sono i numeri nella nostra Provincia, basta solo dire che le imprese artigiani edili tra il 2014 e 2015 sono calate di circa il 25%.
Al di là del nuovo Codice degli Appalti la richiesta dell’associazione si concentra su appalti a km 0 e uso di manodopera locale anche per contrastare l’abusivismo e la corruzione nella determinazione delle gare pubbliche d’appalto; precedenza alle imprese locali cui, se impegnate nella qualifica di zone e quartieri di particolare impatto paesaggistico e sociale sul territorio, dovrebbero essere riconosciuti sgravi fiscali; suddivisione in lotti di lavorazione o prestazionali per garantire alle micro e piccole imprese l’effettiva possibilità di partecipare agli appalti; esclusione del ricorso al solo criterio del massimo ribasso per le gare ad alta intensità di manodopera; riduzione degli oneri documentali a carico delle imprese in un’ottica di semplificazione.
Sono anni che l’aggregazione/fusione dei Comuni interessa il dibattito pubblico, ma la paura di perdita di identità territoriale rappresenta un freno alla ricerca di un equilibrio tra efficienza ed efficacia ottenute da una ottimizzazione dei costi (e delle economie di scala) per una migliore fornitura dei servizi. Per i Comuni con popolazione almeno pari a 5.000 abitanti e vicini fra loro l’aggregazione/fusione rappresenterebbe una valida soluzione per evitare l’aumento dei costi e della tassazione locale su imprese e cittadini, ottimizzare la qualità dei servizi, determinarne in modo più trasparente i costi e valutare in modo reale l’impatto degli oneri fiscali su popolazione e tessuto imprenditoriale. L’aggregazione dei Comuni porterebbe anche ad una migliore gestione e dotazione di strutture e infrastrutture da mettere a fattor comune, a vantaggio di un territorio in grado di esprimere una maggiore attrattività.
Rigenerazione e marketing urbano: con la nostra analisi sugli indici di attrattività in alcuni Comuni della provincia abbiamo sottolineato come a fronte del pagamento delle tasse, imprese e cittadini debbano contare su servizi funzionali, ma l’attrattività passa anche dall’insediamento di nuove, micro, attività artigianali nelle città. Alle imprese servono luoghi di insediamento con servizi su misura (dalle infrastrutture stradali a quelle digitali), tassazione sostenibile, incentivi locali per l’avvio di nuove attività: dare continuità all’imprenditoria del territorio significa riconoscere il suo valore economico e sociale.
Far rivivere una città significa gettare le fondamenta di un sistema urbano nel quale le bellezze turistiche sappiano convivere con le bellezze del tessuto imprenditoriale favorendo l’insediamento di piccole attività artigianali nelle zone dismesse o abbandonate della provincia dotate di servizi moderni. Questo è un tema particolarmente caldo che si collega direttamente all’occupazione giovanile e all’inserimento delle nuove generazioni nelle aziende. In provincia il tasso di disoccupazione risulta oggi ben superiore a quello registrato in tutto il resto d’Italia e colpisce soprattutto i giovani dai 15 ai 30 anni: nell’ultimo anno, infatti, la disoccupazione giovanile è salita dal 30% al 40%, con punte del 50% per gli uomini (35% per le donne), dati ben più alti se prendiamo in considerazione la fascia di età tra il 30 e i 50 anni. Un territorio, dove non ci sono opportunità di lavoro, non è un territorio attrattivo; anzi, è un territorio che rischia di perdere la sua identità.
L’impegno concreto deve essere di tutti. Lo scollamento tra mondo del lavoro e mondo della scuola è quello che più pesa sul futuro dei giovani, ma anche degli imprenditori. Per questo tutti gli attori del territorio – chi vicini alle imprese e chi ai giovani – devono accettare questa loro responsabilità per la qualificazione e la crescita delle nuove generazioni attraverso l’acquisizione di quelle competenze che servono alle aziende. Associazioni di categoria e comuni, università, scuole, centri per l’impiego, informa giovani, assessorati alle politiche giovanili e alle attività produttive devono lavorare insieme per garantire un futuro ai nostri giovani e alle nostre imprese.
Rodrigo Foti