Gravvissimo atto intimidatorio questa notte sulla strada statale che collega San Fratello a Cesarò (Me) nei confronti di Giuseppe Antoci, presidente del Parco dei Nebrodi.
Alcuni massi erano finiti “casualmente” sulla carreggiata e al rallentamento della marcia delle auto su cui viaggiava Antoci, che in passato aveva ricevuto delle minacce di morte e dei proiettili in una busta a lui indirizzata, almeno due malviventi sono usciti dai boschi sparando contro l’auto blindata.
L’uomo di scorta del presidente Antoci ha risposto al fuoco ferendo uno dei malviventi. A dargli man forte anche il dirigente del commissariato di Sant’Agata di Militello, Daniele Manganaro, che seguiva Antoci su un’altra auto. Gli attentatori pare fossero anche provvisti di bottiglie incendiarie.
Antoci stava rientrando da una manifestazione a Cesarò e la sua auto è stata bloccata lungo i tornanti di montagna all’altezza di casello muto. A fermare i pallettoni di grosso calibro è stata la carrozzeria blindata dell’auto.
Negli ultimi tempi Antoci, alla guida del Parco, ha inferto duri colpi a quella chiamata “mafia dei pascoli”. Da decenni le famiglie mafiose hanno messo le mani su migliaia di ettari di terreno pubblico riuscendo ad ottenere milioni di euro di contributi. Adesso grazie ad un protocollo d’intesa siglato dal Parco, Prefettura e Regione, le aziende in odor di mafia non potranno beneficiare dei fondi europei ottenuti e se già avviate all’iter burocratico, saranno escluse.
Sicuramente un provvedimento che non ha fatto piacere ad alcune famiglie mafiose che si impadronivano così di boschi sterminati tra i Nebrodi e le Madonie, affidati poi alle famiglie dei Santapaola, dei Bontempo Scavo e perfino di Riina, senza che nessuno avesse mai osato dire nulla. Antoci ha messo le mani su quello che è considerato un affare milionario per le cosche.
Secondo gli inquirenti che stanno indagando sull’agguato ad Antoci, i killer hanno sparato per uccidere e Antoci si è salvato soltanto grazie all’auto blindata e all’intervento dei poliziotti di scorta. Ancora è presto per fare ipotesi sui mandanti. Ma fra le piste seguite anche quella legata alla task force contro l’abigeato e la macellazione clandestina e il protocollo di legalità per la concessione dei terreni demaniali che prevede l’obbligo del certificato antimafia.
Maria Chiara Ferraù