Sei persone sono state condannate dalla corte d’appello di Catania. Erano rimaste coinvolte nell’operazione denominata Castigo portata avanti dai carabinieri del reparto operativo di Catania.
I giudici hanno inflitto 9 anni e 4 mesi per Raffaele Salvatore Nolfo, 43enne già ai domiciliari; 10 anni e 4 mesi per Francesco Pulvirenti, 34enne già ai domiciliari; 6 anni e 9 mesi per Giovanni Giordano, 34 anni; 3 anni e 4 mesi di reclusione per il 31enne Luca Odorifero; 4 anni e 9 mesi per la sessantenne Antonina Scuderi e, infine, 8 anni e 5 mesi di reclusione per il 28enne Alfio Casabianca.
Tutti sono stati ritenuti responsabili di produzione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, tranne Nolfo che risponderà anche del reato di evasione e Pulvirenti di detenzione illegale di armi.
La sentenza scaturisce dall’operazione antidroga Castigo eseguita nel quartiere PIcanello del capoluogo etneo e che portò all’arresto di 10 persone. Le indagini consentirono di riscontrare la fondatezza di alcune denunce e di individuare in breve tempo i soggetti che detenevano il controllo e l’esclusiva gestione del settore dello spaccio di marijuana nel quartiere.
I carabinieri accertarono che la piazza di spaccio era attiva dalle 17.00 alle 21.00 tutti i giorni, festivi compresi. Ognuno degli arrestati aveva un compito preciso e inoltre era stato effettuato un presidio con il compito di contattare gli acquirenti e numerose erano le vedette dislocate nelle vie circostanti per eludere il controllo delle forze dell’ordine.
La droga veniva occultata in grossi quantitativi in nascondigli da cui veniva prelevata in piccole quantità via via che si esaurivano le scorte detenute dai pusher. Il giro d’affari calcolato ammontava a circa 1.800 € al giorno.
Di primaria importanza anche il ruolo delle donne tratte in arresto, alle quali il clan aveva assegnato il compito di raccogliere il provento quotidiano dell’attività di spaccio e di custodirlo in maniera sicura per conto degli altri.
Gli arrestati sono stati associati nelle carceri di Piazza Lanza e Bicocca, come disposto dall’Autorità Giudiziaria.
Maria Chiara FErraù