Da Paolo Rossi a Ottavia Piccolo, da Moni Ovadia a Simone Cristicchi, da Pino Caruso a Marco Paolini, da Stefano Accorsi a Rocco Papaleo, da Laura Marinoni ad Anna Bonaiuto. Sono alcuni dei protagonisti della nuova stagione del Teatro Biondo Stabile di Palermo, diretto da Roberto Alajmo. Si alterneranno con alcuni dei maggiori interpreti e registi del teatro siciliano, a cominciare dall’artista residente Emma Dante, che inaugurerà la stagione il 24 ottobre con la nuova produzione dello Stabile: Io, nessuno e Polifemo, cui farà seguito la sua Operetta burlesca, in scena a maggio.
La stagione del Biondo si propone di consolidare il percorso di rinnovamento avviato lo scorso anno. Alla luce dei risultati molto positivi, raggiunti in termini di pubblico e di consenso cittadino, la nuova programmazione approfondisce le linee portanti del nuovo corso, dando spazio ad alcune affermate esperienze artistiche siciliane e a giovani autori, e compagnie che contribuiscono a disegnare i contorni della nuova scena teatrale palermitana. Parallelamente, saranno proposti diversi spettacoli dove i confini tra categorie e generi sfumano nell’originalità delle scritture e nel felice connubio tra prosa, musica e linguaggi diversi. Lo slogan della stagione è: “Quello che non ti aspetti”, per rimarcare l’originalità delle proposte e la loro distanza dal teatro di prosa convenzionale.
Anche nel caso dei pochi spettacoli basati su testi e autori di repertorio, si tratta di originali riletture critiche, che sfruttano soluzioni sceniche d’avanguardia, come nel caso di Non si sa come di Pirandello, riletto da Pino Caruso in chiave psicanalitica; L’onorevole di Sciascia nella messa in scena di Vetrano e Randisi; il Decamerone di Boccaccio “raccontato” da Stefano Accorsi con la regia di Marco Baliani; Natale in casa Cupiello di Eduardo De Filippo rivisitato da Fausto Russo Alesi, uno di quei palermitani da tempo migrati e apprezzati fuori dalla Sicilia.
Accanto a loro, una geografia storica e sociale dell’Italia, per ricordare anche il centenario della Grande Guerra, attraverso le narrazioni di Moni Ovadia e Giuseppe Cederna; la questione meridionale raccontata in musica da Rocco Papaleo; il dramma delle foibe nel teatro-canzone di Simone Cristicchi; la maschera di Arlecchino, che offre a Paolo Rossi lo spunto per irresistibili divagazioni sul teatro, sulla commedia dell’arte e sulla contemporaneità.
Intorno al lavoro di Emma Dante, che si intensificherà ulteriormente con l’avvio del primo corso per attori della “Scuola dei Mestieri dello Spettacolo”, diretta proprio dalla regista, si coagulerà una rosa di artisti siciliani che rappresentano la punta più avanzata della ricerca contemporanea: Vincenzo Pirrotta, alle prese con una rilettura di Eschilo insieme ad Anna Bonaiuto, Gigi Borruso, Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco, Giuseppe Cutino, Sabrina Petyx, Clara Gebbia, Alfio Scuderi, Lina Prosa, che dopo Lampedusa Beach proporrà il secondo capitolo dellaTrilogia del naufragio sul dramma dell’immigrazione: Lampedusa Snow.
A completare questo frastagliato paesaggio teatrale, che restituisce la varietà di linguaggi, di temi ed esperienze della scena contemporanea, sono stati chiamati Marco Paolini, che coinvolgerà il pubblico in una riflessione su Galileo Galilei; Ottavia Piccolo, che darà voce agli scritti e alle esperienze della giornalista Anna Politkovskaja, uccisa per i suoi coraggiosi reportage sulla Russia di Putin.
In tutto 20 spettacoli – di cui 10 produzioni – divisi tra Sala Grande (11 spettacoli proposti in nove turni ciascuno, tre in più dello scorso anno) e Sala Strehler (9 spettacoli), distinti in due differenti proposte d’abbonamento.
Abbonamenti a partire da lunedì 8 settembre, riconferme entro il 28 settembre.
Il presidente del Teatro Biondo, Giovanni Puglisi, commenta così la nuova stagione: “Ho apprezzato moltissimo, insieme al Consiglio di Amministrazione, la passata stagione teatrale, che ha restituito credibilità, prestigio e pubblico al Teatro Biondo. Considero il nuovo cartellone un auspicio per il consolidamento e il potenziamento dei risultati raggiunti”.
Il direttore Roberto Alajmo: “Spero sia la stagione che spazzerà via l’ultima polvere che gli anni hanno depositato sul Teatro Stabile di Palermo. Nella programmazione ho cercato di abbattere le barriere fra i generi diversi, mescolando musica, prosa e narrazione. Vorrei smantellare la convinzione che a teatro si vada con l’idea di dover assolvere un dovere, quasi espiare il peccato di essere colti. A teatro bisogna entrare con spirito curioso e felice. Mi piacerebbe vedere molti giovani, quest’anno, al Biondo”.
La Stagione 2014/2015 nel dettaglio:
SALA GRANDE
dal 24 ottobre al 2 novembre 2014
Io, Nessuno e Polifemo
Intervista impossibile di Emma Dante
testo e regia Emma Dante
con Emma Dante, Salvatore D’Onofrio, Carmine Maringola e la partecipazione delle danzatrici Federica Aloisio, Giusi Vicari, Viola Carinci
musiche eseguite dal vivo da Serena Ganci
costumi Emma Dante
scene Carmine Maringola
luci Cristian Zucaro
coreografie Sandro Maria Campagna
assistente alla regia Daniela Gusmano
produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo
Dall’intervista impossibile a Polifemo, pubblicata nel 2008 da Einaudi nella raccoltaCorpo a Corpo, nasce questo progetto in cui Emma Dante prova a ripercorrere lo sbarco di Odisseo nella terra dei Ciclopi spaventosi.
«Tremante, io incontro Polifemo e pian piano lo conquisto, lui si lascia andare, si mostra ironico, loquace, racconta l’arrivo del nemico dal suo punto di vista e mi spiazza. Gli chiedo un ricordo da portare via e lui, antropofago di carni umane crude, mi svela una ricetta sofisticatissima: crapetto caso e ova. Col tempo, nella solitudine, è diventato di pietra. Ecco la sua descrizione: Song io ’a caverna. Song tutt’uno con la roccia, monotono e gigantesco, un’enorme montagna senza cuore. Sono di pietra, signò, e voi mi abitate! Al posto dell’occhio tengo ’n fronte una grotta oscura e il macigno ca ’nzerra a metà l’entrata è la mia palpebra spezzata. voi site trasùta dinto, signò, nel monumento, e n’avite appena sfiorato la grandezza. Immense sale vuote mi scorrono dint’e vene, sorde e mute. Andate! Visitatele tutte! Tanto come trasìte accussì ascìte, tale e quale, perché non troverete altro che pietra e polvere. La mia voce non è riuscita a entrare nelle vostre orecchie come invece ha fatto quella di Omero, Virgilio, Euripide, Teocrito, Ovidio. Perché la mia voce è privata e voi non siete pronta a coglierne il segreto. Comme ’e creature vi facite cullà da rapsodie popolari, credendo ai mostri e agli eroi. Signò, io song sempre stato un essere pacifico, monòcolo, sì, ma armonioso, e le pecore, i montoni, i capretti non s’hanno mai appauràto ’i me. E ora jatevenne! Jamme bella! Ca mi fa male ’a capa!
Lo lascio, intenerita dai suoi racconti, e mentre vado via riecheggia nella caverna la voce di Odisseo. Anche lui è dentro la sua testa».
dal 14 al 23 novembre 2014
Doppio fronte
Oratorio per la grande guerra
di e con Lucilla Galeazzi e Moni Ovadia
e con Luca Garlaschelli (contrabbasso), Massimo Marcer (tromba),
Albert Florian Mihai (fisarmonica), Paolo Rocca (clarinetto)
suono Mauro Pagano
produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo
in collaborazione con Promo Music / Ravenna Festival 2014
Doppio fronte racconta la Prima Guerra Mondiale, quella combattuta dal nostro esercitò nelle trincee e sui monti e quella vissuta nel quotidiano da un’Italia che via via andava impoverendosi sempre di più. Un paese dove le donne condussero da sole una quotidiana battaglia di sopravvivenza per mantenere le famiglie.
I testi sono tratti dalle lettere dal fronte, dalle memorie dei combattenti (tra cui Gadda e Ungaretti), dai diari di uomini e donne che vissero la guerra “in casa”, come i veneti e i friulani. Questi ultimi, arruolati nel ’14 dall’esercito austriaco e mandati a combattere sul fronte orientale, nel ’15 si trovarono in trincea contro l’esercito italiano!
I canti sono quelli del grande repertorio a cui dette vita la sanguinosissima guerra e le sue battaglie: canti patriottici, canti contro la guerra, Trilussa, E. A. Mario e la canzone Gorizia, canto straordinario e indimenticabile delle sofferenze quotidiane e terribili dei nostri soldati.
In scena, Moni Ovadia nel ruolo dell’aedo, e Lucilla Galeazzi, cantante e narratrice, accompagnati da musicisti e coro.
La Prima Guerra Mondiale fu imposta all’Italia da una minoranza avventuriera e fanatica contro una maggioranza sfavorevole. Tra sogni di espansione e irredentismo, il motore di una “fatale e irrinunciabile” chiamata alle armi fu l’ambizione e l’ambiguità del primo ministro Salandra, del suo ministro degli esteri Sonnino, del generale Cadorna, comandante in capo dell’esercito italiano ed infine del titubante Vittorio Emanuele III, Re d’Italia. Mentre trattavano con gli imperi centrali la “non belligeranza” italiana, a patto di una contropartita territoriale, si incontravano in segreto, a Londra, con Francia ed Inghilterra, giocando al rialzo. Fu così che il 26 aprile 1915 l’Italia firmò in segreto (soprattutto del parlamento) il patto di Londra, col quale l’Italia s’impegnava ad entrare in guerra al loro fianco.
dal 28 novembre al 7 dicembre 2014
Arlecchino
di e con Paolo Rossi
interventi musicali di Emanuele Dell’Aquila e Alex Orciani
produzione CRT Milano
Arlecchino rende omaggio al mitico Arlecchino servitore di due padroni di Goldoni/Strehler, la cui prima edizione risale al 1947, che è diventato l’icona del teatro italiano nel mondo.
Dopo oltre mezzo secolo dalla geniale invenzione, che aveva trasformato il Truffaldino di Goldoni nella maschera di Arlecchino, Marcello Moretti, prima, e Ferruccio Soleri, poi, sono diventati l’immagine vivente della tradizione centenaria della Commedia dell’Arte, l’icona di una creatività che ancora oggi non manca di meravigliare il pubblico di ogni continente, abbattendo ogni volta tutte le barriere di lingua e di cultura.
L’Arlecchino di Paolo Rossi, irriverente, buffone, e soprattutto infernale, si ritroverà circondato da altri Arlecchini in carne ed ossa … e anche in legno!
Più funambolico e lunare che mai, Rossi si lancia in nuovo percorso che lo costringe ad abbandonare la sua maschera per rivivere nei panni di un “Arlecchino nevrotico e surreale, in tono con il terzo millennio prossimo venturo”, proprio come l’aveva definito Giorgio Strehler.
Ospiti d’onore, altri Arlecchini, primo fra tutti Ferruccio Soleri e poi Enrico Bonavera, Claudia Contin, Silvio Castiglioni e il burattino di Daniele Cortesi.
dal 12 al 21 dicembre 2014
Una piccola impresa meridionale
di Rocco Papaleo e Valter Lupo
regia Valter Lupo
costumi Eleonora Rella
disegno Luci Marco Palmieri
con Rocco Papaleo
e con Francesco Accardo (chitarra), Jerry Accardo (percussioni), Guerino Rondolone (contrabbasso), Arturo Valiante (pianoforte)
produzione Nuovo Teatro
Un esperimento di teatro canzone, come un diario da sfogliare a caso, che raccoglie pensieri di giorni differenti. Brevi annotazioni, rime lasciate a metà, parole che cercavano una musica, storielle divertenti o che tali mi appaiono nel rileggerle ora. Non è che un diario racchiuda una vita, ma di certo, dentro, trovi cose che ti appartengono, e nel mio caso l’azzardo che su alcune di quelle pagine valesse la pena di farci orecchiette, per riaprirle ogni sera a chi ha voglia di ascoltare.
Fin qui, il senso della piccola impresa. A renderla meridionale, ci pensa l’anagrafe, mia e della band che tiene il tempo. Ma sarebbe meglio dire, il controtempo, visto che il sud, di solito, scorre a un ritmo diverso. La questione meridionale, in fondo, è tutta qui: uno scarto di fuso orario, un jet lag della contemporaneità che spesso intorpidisce le nostre ambizioni. Del corpo sociale, siamo gli arti periferici, dita e unghie. Il cuore pulsante batte altrove, mentre a noi, tutt’al più spetta la manicure.
Dunque, un teatro a portata di mano, col desiderio, a ben vedere, solo di stringerne altre.
Rocco Papaleo
dal 9 al 18 gennaio 2015
L’onorevole
di Leonardo Sciascia
adattamento e regia Enzo Vetrano e Stefano Randisi
scene e costumi Mela Dell’Erba
con Enzo Vetrano, Laura Marinoni, Stefano Randisi
produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo
in collaborazione con Emilia Romagna Teatro Fondazione / Diablogues – Compagnia Vetrano/Randisi
L’onorevole è un testo che racconta con intrigante ironia come l’ascesa politica di un onesto professore di lettere possa diventare un’ineluttabile ma pacifica, perfino brillante, caduta morale.
Il professor Frangipane, pur nella modestia in cui vive, è felice di rappresentare per i suoi figli e i suoi allievi un modello di correttezza e idealità basato sulla cultura e sul rispetto. La moglie Assunta lo ama, lo ammira e lo sostiene nell’affrontare le difficoltà quotidiane. Una sera d’estate del ’47 il professore riceve una visita inattesa, e con essa l’offerta di una candidatura come deputato alle imminenti elezioni politiche.
Nel secondo e terzo atto della commedia seguiamo l’onorevole in una carriera politica inarrestabile, che lo porta a conquistare un potere sempre più autorevole, a muoversi tra agi e lusso, ma anche a scendere a compromessi sempre più miseri e a stringere loschi accordi con personaggi malavitosi.
«Letto oggi – spiegano Vetrano e Randisi – questo testo scritto nel 1965, che ci parla di connivenze tra politica, affari, alti prelati e criminalità organizzata, di favori e corruzioni, di furbizie e tradimenti, assume il carattere di un’amara profezia, anche per l’avvertenza che l’Aautore fa nella premessa: “L’onorevole Frangipane – dice Sciascia – è democristiano, e la sua circoscrizione è quella della Sicilia occidentale (…) ma potrebbe anche essere di altro partito, di più o meno lunga esperienza governativa, e il suo collegio elettorale quello di un’altra regione italiana” ».
dal 20 al 29 gennaio 2015
Decamerone
Vizi, virtù, passioni
liberamente tratto dal Decamerone di Giovanni Boccaccio
adattamento teatrale e regia di Marco Baliani
drammaturgia Maria Maglietta
scene e costumi Carlo Sala
luci Luca Barbati
con Stefano Accorsi
produzione Nuovo Teatro
in collaborazione con Fondazione Teatro La Pergola
«Le storie servono a rendere il mondo meno terribile, a immaginare altre vite, diverse da quella che si sta faticosamente vivendo, le storie servono ad allontanare, per un poco di tempo, l’alito della morte.
Finché si racconta, finché c’è una voce che narra siamo ancora vivi, lui e lei che racconta e noi che ascoltiamo.
Per questo ci si sposta da Firenze verso la collina e lì si principia a raccontare. La città è appestata, la morte è in agguato, servono storie che facciano dimenticare, storie di amori ridicoli, erotici, furiosi, storie rozze, spietate, sentimentali, grottesche, paurose , purchè siano storie, e raccontate bene, perchè la vita reale là fuori si avvicina con denti affilati e agogna la preda.
Abbiamo scelto di raccontare alcune novelle del Decamerone di Boccaccio perchè oggi ad essere appestata è l’intera società. Ne sentiamo i miasmi mortiferi, le corruzioni, gli inquinamenti, le conventicole, le mafie, l’impudicizia e l’impudenza dei potenti,la menzogna, lo sfruttamento dei più deboli, il malaffare.
In questa progressiva perdita di un civile sentire, ci è sembrato importante far risuonare la voce del Boccaccio attraverso le nostre voci di teatranti.
Per ricordare che possediamo tesori linguistici pari ai nostri tesori paesaggistici e naturali, un’altra Italia, che non compare nei bollettini della disfatta giornaliera con la quale la peste ci avvilisce.
Per raccontarci storie che ci rendano più aperti alla possibilità di altre esistenze, fuori da questo reality squallido in cui ci costringono a recitare come partecipanti di un globale Grande Fratello.
Perchè anche se le storie sembrano buffe, quegli amorazzi triviali e laidi, quelle puzzonate, quelle strafottenti invenzioni che muovono al riso e allo sberleffo, mostrano poi, sotto sotto, come in tutte le grandi storie, il mistero della vita stessa, un’amarezza lucida che risveglia di colpo la coscienza, facendoci di botto scoprire che il re è nudo, e che per liberarci dall’appestamento dobbiamo partire dalle nostre fragilità e debolezze, riconoscerle, farci un bell’esame, ridendoci sopra, e digrignando i denti, magari uscendo da teatro poco indignati ma ragionevolmente incazzati, anche con noi stessi».
Marco Baliani
dal 27 febbraio all’8 marzo 2015
Non si sa come
di Luigi Pirandello
regia Luigi Pirandello
scene Enzo Venezia
costumi Dora Argento
con Pino Caruso
produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo
Il conte Romeo Daddi, personaggio serio e rispettabile, è innamorato della moglie e buon amico di Giorgio Vanzi. Eppure – non si sa come – gli accade di tradire entrambi con Ginevra, amica di famiglia e moglie di Giorgio. Un gesto istintivo, come spiegherà lo stesso Romeo, non dettato da alcun sentimento e apparentemente inspiegabile. Come se non bastasse, durante la sua confessione, l’uomo racconta un altro delitto commesso per “futili motivi” quando era ragazzo.
Pino Caruso affronta in chiave psicoanalitica uno dei testi più drammatici di Pirandello, immaginando che questi possa essere stato un paziente di Freud, il quale, a sua volta, potrebbe essere un personaggio pirandelliano. «In altre parole – spiega Caruso – mentre Pirandello è freudiano, Freud è pirandelliano. Ti rendi conto che alcune sue commedie avrebbe potuto scriverle proprio Freud, come alcuni trattati di psicanalisi avrebbe potuto concepirli Pirandello. Si chiude il cerchio di una scoperta della mente sulla mente, che inventa un modo di leggere l’anima dell’uomo e i percorsi del suo cervello. Come dire che i miracoli li fa la scienza, la quale si fa letteratura, che si fa – in pensieri, parole e opere – teatro».
dal 20 al 29 marzo 2015
Itis Galileo
di Francesco Niccolini e Marco Paolini
con Marco Paolini
consulenza scientifica Stefano Gattei
consulenza storica Giovanni De Martis
elementi scenici Juri Pevere
produzione Jolefilm
Essere geniali, in circostanze difficili, può essere un problema, per gli altri soprattutto. Parte da questa considerazione il lavoro di approfondimento curioso che Marco Paolini e Francesco Niccolini hanno dedicato alla figura di Galileo.
Il padre della scienza moderna, infatti, appare agli occhi dei contemporanei come un grande divulgatore dei propri studi, ma soprattutto come una mente che rimane aperta al dubbio fino alla fine, fino alla vecchiaia. Quando si parla di Galileo si pensa sempre a un anziano venerando: sarà una questione di iconografia, ma forse è anche perché si capisce che lo scienziato non si mette mai in pensione con la testa. Anzi, le scoperte più importanti le raggiunge dopo i sessant’anni.
Galileo vive quattrocento anni prima di noi, in un’epoca governata da certezze e rigidità di pensiero, ma alcuni elementi tornano oggi a riaprire il confronto con quel passato. L’obiettivo di Marco Paolini è quello di coinvolgere nel ragionare, non solo nel raccontare, arrivare a una situazione in cui il pubblico non sia seduto tranquillo, sapendo di dover fare lo spettatore e basta. Va in scena a teatro un dialogo, anche se non proprio sopra i massimi sistemi, ma almeno su di un “minimo comune e multiplo”. La ragione ha perso appeal? La scienza ha deluso? Una morale laica non esiste? Sono alcuni degli interrogativi che Paolini solleva nel suo spettacolo rivolgendosi direttamente al pubblico.
«Viviamo in un tempo in cui la magia è tornata a governare il futuro – spiega il regista – Sarà perché le leggi dell’economia non sono leggi matematiche e contengono una componente di caso molto rilevante, sta di fatto che il nostro mondo cerca consolazione negli astri. E mi stupisce che, 400 anni dopo la consacrazione dell’universo post-rivoluzione copernicana, tutti i giorni molti tra noi consultino le previsioni dell’oroscopo, che utilizzano le stelle fisse di Tolomeo. Alla fine non importa se il cielo non è così, perché quello che conta è che ci piace. Galileo è usato spesso come simbolo della scienza libera contro la fede integralista, ma in realtà è uno che per campare fa anche oroscopi. Eppure, ha la forza di guardare oltre».
dal 15 al 24 aprile 2015
Magazzino 18
di Simone Cristicchi e Jan Bernas
scene Paolo Giovanazzi
luci Nino Napoletano
musiche e canzoni inedite Simone Cristicchi
musiche di scena e arrangiamenti Valter Sivilotti
regia Antonio Calenda
con Simone Cristicchi e la FVG Mitteleuropa Orchestra
diretta da Valter Sivilotti
produzione Promo Music / Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
Al Porto Vecchio di Trieste c’è un “luogo della memoria” particolarmente toccante: il Magazzino 18. Racconta di una pagina dolorosa della storia d’Italia. Con il trattato di pace del 1947 l’Italia perdette vasti territori dell’Istria e della fascia costiera, e circa 300 mila persone scelsero – davanti a una situazione intricata e irta di lacerazioni – di lasciare le loro terre natali destinate a non essere più italiane. Non è difficile immaginare quale fosse il loro stato d’animo, con quale sofferenza intere famiglie impacchettarono tutte le loro cose e si lasciarono alle spalle le loro città, le case, le radici.
Simone Cristicchi è rimasto colpito da questa pagina della nostra storia e ha deciso di ripercorrerla in una canzone e in un testo teatrale che prende il titolo proprio da quel luogo di Trieste, dove gli esuli – prossimi ad affrontare lunghi periodi in campi profughi o viaggi verso lontane mete nel mondo – lasciavano le loro proprietà, in attesa in futuro di rientrarne in possesso.
Il pubblico seguirà l’avventura di uno sprovveduto archivista romano, inviato dal Ministero a redigere un inventario; incontrerà lo “spirito delle masserizie” e gli altri protagonisti nascosti tra gli oggetti: una sedia, accatastata assieme a molte altre, porta un nome, una sigla, un numero e la scritta “Servizio Esodo”. E poi, materassi, letti, stoviglie, fotografie, poveri giocattoli, altri oggetti, altri numeri, altri nomi, altre storie.
In una messinscena che intreccia con sensibilità documentazione storica e poesia, Cristicchi parte da quegli oggetti privati e semplici, per riportare alla luce le vite che vi si nascondono: le narra schiettamente e passa dall’una all’altra cambiando registri vocali, costumi, atmosfere musicali, in una koiné di linguaggi che trasfigura il reportage storico in una forma nuova, una specie di “Musical-Civile”. Video proiezioni, musica, canzoni e fotografie accompagneranno il pubblico verso un finale che è un tributo alle vittime, e nello stesso tempo la visione di un futuro possibile.Fondamentale l’apporto della FVG Mitteleuropa Orchestra, che esegue dal vivo la partitura dello spettacolo, nel quale si alternano musiche e canzoni inedite dello stesso Cristicchi.
dal 8 al 17 maggio 2015
Clitennestra Myllennium
di Vincenzo Pirrotta
regia e scene Vincenzo Pirrotta
costumi Giuseppina Maurizi
musiche Giacomo Cuticchio
con Anna Bonaiuto
produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo / Teatro Stabile di Catania
Vincenzo Pirrotta immagina che Clitennestra, personaggio centrale nella mitologia greca e nell’opera di Eschilo, si risvegli dopo un letargo di tremila anni.
Squarciando il velo di placenta dentro il quale ha riposato tutto questo tempo, Clitennestra si ritrova in un mondo post-moderno in cui tutto è distruzione e maceria, il lusso è per i pochi, gli uomini si sono fatti Dei, le Eumenidi sono scese dal loro piedistallo di dee e, in un’epoca dove tutti sono cani feroci, sono ridiventate Erinni per proteggere la nuova casta “divina”.
La spaesata Clitennestra rivendica la propria dignità regale e compie, portandosi addosso tutto il carico di sofferenza e di ricordi, un viaggio che la condurrà nuovamente ad un incontro-scontro con la propria famiglia.
Conservando la struttura della tragedia greca, Pirrotta riscrive la leggenda per i nostri giorni, inventando un nuovo linguaggio, che trasforma i cori classici in fraseggi blues e rap.
dal 22 al 31 maggio 2015
Natale in casa Cupiello
di Eduardo De Filippo
regia e adattamento Fausto Russo Alesi
scene Marco Rossi
luci Claudio De Pace
musiche Giovanni Vitaletti
con Fausto Russo Alesi
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Fausto Russo Alesi trasforma il capolavoro eduardiano in un “assolo”. Una scelta ponderata, che ha richiesto un attento lavoro di adattamento: ne risultano un’incredibile fedeltà al testo originale e l’effetto straniante di un unico interprete “posseduto” da tutti i personaggi della commedia, che in effetti è commedia dell’autoillusione, della “non comunicazione” della solitudine, anche se ne è protagonista una famiglia.
«È con gioia, paura, emozionata curiosità ed una buona dose di follia, che mi sono avventurato alla scoperta del teatro di Eduardo De Filippo – spiega Russo Alesi – Ho scelto di utilizzare il mio corpo come unico strumento per suonare questo dramma dell’io e della solitudine, immaginando uno spettacolo d’evocazione tra il sonno e la veglia, tra la vita e la morte, tra lucidità e delirio, tra memoria e presente, tra il palcoscenico e la platea. È difficile definire Natale in casa Cupiello, perché è un testo semplice e complesso allo stesso tempo. Semplice perché popolare, familiare e complesso perché umano, realistico sì, ma soprattutto metaforico. Quando lo leggo, ho la sensazione di trovarmi davanti a un meraviglioso spartito musicale, un vibrante veicolo di comunicazione, profondità e poesia. Anche se la cifra è quella della leggerezza e dell’ironia, dal testo emerge una vena piuttosto amara e desolante. Ci viene presentata una casa misera, distrutta, inguaiata, sotto sopra, gelata, quasi terremotata; ed è Luca che definisce sua moglie Concetta, la regina della casa, come: “Vecchia, aspra e nemica”. È una famiglia la cui identità è alquanto precaria, non si dialoga più veramente ma si monologa, ed è per questo che credo nella sfida di attraversare questa storia in solitudine».
SALA STREHLER
dal 2 al 17 dicembre 2014
Un errore umano
di Gigi Borruso
con Gigi Borruso, Serena Rispoli
produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo
in collaborazione con Transit Teatro
Una pièce centrata sulla confessione di una donna siciliana che, precipitata nell’inferno di una famiglia mafiosa, tenta di ribellarsi ma è ridotta al silenzio e internata in una clinica psichiatrica.
Lia è una donna inventata ma non irreale. Attraverso le sue parole è possibile immaginare la storia di tante altre donne, figlie, madri, mogli di “uomini d’onore”. Intuire al sua paura, il desiderio di verità, la rivolta, soffocate nella sua solitudine. Questa donna ha perduto tutto: i suoi figli, la sua dimensione femminile, il suo posto nella società. Devastata dal dolore, stordita dalle “cure”, è tuttavia determinata a impedire che si svolga lo spettacolo realizzato dai pazienti della clinica dov’è internata.
Con la sua rabbia, la sua ironia disperata, Lia sosterrà una lotta all’ultimo respiro con il cinismo e l’accattivante amoralità dell’istituzione clinica. Il suo carceriere diverrà, malgrado tutto, il suo unico confidente. Il loro duello assumerà i connotati di una danza grottesca, dai contorni surreali e a volte comici, nella quale entrambi i personaggi si ritroveranno prigionieri.
Un errore umano è dedicato alle tante donne vittime della cultura mafiosa ma anche protagoniste di un tentativo di riscatto.
«Di mafia e dello squasso morale che l’Italia ha subito è stato detto tanto – afferma Borruso – Ma tante verità stentano a venire a galla e la nostra coscienza troppo spesso si accontenta di commemorazioni, di contrizioni ad uso e consumo dei media, mentre rifiuta di vedere la silenziosa barbarie che sta dietro le nostre piccole o grandi complicità. Lia, forse, testimonia solo la ribellione dei perdenti. Eppure solo un perdente conosce ancora la furia e la gentilezza che servono a immaginare un’altra vita. Un perdente. Com’è spesso il teatro, capace sempre di protestare e ricordare cos’è la gioia di stupirsi. A dispetto di tutto».
dal 13 al 27 gennaio 2015
Tre sull’altalena
di Luigi Lunari
regia Alfio Scuderi
con Vincenzo Ferrera, Massimiliano Geraci, Fabrizio Romano
produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo
Tre uomini si ritrovano in una stanza: il primo, un piccolo proprietario d’industria, aspetta una donna nella camera di una pensione; il secondo, un militare, crede di trovarsi in un ufficio informatico; il terzo, uno scrittore, vorrebbe recuperare le stampe del suo libro, pensando di essere nell’ufficio della casa editrice. I tre uomini – giunti da altrettante porte differenti – non si conoscono. Il mistero si infittisce quando sembra che i tre non possano uscire se non dalla porta da cui sono entrati. Obbligati a passare una notte in quella stanza a causa dell’allarme antismog che gli impedisce di lasciare il locale, cominceranno a interrogarsi su quanto sta accadendo e a dare delle risposte all’enigma che li coinvolge.
Questo lo spunto iniziale di Tre sull’altalena, successo internazionale di Luigi Lunari, tradotto in ventiquattro lingue e rappresentato in tutto il mondo. Come afferma lo stesso autore: «I tre personaggi non hanno assolutamente nulla da dirsi, i soli temi di cui quindi possono discutere sono i temi fondamentali dell’esistenza: vita e morte, libertà e costrizione, scienza e mistero, ragione e fede».
«Negli ultimi anni – spiega il regista Alfio Scuderi – il teatro contemporaneo ci ha portato spesso (con successo) verso un’assenza di dialoghi, di parole, di racconto e invece oggi penso che mettere in scena una commedia ben scritta, con dialoghi efficaci, che racconti una storia intrigante e particolare, possa avvicinare un pubblico (apparentemente) meno interessato al teatro. Il mio lavoro sul testo di Lunari, che ancora oggi, dopo 25 anni dal suo primo debutto, considero molto moderno e attuale, parte dall’assunto “chi ci impedisce di dire cose serie ridendo?”».
dal 28 gennaio al 5 febbraio 2015
Educazione fisica
di Elena Stancanelli
regia Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco
scene Petra Trombini
luci Cristian Zucaro
con Enrico Ballardini, Sabino Civilleri, Alice Conti, Giulia D’Imperio, Daniele Giacomelli, Veronica Lucchesi, Dario Mangiaracina, Dario Muratore, Chiara Muscato, Quinzio Quiescenti, Francesca Turrini, Marcella Vaccarino, Gisella Vitrano
produzione CRT Centro di Ricerca per il Teatro, in collaborazione con Santarcangelo dei Teatri, Scenica Frammenti Collinarea Festival, Comune di Ponsacco, PIM Spazio Scenico, Uddu Associazione e Zerocento
Un allenatore vuole trasformare un gruppo di adolescenti nella squadra perfetta. Forgiare i loro corpi, orientare le loro teste. Portarli verso il gesto esemplare, convincerli ad abbandonare la mediocrità per il sublime. I ragazzi gli credono, e si abbandonano alla sua esaltazione. È gratificante farsi strumento delle sue ambizioni, assecondare la sua volontà. La squadra non pensa, i giocatori sono ingranaggi della stessa macchina.
Reagiscono, non elaborano. Si allenano al grido di «If you can’t, then you must! (Se non puoi, allora devi!)». Ma se davvero non puoi, che cos’è il dovere? Con cosa confina, che cosa dovranno essere disposti a cedere? L’allenatore è il sovrano. Si occupa di morale. Annienta modestia, benevolenza e moderazione perché sono ostacoli alla sovranità. Predica il sacrificio, perpetua la menzogna e insinua la diffidenza. La Squadra ritiene la soggezione necessaria. Teme l’allenatore, ne venera l’autorità. Obbedisce per non prendersi la responsabilità di scegliere. Chi è il più forte? E che cos’è, davvero la forza?
Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco costruiscono una metafora sul potere e sui suoi ambigui meccanismi di seduzione e controllo.
dal 12 al 19 febbraio 2015
Paranza
Il miracolo
progetto di Clara Gebbia, Katia Ippaso,
Enrico Roccaforte, Antonella Talamonti
drammaturgia Katia Ippaso
regia Clara Gebbia ed Enrico Roccaforte
scene Kallipigia Architetti
costumi Grazia Materia
luci Michelangelo Vitullo
musiche originali e direzione musicale Antonella Talamonti
con Nené Barini, Filippo Luna, Germana Mastropasqua, Alessandra Roca
produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo
in collaborazione con Teatro di Roma / Teatri del Sacro / Teatro Iaia
Una grande città d’Italia. L’Italia del futuro che verrà e che è già avvenuto. Un’Italia in cui tutti abbiamo perso tutto, un paese che somiglia all’immediato dopoguerra, dove le lancette del tempo vanno avanti e indietro. In una metropoli dove ci si accende e ci si spegne secondo un ritmo misterioso, quattro individui si trovano per strada: ci sono finiti. Le loro vite sono colte in momenti diversi, prima della caduta, durante la caduta, dopo la caduta. Un manager licenziato, una donna malata in attesa di cure, una cantante di talento, una signora benestante ma terremotata: sono le dramatis personae di Paranza – Il miracolo.
Il diritto al lavoro, il diritto alla casa, il diritto alla salute e il diritto all’espressione della propria identità, i diritti conquistati ieri, sono oggi diventati miraggi. Si lotta per la sopravvivenza. Si canta per non morire di stenti. E intanto si finisce col dormire in macchina, facendo finta che sia la stessa bella casa di sempre.
Paranza, che significa “barca o associazione di barche che pescano insieme”, designa anche i gruppi di fedeli che il lunedì, in Albis, vanno dai quartieri di Napoli e dai paesi della provincia in pellegrinaggio alla Madonna dell’Arco. Spesso scalzi, in tenuta rituale, portano sulle spalle una pesante statua e cantando e danzando, sottoponendo il proprio corpo a digiuni e fatiche fisiche, per portare la richiesta di grazia alla Madonna.
La “paranza” dello spettacolo è quella degli “aventi diritto” che si trasformano in “richiedenti miracoli”. Persone che hanno perso tutto ma che si tengono attaccati alla loro umanità. Una paranza che parla, mormora, intona, canta e continua a sperare. Per non rassegnarsi, per ricordarci che siamo esseri umani, con bisogni, diritti e desideri.
dal 26 febbraio all’8 marzo 2015
Lampedusa Snow
testo e regia di Lina Prosa
scene e luci Paolo Calafiore
costumi Mela Dell’Erba
produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo
Dopo Lampedusa Beach, proposto la scorsa stagione, il Teatro Biondo produce Lampedusa Snow, secondo capitolo della Trilogia del naufragio di Lina Prosa, rappresentata con successo alla Comèdie-Française di Parigi tra gennaio e febbraio del 2014.
L’autrice approfondisce il tema umano dell’immigrazione e il suo risvolto poetico, raccontandone la tragedia attraverso le parole del protagonista, Mohamed, e invitando alla riflessione civile e politica su una questione di tremenda attualità e sul “naufragio” come metafora della condizione contemporanea.
Ispirato, come il precedente lavoro, ad un fatto di cronaca, anche questo testo è ilracconto in prima persona di un’odissea tragica. Alcuni anni fa, a causa del sovraffollamento del centro di accoglienza di Lampedusa, alcuni migranti vennero trasferiti in montagna a circa 1800 metri di altitudine. Mohamed è uno di questi: con indosso una felpa usata, troppo grande per lui, il giovane ingegnere africano, stanco dell’attesa che sembra non dover finire mai, decide di cercare un varco per raggiungere l’altro versante del monte. Dopo l’immersione negli abissi di Shauba, il pubblico assiste alla sofferta ascensione di Mohamed, il quale, dopo un surreale incontro con un partigiano che gli parla della rivoluzione e gli insegna Bella ciao, viene avvolto dal freddo e dalla neve fino all’ultimo soffio di vita.
dal 12 al 22 marzo 2015
L’ultima estate dell’Europa
a cura di Augusto Golin e Giuseppe Cederna
regia Ruggero Cara
con Giuseppe Cederna
musiche dal vivo di Alberto Capelli (chitarre) e Mauro Manzoni (flauti e sassofoni)
Produzione Art Up Art
Sarajevo. Domenica 28 Giugno 1914. Un sole sfavillante inondava di luce l’Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono dell’Impero Austroungarico, e la sua consorte la duchessa Sofia. Il terso e luccicante profilo di Sarajevo era punteggiato di minareti. Sarajevo contava ben 100 moschee e quasi altrettante chiese cristiane. Le sinagoghe, sebbene meno numerose, testimoniavano una presenza ebraica. Una popolazione poliglotta, multinazionale, religiosamente variegata, aveva imparato a vivere in reciproca armonia, sotto qualsiasi bandiera. Sono le 10 del mattino. Fra meno di trenta minuti due colpi di pistola sconvolgeranno quel mondo. Un effetto domino incontrollato. In pochi mesi Austria, Serbia, Russia, Germania, Francia e Inghilterra si dichiarano guerra. E l’Italia? L’Italia comincia a pensarci. Ma in realtà ci sta già pensando da molto tempo.
Con l’ausilio delle musiche eseguite dal vivo da Alberto Cappelli e Mauro Manzoni, Giuseppe Cederna racconta la Prima Guerra Mondiale. Un viaggio in “un’altra storia”, dall’esaltazione alla consapevolezza. Memorie, poesie, racconti, lettere dal fronte. Da Marinetti a Gadda, Owen, Ungaretti, Trilussa, Erri De Luca. I pensieri, le preghiere, le illusioni, i desideri, le emozioni e le paure: l’umanità e gli orrori della Grande Guerra.
dal 14 al 29 aprile 2015
Ti mando un bacio nell’aria
di Sabrina Petyx
regia Giuseppe Cutino
scena e costumi Daniela Cernigliaro
movimenti di scena Alessandra Fazzino
disegno luci Marcello d’Agostino
con Massimo Verdastro, Sabrina Petyx
produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo
Una citazione dalla Trilogia della città di K di Agota Kristof è il ring, il filo spinato, il confine dentro il quale si fronteggiano e si rispecchiano Lui e Lei, un uomo e una donna, i due protagonisti di Ti mando un bacio nell’aria.
Due esemplari di genere umano, che si dibattono ciascuno nella propria quotidiana cattività, soccombendo o adattandosi a un immobilismo e a un’amnesia, scritti nel destino, nel buon senso comune, nella ragione dei tanti. Un match, una sfida, un gioco al massacro, che si ripete e dal quale non si riesce a scappare, perché in un mondo in cui ogni reazione sembra aver perso di senso, “la cosa più difficile… è cominciare”.
«Ti mando un bacio nell’aria, l’aguzzo testo di Sabrina Petyx, si presenta come un piccolo esercizio di ferocia strindberghiana, filtrato però da un dolore mediterraneo cui non sono estranei certi echi vagamente pirandelliani. Al centro di esso non c’è propriamente il disagio della coppia: c’è semmai una più ampia fatica di vivere, c’è il fastidio di sopportare se stessi prima ancora che gli altri. C’è lo sgomento di un insanabile distacco fra ciò che si è e ciò che si crede di essere» (Renato Palazzi).
dal 30 aprile al 10 maggio 2015
Operetta burlesca
di Emma Dante
regia scene e costumi Emma Dante
con Viola Carinci, Roberto Galbo, Francesco Guida, Carmine Maringola
coreografie Davide Celona
luci Cristian Zucaro
produzione Sud Costa Occidentale
Ancora una volta Emma Dante scava nell’animo umano, portando in scena, come in un varietà, la triste storia di Pietro, un ragazzo di provincia. Pietro è nato femmina ai piedi del Vesuvio, parla in falsetto, ha un corpo sbagliato e un animo passionale, influenzato dal vulcano. Pietro vive coi genitori, è figlio unico, il padre l’ha messo a lavorare in una pompa di benzina, s’innamora infelicemente un sacco di volte. L’unica sua libertà è scappare di sabato a Napoli: va a fare shopping e a ballare, ma soprattutto a camminare. A dir la verità, le libertà che Pietro riesce a ritagliarsi sono due; perché a volte, di sera, si chiude nella sua cameretta, che è ancora quella di quand’era bambino, si traveste da donna e balla. Pietro cresce ballando da solo. A 40 anni incontra il grande amore. Corrisposto. Ma resta lì paziente al paese, a casa dei genitori, e il sabato va a ballare a Napoli. La storia dura due anni, finché una sera Pietro conosce la verità e, per salvare il suo amore, prende una decisione difficile, in nome dell’amore si esalta, intravede un futuro, fa la valigia, maltratta la madre che non l’ha mai capito. Ma la storia di Pietro non ha non un epilogo felice.
dal 21 al 31 maggio 2015
Donna non rieducabile
Memorandum teatrale su Anna Politkovskaja
di Stefano Massini
regia Silvano Piccardi
con Ottavia Piccolo
musiche per arpa composte ed eseguite dal vivo da Floraleda Sacchi
produzione La Contemporanea
Stefano Massini ha scritto Donna non rieducabile adattando in forma teatrale brani autobiografici ed articoli di Anna Politkovskaja, la giornalista russa uccisa per la sua ricerca della verità, dalla strage al Teatro Dubrovka di Mosca, a quella nella scuola di Beslan. «La mia idea – spiega l’autore – era di trasformare drammaturgicamente questi materiali lavorando sullo scatto d’istantanea, ovvero sulla sequenza immediata, sul flash che coglie un dettaglio e dalla somma di dettagli ricava l’insieme. Non ho voluto raccontare la storia di Anna, non mi interessava. E neppure mi interessava farla raccontare ad altri personaggi. Il mio unico obiettivo era restituire dignità teatrale a una sensazione che mi aveva colpito nel primo avvicinamento ai testi della Politkovskaja: la loro feroce immediatezza. La loro portata fotografica».
Per questo Massini ha tentato di costruire un album di immagini, una carrellata di esperienze in presa diretta, una galleria di zoom su precise situazioni, atmosfere, solo talvolta stati d’animo. Ne è nato un collage di quasi 20 quadri. Ogni volta che il quadro inizia il pubblico non sa niente: viene brutalmente scaraventato dalle parole in un determinato contesto che non conosce e che sta a lui ricostruire dai particolari. È come se per 20 volte gli occhi si riaprissero e si richiudessero su temi e luoghi diversi, sempre da intuire, una «visione in soggettiva degli abissi russo-ceceni».
E Ottavia Piccolo ha dato voce allo smarrimento, all’orrore, alla dignità e anche all’ironia di questa donna indifesa e tenace, con il rigore e l’intensa partecipazione di una attrice che in quei valori di libertà si identifica fino in fondo.