Il genio dell’attore e regista Giuseppe Pollicina è immenso: prova ne è stata la commedia in due atti dal titolo “Cose turche”, liberamente tratta dall’omonimo testo dell’autore francese, ma di origini libanesi, Samy Fayad ed interpretata egregiamente dal cast afferente al “Teatro Stabile di Milazzo”: infatti, tutti i soggetti, espressi dagli attori Cesare Terragna, Maria Da Campo, Nino Calcagno, Gaetano Andriolo, Tania Alioto, Stefania Gitto, Giuseppe Cultrera, Mimmo Picciolo, Rosella Aliotta, Santi Puliafito e Tiziana La Macchia, sono alla maniera pirandelliana nati vivi dalla fantasia del direttore artistico, ma frustrati dal potersi realizzare in una rappresentazione, che li sottragga all’inconsistenza della loro condizione interinale. Essi sono in cerca della loro onesta identità, trovata soltanto alienandosi nel denaro, poiché ciò, che l’autore vuole mettere in scena, è soltanto l’essere, ma non la loro ragione d’essere, nonostante i protagonisti vogliano realizzarsi in una forma organica e coerente. In base a siffatte premesse si spiega lo sviluppo tumultuoso dell’intreccio facendo scaturire un caos animato e naturale, in grado di sistemare ogni circostanza a loro avversa. L’accentuazione dei movimenti, l’espressione prevalentemente della lingua italiana, ma intercalata sovente da interiezioni dialettali, l’allusione senza mai scadere nel triviale esaltano la matrice filosofica e psicologica di alcuni caratteri, la cui riflessione sfocia nella convinzione che il denaro, separando ciascun individuo dalle seduzioni, permette di essere onesti. La polarizzazione fra il direttore di un casinò del nord Italia e la sua segretaria con la banda di scalcinati rapinatori si trasforma gradualmente in integrazione fra gli antagonisti. Conseguentemente ne nasce un’opera teatrale fluente, piena di colpi di scena e senza pause, capace di catturare l’attenzione del pubblico fino al termine. Soddisfatto per il successo della performance teatrale posta in scena per due giorni di seguito nell’Atrio del Carmine, Giuseppe Pollicina ha spiegato la portata della sua trama: “Se il testo di Fayad punta l’attenzione su un protagonista, io invece concepisco ogni personaggio come personalità a sé con le sue specifiche qualità e caratteristiche dimensionandolo alle inclinazioni insite nei vari attori. Tutti i caratteri devono vedersela con i loro alter ego in modo da sentirsi partecipi di un contesto, nel quale sono inseriti”. Tiziana La Macchia, impersonante la fascinosa Luciana Lepre, ha spiegato che la parte assegnata le ha permesso di vincere la sua timidezza: “E’ certamente una sfida diventare ciò che non si è, ma grazie all’aiuto di Giuseppe Pollicina ho impersonato con disinvoltura il ruolo. Intendo ringraziare Valeria Italiano per il suo prezioso contributo nella realizzazione delle scenografie ”. Stefania Gitto, nelle vesti di Marta, la falsa contessa russa, si è detta gratificata dalla parte: “Anche se non mi sono calata del tutto, perché Marta è del tutto antitetica al mio carattere sincero, ho recitato con entusiasmo, giacché il mio intento è stato quello di fare trascorrere agli spettatori delle ore divertenti aiutandoli nel contempo a riflettere sull’importanza dell’onestà in un periodo difficile come quello attuale”. Indubbiamente la postilla morale, pronunciata alla fine dal direttore del casinò, secondo cui il denaro fa diventare onesti, non può non suscitare una meditazione sul senso della vita odierna, che la compagnia del “Teatro Stabile di Milazzo” ha saputo ben impersonare.
Foti Rodrigo