Modica (Rg): inaugurata la mostra di Orazio Spadaro

Dopo i saluti istituzionali dell’assessore alla Cultura Orazio Di Giacomo, del presidente del Consiglio comunale Roberto Garaffa, del vicario generale della Curia vescovile di Noto mons. Angelo Giurdanella e del presidente del Rotary di Modica Roberto Falla, il convegno è entrato nel vivo con le relazioni degli studiosi, moderate dalla giornalista Marcella Burderi.  

Ad aprire i lavori è stato Salvatore Maiore, direttore dell’Archivio storico diocesano presso la Curia vescovile di Noto. L’archivista netino ha compiuto un’analisi quantitativa e distributiva delle opere già censite del prete artista (oltre cento) che si trovano per l’80% tra Noto e Modica. I temi trattati -ciclo mariano, cristologico e vite di santi – ne fanno un’utile strumento di catechesi. Il relatore ha sottolineato, inoltre, la modernità di don Spadaro, capace di anticipare con il suo magistero di prete-artista, l’apertura post-conciliare della Chiesa all’arte contemporanea contenuta nel discorso di papa Paolo VI agli artisti (1964) che sancì un ritorno alla complementarietà di arte e fede. Maiore ha concluso l’intervento con quattro proposte e un auspicio: inventario delle opere dentro e fuori la diocesi, pubblicazione di un catalogo, mostra itinerante e percorsi dedicati in un “museo diffuso”, per poter valorizzare le opere dell’artista-sacerdote.

Gino Carbonaro, critico d’arte, nel suo intervento, ha tracciato un profilo biografico di Spadaro, evidenziando le tappe della sua formazione artistica (Roma, Firenze, ecc.) e l’influsso che il movimento dei cosiddetti Macchiaioli, gli impressionisti di scuola italiana, ebbe sulle sue opere con la “scoperta” della pittura en plein air. Lo Spadaro “pittore della luce” emerge non tanto nei quadri di soggetto sacro dove i contenuti e le forme erano stabiliti dalla committenza e dalla tradizione, quanto nei bozzetti rurali, nei ritratti e nelle marine dove l’artista poteva esprimersi più liberamente e con maggiore originalità.

Paolo Nifosì, storico dell’arte, ha proposto una lettura iconografica delle opere dello Spadaro individuando, con l’ausilio di alcune diapositive, gli elementi di continuità e quelli di novità  nel confronto con i referenti artistici che ispirarono i quadri del sacerdote pittore. Dall’analisi è emerso come l’artista non prediligeva una corrente particolare, ma si confrontava di volta in volta con i grandi maestri della pittura italiana ed europea, dai ritrattisti fiamminghi del Seicento ai Macchiaioli di fine Ottocento, dall’arte Preraffaellita alla pittura simbolista e floreale di alcune opere realizzate con lo stuccatore Sebastiano Giuliano. Un eclettismo pittorico, quello dello Spadaro, non esente da una certa originalità soprattutto nell’innovazione della gamma coloristica. 

Andrea Guastella, critico d’arte, ha rilevato come un giudizio più chiaro della pittura del sacerdote modicano potrà aversi solo quando sarà stata completata la ricognizione delle opere di carattere sacro e soprattutto dei quadri da cavalletto, “invisibili” poiché custoditi da collezionisti privati. Proprio queste opere, dove le consegne della committenza erano meno vincolanti, potrebbero riservare, infatti, parecchie sorprese ai critici d’arte.

A tirare le conclusioni è stato Giuseppe Barone, storico e presidente della Fondazione Grimaldi. Nel suo intervento, lo studioso ha sottolineato come lo Spadaro, negli anni tra le due guerre, sia stato il maestro riconosciuto di una schiera di discepoli, tra cui si segnalano i fratelli Beppe, Enzo e Valente Assenza, ma anche Tanino Napolino, Giuseppe Malandrino e Giuseppina Frasca Spada. «Il suo atelier – ha concluso Barone – negli anni bui del fascismo divenne una scuola, una koinè e un cenacolo di artisti e intellettuali che tennero alta l’identità e le tradizioni culturali di questa città”.

 

 

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