L’auto su cui viaggiavano i quattro amici, andò a schiantarsi contro un muro per poi colludere con la parte anteriore destra di un autoarticolato che procedeva in direzione opposta. Per tanto tempo è stata questa la versione ufficiale e il caso sembrava essere destinato all’archiviazione. In quell’incidente morirono Fabio Dipietro, 19 anni, Giuseppe Di Gaetano, 21 anni (alla guida dell’auto), Leandro Renna, 21 anni e Gabriele Corallo, 20 anni, tutti di Giarratana.
Nessuno dei familiari delle quattro vittime ha mai accettato la prima ricostruzione dei fatti, meno che mail il padre di Giuseppe Di Gaetano, stimato dipendente comunale a Giarratana che ha fatto di tutto per comprendere come fossero davvero andate le cose. Dopo la prima perizia che scagionava il conducente dell’autoarticolato, Di Gaetano ha continuato la sua battaglia e ha nominato un perito di parte. Così, dopo cinque anni, viene fuori tutta un’altra realtà che ha portato il Gup del tribunale di Siracusa, Alessandra Gigli, a rinviare a giudizio Michele Billè, originario di Messina, conducente del mezzo, per omicidio colposo perché, come si legge nella motivazione, “percorrendo la statale 194, proveniente da Catania, in direzione di Ragusa, alla guida dell’autoarticolato Scania R560, con colpa consistiti nel non rispettare il limite di velocità di 70km/h all’altezza del km 33 travolgeva l’autovettura Mini Cooper condotta da Di Gaetano Giuseppe che, per una brusca sterzata dovute a cause non conosciute, invadeva l’opposta corsia di marcia, così concorrendo a causare il sinistro dal quale derivava la morte del Di Gaetano e di altri tre trasportati”.
Il processo si aprirà il prossimo 19 maggio al tribunale di Siracusa.
Il perito del tribunale era arrivato alla conclusione che la velocità dell’auto, pari a circa 90 km/h era eccessiva in rapporto alle condizioni stradali, oltre ad altra cause che hanno contribuito alla perdita di controllo del mezzo condotto. Da ciò l’intensità dell’urto contro il muro che ha determinato un’azione sfuggente della vettura che si era incastrata tra le lamiera del mezzo pesante. Sulla condotta di guida del conducente del camion, aggiunge il perito del tribunale, nulla è possibile rilevare in quanto lo stesso aveva già intrapreso un rallentamento del proprio veicolo negli istanti precedenti lo scontro quindi per il Ctu Billè non aveva alcuna responsabilità.
Nella perizia di parte, invece Giovanni Dell’Agli ribalta le considerazioni e le conclusioni del collega e scrive: “ad innescare il moto aberrante dell’autovettura all’uscita della curva che precede il luogo del sinistro, non è stata affatto la velocità, ma, piuttosto, una brusca ed improvvisa azione sullo sterzo, seguita in rapida successione da altra sui freni, dal suo conducente. La manovra del Di Gaetano e il moto irregolare che ne è scaturito sono quelli tipici che si osservano nei casi in cui i conducenti reagiscono, d’istinto e bruscamente, alla vista di un ostacolo imprevisto, forse un cane (una carcassa di una povera bestiola era stata fotografata anche qualche mese dopo l’incidente sul luogo dell’impatto) e poi aggiunge: “Per quanto riguarda l’autocarro di Billè, questo è giunto sul punto dell’urto alla velocità di circa 64 km/h nonostante il suo conducente avesse percepito la situazione di pericolo almeno 7,1 sec prima e avesse manovrato per rallentare la marcia da 6,1 secondi. La velocità di marcia con cui l’autocarro percorreva il rettifilo prima del sinistro doveva pertanto essere elevatissima (intorno ai 130 km/h) e quindi molto più elevata di quella di soli (ma si fa per dire!) 84 km/h registrati dal suo tachigrafo della cui integrità o efficienza il sottoscritto ritiene di dover seriamente dubitare.
In ogni caso, sia che fosse di 130 o di 84 km/h, la velocità dell’autoarticolato negli istanti immediatamente precedenti quello dello scontro fu notevolmente (o di gran lunga) superiore a quelle di 70 km/h che è il limite massimo fissato dall’art. 142 del C.d.S. per questo tipo di veicoli. Comunque alla velocità di 84 km/h, è stato dimostrato nella relazione di CTP, l’autoarticolato avrebbe dovuto fermato nello spazio di 67 mt (e quindi prima di giungere nel punto nel quale la Mini si era fermata) ma questo, come si sa, non si è verificato.
Di contro un’autovettura che viaggia a 90 km/h (ossia alla velocità che ha stimato per la Mini del Di Gaetano ) e che prosegue irregolarmente nella marcia a ruote bloccate, si ferma “spontaneamente” dopo un certo percorso per l’attrito delle sue ruote con il terreno.
Se dunque il Billè – conclude il perito di parte nella sua relazione – come sarebbe stato suo obbligo, avesse viaggiato al massimo di 70 kmh alla vista dell’autovettura che gli contendeva il passaggio e che si era arrestata nella sua stessa corsia di marcia, con una frenatura normalmente energica avrebbe potuto arrestare facilmente il suo autocarro nello spazio 51 metri, ossia di gran lunga inferiore a quello di oltre 100 mt che, invece, nell’istante di percezione del pericolo lo divideva dal punto dello scontro. Non ci sarebbe stato insomma alcuno scontro e il precedente incidente capitato all’autovettura si sarebbe risolto senza conseguenze. Invece l’autovettura è stato travolta e poi schiacciata dalla motrice del pesante mezzo, quando il suo moto irregolare di rototraslazione si era esaurito”.
Queste considerazioni, oltre alle altre emerse dalle indagini effettuate, hanno così indotto il GUP di Siracusa di rinviare a giudizio il Billè con l’imputazione di omicidio colposo.
Così commenta la scelta del Gip di Siracusa, Salvatore Di Gaetano. “Se oggi siamo arrivati a questo punto lo devo a due grandi professionisti: il mio avvocato Vincenzo Giannone di Mazzarrone ed il mio consulente tecnico, ingegnere Giovanni Dell’Agli. Poi lo devo alla mia famiglia che nel silenzio mi è stata vicina per questi cinque anni. infine, un grazie speciale a mio fratello Sebastiano che ha vissuto con me ogni istante di questa maledetta storia”.