Tratta di persone e riduzione in schiavitù. Sono questi i gravi reati di cui dovrà rispondere Nike Adam, 36enne liberiana arrestata dagli agenti della squadra mobile di Caltanissetta in esecuzione di un ordine di cattura internazionale emesso ad agosto del 2012 dal tribunale di Roma. La donna era ricercata in tutti gli stati europei aderenti al trattato di cooperazione anticrimine internazionale.
La liberiana, mentre si trovava a Frosinone e in altre località d’Italia come Parma, Castelvolturno e Napoli, tra luglio del 2011 e maggio del 2012, in concorso con altre sette persone, tra cui un libico rimasto non meglio identificato, aveva organizzato e gestito dalla Nigeria, attraverso la Libia, una tratta di giovani donne, riducendole o mantenendole in uno stato di soggezione continuativa e avviandole, sotto minacce e violenza e previa esecuzione di riti woodoo, in Italia, dove venivano costrette a diventare prostitute cedendo all’organizzazione i guadagni.
Le ragazze venivano reclutate in Nigeria e arrivavano in Italia attraverso la Libia. Una volta giunte sulla nostra penisola venivano consegnate alla donna e smistate sul territorio nazionale.
Nike Adam aveva trovato rifugio in una casa famiglia locale dove viveva insieme al figlio di otto anni. La donna, sicura di essere sfuggita al mandato di cattura che pendeva sula sua testa ormai da un anno, ha pure chiesto alle autorità competenti di ottenere un rintracciata, avanzava pure richiesta alle autorità competenti al fine di permesso di soggiorno per fini umanitari e, in attesa del rilascio dello stesso, aveva un attestato provvisorio che le permetteva di circolare indisturbata in tutta Italia.
Grazie agli accertamenti foto segnaletici e dattiloscopici al momento dell’avvio della pratica, è emerso che la donna era ricercata dalla scorsa estate ed è stata così bloccata e arrestata dalla polizia. L’arrestata, difesa d’ufficio dall’avvocato Maria Stella Calabrese del foro di Caltanissetta, è stata rinchiusa nel carcere di Agrigento dove resterà a disposizione dell’Autorità giudiziaria.
Il figlio della donna, che viveva con la madre nella casa famiglia, è stato affidato al direttore della stessa, in attesa delle opportune valutazioni finalizzate alla sua tutela.
Maria Chiara Ferraù